Covid, il Piemonte preoccupa e la data “contagi zero” slitta al 9 maggio

In Piemonte cresce la preoccupazione per il Coronavirus, visti i dati in crescita: negli ultimi cinque giorni +27,4% di contagi (in Lombardia +12,4%, in Emilia Romagna +14,4%, in Veneto +18,6%), di decessi (+32,1%, mentre in Lombardia +17%, in Italia +20,4%), e di ricoverati in ospedale (+4,4% contro dati negativi in Italia e altre regioni, in Veneto -10,2%). Insomma la nostra regione è un “caso” di cui ha trattato ieri sera anche Porta a Porta.

Sul tema è intervenuto ieri in videoconferenza stampa l’assessore alla sanità Icardi (qui se parla diffusamente), ma a fronte delle sue affermazioni tendenti a smontare questa impressione, parlano i numeri.

 

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Iniziamo con uno ipotetico ma indicativo: la previsione della data del fatidico giorno di “zero nuovi contagi” calcolata ieri è tarata su sabato 9 maggio per la nostra regione, a cui seguirebbe  la Lombardia il 10 maggio, mentre la data indicata  per l’intero Paese è tra l’11 e il 12 maggio.

Le date si rilevano dallo studio elaborato quotidianamente dal prof. Franco Peracchi per l’Eief (Istituto Einaudi), che sulla base dei dati dell’8 aprile sposta in avanti di 24 giorni il verdetto piemontese dopo la prima elaborazione della scorsa settimana (leggi qui), indicata nel 15 aprile. In questa settimana, con l’affinarsi dei numeri della Protezione Civile, un po’ tutte le date di fine nuovi contagi sono state spostati in avanti, ma la nostra regione ha il record di questo spostamento, oltre tre settimane, segno che il decorso del contagio sta andando più male che nel resto d’Italia.

Fin qui le previsioni che, come è ben dichiarato nello studio, sono soltanto una indicazione per consentire alle autorità di iniziare a prospettare le misure per il riavvio delle attività.

E su questo la prima doccia fredda è arrivata proprio dal presidente regionale Cirio che, lunedì 7, ha dichiarato a un quotidiano: «Con i nostri numeri la fase 2 è lontana».

I NUMERI PIEMONTESI A CONFRONTO

Vediamo i numeri, anche confrontandoli con quelli del Veneto e dell’Emilia Romagna, anch’esse fra le regioni più colpite e con una popolazione paragonabile a quella piemontese (12,6% in più il Veneto, +2,4% l’Emilia) anche dal punto di vista degli anziani ultra75enni (+1,7% il Veneto, +0,7% l’Emilia). Per alcuni parametri aggiungiamo anche la Lombardia, regione più colpita.

Anzitutto i tamponi effettuati: al 31 marzo il Piemonte era la Regione con il minor numero di tamponi fatti rispetto alla popolazione, fra tutte le Regioni del Nord e Centro Italia (Lazio escluso): 63,6 ogni 10mila abitanti, contro gli 82 dell’Emilia e i 216,4 del Veneto (Lombardia 113,6 e media italiana 120,6). Una differenza clamorosa, in particolare con il Veneto, che ha visto nell’ultima settimana importanti miglioramenti e invece il Piemonte fare il percorso inverso. Sarà un caso, saranno condizioni ambientali differenti o sarà che la scelta veneta di ampliare i controlli sta mostrando i suoi frutti?

L’assessore Icardi ha ieri spiegato che «i tamponi li facciamo ai sintomatici seguendo la circolare del Ministero della Salute, come l’Emilia Romagna. Non c’è una correlazione, come si vuol fare erroneamente vedere, fra il numero dei morti o dei contagi e quello dei tamponi». E riconosce che «ai fini epidemici potevano essere molto più utili nella prima fase dell’epidemia». Cioè proprio quando ha iniziato a farli Zaia (per altro anch’egli leghista) e anche le altre regioni del Nord tutte con tamponi pro capite doppi o tripli del Piemonte.

Se accrescere il numero dei tamponi sia decisivo, come sostenuto da molti esperti, non sappiamo. Fatto sta che il Piemonte nell’ultima settimana ha superato il Veneto per numero di casi, pur avendo fatto meno di un terzo dei test veneti.

Guardiamo i dati dell’8 aprile diffusi dalla Protezione Civile: 13.883 casi totali, di cui 10.989 positivi, 1.516 guariti e 1.378 deceduti; in ospedale sono ricoverate 3.916 persone di cui in terapia intensiva 432 (9 in meno del giorno prima).

Ma nel confronto con il Veneto ci sono +642 morti, +2077 ricoverati (+138 in più in terapia intensiva) e +818 “positivi”. E ci sono più morti giornalieri anche dell’Emilia Romagna (e della media pro capite nazionale) ed egualmente anche i nuovi casi di contagio che, pro capite, dal 2 aprile sono superiori anche alla Lombardia (ieri 12,4 contro 10,8 su centomila abitanti). Inoltre è inferiore a Veneto ed Emilia il numero dei nuovi guariti, e rapportato alla popolazione è inferiore anche al dato lombardo. Unici dati positivi dagli ultimi giorni il lieve calo dei ricoveri in terapia intensiva e, nel confronto con il Veneto, il “sorpasso” del totale delle persone guarite (ieri +13), che tuttavia resta largamente inferiore all’Emilia (-1374).

ICARDI IN VIDEOCONFERENZA SCIVOLA SUI DATI DI MORTALITA’

A fronte di questi numeri l’assessore Icardi ha indetto una videoconferenza per spiegare che «non esiste un caso Piemonte» anche perché «siamo una coda dell’epidemia lombarda, con otto-dieci giorni di ritardo e la nostra curva inizierà a scendere fra qualche giorno».

Quanto ai dati ha voluto sottolineare in particolare che «per numero di decessi il Piemonte è sotto la media nazionale: siamo a 3,3 ogni 10mila abitanti, cifra inferiore a quella di Liguria, Emilia Romagna, Marche, Lombardia, Trentino e Umbria». Quanto ad articoli di stampa «i dati che ho visto non corrispondono al vero» e si è detto «amareggiato» per aver visto trarre «conclusioni da bar». Sul confronto con il Veneto «abbiamo caratteristiche diverse in quanto il Piemonte ha un aggregato urbano di grande dimensione come Torino e molti più anziani».

In verità a non corrispondere al vero sembrerebbero proprio i confronti del principale dato fornito dall’assessore: basta andare sul sito della Johns Hopkins University, il più noto e autorevole nel monitorare i casi nel mondo, e vedere i dati dei morti per 100.000 abitanti: Spagna 31,66, Italia 29,24, Belgio 19,61, i tre maggiori al mondo. Dunque media nazionale 2,9 casi ogni 10mila abitanti, cioè il Piemonte è sopra e non sotto, avendola superata il 4 aprile, ulteriore conferma di un andamento in negativo. Per altro, visto il numero di tamponi fatti e la situazione che sta emergendo dalle case di riposo, il dato sui decessi andrà probabilmente riconsiderato sulla base delle risultanze alle anagrafi, essendo ormai riconosciuto che i dati ufficiali sul Covid19 sono ampiamente sottostimati, come evidenziato anche da uno studio dell’Istat (vedi qui nostro articolo sul novarese).

Quanto alla popolazione anziana sempre i dati Istat al 1° gennaio 2019, i più recenti, dicono che in Veneto c’erano 576.646 ultra75enni, l’11,8% della popolazione, e in Piemonte 587.912 (13,5%): dati non così divergenti.

 

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Antonio Maio

Nato a Lecco il 26 febbraio 1957, vive a Novara dal 1966. Giornalista dal 1986 ha svolto la professione quasi esclusivamente ai settimanali della Diocesi di Novara fino a diventarne direttore.

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Covid, il Piemonte preoccupa e la data “contagi zero” slitta al 9 maggio

In Piemonte cresce la preoccupazione per il Coronavirus, visti i dati in crescita: negli ultimi cinque giorni +27,4% di contagi (in Lombardia +12,4%, in Emilia Romagna +14,4%, in Veneto +18,6%), di decessi (+32,1%, mentre in Lombardia +17%, in Italia +20,4%), e di ricoverati in ospedale (+4,4% contro dati negativi in Italia e altre regioni, in Veneto -10,2%). Insomma la nostra regione è un “caso” di cui ha trattato ieri sera anche Porta a Porta.

Sul tema è intervenuto ieri in videoconferenza stampa l’assessore alla sanità Icardi (qui se parla diffusamente), ma a fronte delle sue affermazioni tendenti a smontare questa impressione, parlano i numeri.

 

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Le date si rilevano dallo studio elaborato quotidianamente dal prof. Franco Peracchi per l’Eief (Istituto Einaudi), che sulla base dei dati dell’8 aprile sposta in avanti di 24 giorni il verdetto piemontese dopo la prima elaborazione della scorsa settimana (leggi qui), indicata nel 15 aprile. In questa settimana, con l’affinarsi dei numeri della Protezione Civile, un po’ tutte le date di fine nuovi contagi sono state spostati in avanti, ma la nostra regione ha il record di questo spostamento, oltre tre settimane, segno che il decorso del contagio sta andando più male che nel resto d’Italia.

Fin qui le previsioni che, come è ben dichiarato nello studio, sono soltanto una indicazione per consentire alle autorità di iniziare a prospettare le misure per il riavvio delle attività.

E su questo la prima doccia fredda è arrivata proprio dal presidente regionale Cirio che, lunedì 7, ha dichiarato a un quotidiano: «Con i nostri numeri la fase 2 è lontana».

I NUMERI PIEMONTESI A CONFRONTO

Vediamo i numeri, anche confrontandoli con quelli del Veneto e dell’Emilia Romagna, anch’esse fra le regioni più colpite e con una popolazione paragonabile a quella piemontese (12,6% in più il Veneto, +2,4% l’Emilia) anche dal punto di vista degli anziani ultra75enni (+1,7% il Veneto, +0,7% l’Emilia). Per alcuni parametri aggiungiamo anche la Lombardia, regione più colpita.

Anzitutto i tamponi effettuati: al 31 marzo il Piemonte era la Regione con il minor numero di tamponi fatti rispetto alla popolazione, fra tutte le Regioni del Nord e Centro Italia (Lazio escluso): 63,6 ogni 10mila abitanti, contro gli 82 dell’Emilia e i 216,4 del Veneto (Lombardia 113,6 e media italiana 120,6). Una differenza clamorosa, in particolare con il Veneto, che ha visto nell’ultima settimana importanti miglioramenti e invece il Piemonte fare il percorso inverso. Sarà un caso, saranno condizioni ambientali differenti o sarà che la scelta veneta di ampliare i controlli sta mostrando i suoi frutti?

L’assessore Icardi ha ieri spiegato che «i tamponi li facciamo ai sintomatici seguendo la circolare del Ministero della Salute, come l’Emilia Romagna. Non c’è una correlazione, come si vuol fare erroneamente vedere, fra il numero dei morti o dei contagi e quello dei tamponi». E riconosce che «ai fini epidemici potevano essere molto più utili nella prima fase dell’epidemia». Cioè proprio quando ha iniziato a farli Zaia (per altro anch’egli leghista) e anche le altre regioni del Nord tutte con tamponi pro capite doppi o tripli del Piemonte.

Se accrescere il numero dei tamponi sia decisivo, come sostenuto da molti esperti, non sappiamo. Fatto sta che il Piemonte nell’ultima settimana ha superato il Veneto per numero di casi, pur avendo fatto meno di un terzo dei test veneti.

Guardiamo i dati dell’8 aprile diffusi dalla Protezione Civile: 13.883 casi totali, di cui 10.989 positivi, 1.516 guariti e 1.378 deceduti; in ospedale sono ricoverate 3.916 persone di cui in terapia intensiva 432 (9 in meno del giorno prima).

Ma nel confronto con il Veneto ci sono +642 morti, +2077 ricoverati (+138 in più in terapia intensiva) e +818 “positivi”. E ci sono più morti giornalieri anche dell’Emilia Romagna (e della media pro capite nazionale) ed egualmente anche i nuovi casi di contagio che, pro capite, dal 2 aprile sono superiori anche alla Lombardia (ieri 12,4 contro 10,8 su centomila abitanti). Inoltre è inferiore a Veneto ed Emilia il numero dei nuovi guariti, e rapportato alla popolazione è inferiore anche al dato lombardo. Unici dati positivi dagli ultimi giorni il lieve calo dei ricoveri in terapia intensiva e, nel confronto con il Veneto, il “sorpasso” del totale delle persone guarite (ieri +13), che tuttavia resta largamente inferiore all’Emilia (-1374).

ICARDI IN VIDEOCONFERENZA SCIVOLA SUI DATI DI MORTALITA’

A fronte di questi numeri l’assessore Icardi ha indetto una videoconferenza per spiegare che «non esiste un caso Piemonte» anche perché «siamo una coda dell’epidemia lombarda, con otto-dieci giorni di ritardo e la nostra curva inizierà a scendere fra qualche giorno».

Quanto ai dati ha voluto sottolineare in particolare che «per numero di decessi il Piemonte è sotto la media nazionale: siamo a 3,3 ogni 10mila abitanti, cifra inferiore a quella di Liguria, Emilia Romagna, Marche, Lombardia, Trentino e Umbria». Quanto ad articoli di stampa «i dati che ho visto non corrispondono al vero» e si è detto «amareggiato» per aver visto trarre «conclusioni da bar». Sul confronto con il Veneto «abbiamo caratteristiche diverse in quanto il Piemonte ha un aggregato urbano di grande dimensione come Torino e molti più anziani».

In verità a non corrispondere al vero sembrerebbero proprio i confronti del principale dato fornito dall’assessore: basta andare sul sito della Johns Hopkins University, il più noto e autorevole nel monitorare i casi nel mondo, e vedere i dati dei morti per 100.000 abitanti: Spagna 31,66, Italia 29,24, Belgio 19,61, i tre maggiori al mondo. Dunque media nazionale 2,9 casi ogni 10mila abitanti, cioè il Piemonte è sopra e non sotto, avendola superata il 4 aprile, ulteriore conferma di un andamento in negativo. Per altro, visto il numero di tamponi fatti e la situazione che sta emergendo dalle case di riposo, il dato sui decessi andrà probabilmente riconsiderato sulla base delle risultanze alle anagrafi, essendo ormai riconosciuto che i dati ufficiali sul Covid19 sono ampiamente sottostimati, come evidenziato anche da uno studio dell’Istat (vedi qui nostro articolo sul novarese).

Quanto alla popolazione anziana sempre i dati Istat al 1° gennaio 2019, i più recenti, dicono che in Veneto c’erano 576.646 ultra75enni, l’11,8% della popolazione, e in Piemonte 587.912 (13,5%): dati non così divergenti.

 

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Antonio Maio

Nato a Lecco il 26 febbraio 1957, vive a Novara dal 1966. Giornalista dal 1986 ha svolto la professione quasi esclusivamente ai settimanali della Diocesi di Novara fino a diventarne direttore.