Covid in Piemonte: numeri record, ma cresce meno. Novara più “fredda”. E si resta “zona rossa” fino al 3 dicembre

Casi Covid sempre in crescita nel Novarese e in Piemonte, ma l’accelerazione sembra allentarsi al punto da far intravvedere il raggiungimento del “picco” di questa seconda ondata, pur se le strutture sanitarie della nostra regione sono le più stressate d’Italia. Il quadro della pandemia nel nostro territorio è ancora critico, anche se mostra qualche luce.

È di oggi la nuova ordinanza firmata dal Ministro della Salute Roberto Speranza che proroga confermando al 3 dicembre le misure che fanno restare il Piemonte (e la Lombardia) in zona rossa. Ma ciò non esclude una riclassificazione anticipata. Quella in corso è la settimana di verifica che potrebbe portare – anche con il prossimo monitoraggio del 27 novembre – al passaggio in zona “arancione” o addirittura “gialla”.

Questo pomeriggio, nella presentazione del nuovo monitoraggio Iss, è stato diffuso il famoso indice Rt delle regioni: in Piemonte è sceso a 1,09 mentre in altre quattro (Lazio, Liguria, Molise, Sardegna) è risultato inferiore a 1. Nella relativa conferenza stampa è stato anche spiegato che non è il solo indicatore per decidere il “colore” delle regioni: e il Piemonte è da tre o più settimane in classificazione complessiva di rischio “alta”, in particolare per la probabilità di escalation dell’occupazione dei posti letto ospedalieri.

Ieri il governatore Alberto Cirio, anticipando che l’indice Rt  «è molto vicino all’1», sembrava quasi voler anticipare una possibile “promozione”. «Si stanno vedendo gli effetti, molto buoni, delle misure prese ancora prima della creazione della zona rossa» aggiungeva, con una sana dose di ottimismo che non guasta, sapendo che un indice Rt inferiore a 1 significa una netta svolta positiva alla diffusione dei contagi.

Tuttavia occorre, a livello nazionale come regionale, grande prudenza. È quanto avverte dalla Fondazione Gimbe (che si occupa di diffondere conoscenze per migliorare la salute e monitora l’andamento della pandemia in modo indipendente) il presidente Nino Cartabellotta. «Per interpretare correttamente i termini “rallentamento”, “raffreddamento”, “frenata” che nell’ultima settimana hanno invaso anche la comunicazione istituzionale – spiega – è indispensabile sottolineare la netta differenza tra l’incremento percentuale dei nuovi casi ed il loro aumento in termini assoluti. Altrimenti, si finisce per “torturare i numeri sino a farli confessare”, enfatizzando timidi miglioramenti per limitare restrizioni e legittimare riaperture».

 

 

Restano infatti aperti, come detto, soprattutto a livello piemontese, i problemi sanitari, con gli ospedali al limite della capienza per non parlare dell’assistenza ai malati meno gravi che restano a casa e alle tempistiche per fare un tampone. Insomma gli indicatori sono 21 ed è su tutti questi che il Piemonte si gioca un eventuale via libera anticipato rispetto all’ordinanza odierna del ministro.

IN PIEMONTE ANCORA IL MAGGIOR NUMERO DI CONTAGI SU POPOLAZIONE

A definire la situazione restano i numeri, tutti alti anche se alcuni in rallentamento, per altro diffusi dalla stessa Regione.

Iniziamo dalla piccola luce. Il Piemonte ieri, giovedì 19 novembre, ha registrato 5.349 nuovi casi positivi (il dato in assoluto più alto fra le regioni), ma a fronte di 41.876 tamponi. Evidentemente numeri che non fotografano la realtà quotidiana (la capacità di processare i tamponi nella nostra regione è attorno ai 20mila al giorno), come sta avvenendo da alcuni giorni. È lo stesso Bollettino regionale ad avvertire che si «include il caricamento di una quota di dati relativa agli screening effettuati nei giorni scorsi all’interno delle Rsa». Quindi sono contagi reali – il totale piemontese è a 140.177 – ma che vengono registrati in ritardo.

Certo è che il Piemonte da otto giorni ha la maggiore incidenza di casi positivi in Italia (Valle d’Aosta a parte), ieri con 646 casi settimanali ogni 100mila abitanti (media nazionale 401). Tuttavia, come mostra il grafico, il rallentamento c’è e in altre regioni ha anche la curva che si avvia alla discesa.

A fronte dei molti casi la nota positiva viene anche dalla media del tasso di casi positivi sui tamponi fatti negli ultimi sette giorni. Ieri il 19% che, insieme a quello dei tamponi positivi su tamponi diagnostici (ieri 29,6%), sta iniziando a calare, avvicinandosi alla media nazionale.

Luci ed ombre anche sul fronte sanitario: rallenta l’incremento dei ricoveri (ieri addirittura, per la prima volta, inferiore al giorno prima: -61) e dei pazienti in terapia intensiva, ma si mantengono elevati e con un trend di crescita esponenziale i decessi: ieri 78, proseguendo da giorni con valori tra i maggiori in assoluto (ieri inferiore solo ai 165 della Lombardia).

STRUTTURE SANITARIE SEMPRE AI LIMITI

Le strutture sanitarie piemontesi continuano ad essere di gran lunga le più gravate per tasso di occupazione dei posti letto. Ieri negli ospedali e strutture private piemontesi c’erano 5.147 ricoverati non critici per Covid a fronte di 5.723 posti letto disponibili (fonte Agenas), con una occupazione dell’89,9% (più del doppio della soglia critica del 40%) contro una media nazionale del 49,9% e con la Liguria seconda regione al 69,8%. Sul fronte delle terapie intensive il Piemonte è da tempo fra le regioni ad aver superato la soglia critica del 30%: ieri 390 ricoverati su 727 posti tra disponibili e attivabili, pari al 53,7%, (media italiana 37%) e con un tasso superiore ci sono solo Lombardia (59,8%) e Umbria (56,8%).

Immagine tratta dal sito dell’Agenzia Nazionale Servizi Sanitari Regionali www.agenas.gov.it

Il dato critico della sanità piemontese è ben evidenziato nel grafico dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali che ci colloca dietro alla sola Provincia Autonoma di Bolzano, cioè il Sud Tirolo che vive una realtà probabilmente analoga a quella austriaca.

NOVARA TRA LE MENO CONTAGIATE DEL NORD OVEST

Della situazione novarese si conosce il numero dei nuovi contagi, piuttosto altalenanti negli ultimi giorni probabilmente per il mancato allineamento delle registrazioni. Ieri la nostra Provincia ha visto 502 nuovi casi, che hanno fatto superare la soglia dei diecimila casi da inizio pandemia: 10.434. Il trend di crescita sembra lievemente rallentare, tuttavia – come mostra anche il grafico pubblicato sopra – Novara si mantiene tra le province dell’area (comprese le confinanti lombarde) a minor incidenza settimanale: negli ultimi sette giorni 604 casi su 100mila abitanti (meglio hanno fatto solo Asti, 592, e Pavia, 498) mentre si segnale il trend fortemente in crescita del Verbano Cusio Ossola salito a 923.

A livello nazionale il Novarese segue comunque la tendenza di tutto il Nord Ovest e, per incidenza settimanale, è 17ª fra tutte le Province italiane.

Sul fronte sanitario si registra che ieri l’ospedale Maggiore ha toccato il record di ricoveri, 250, di cui 24 in terapia intensiva, i cui posti sono stati appena ampliati a un totale di 31. Ieri 4 i decessi registrati, per un totale di 505 in Provincia da inizio pandemia.

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Antonio Maio

Nato a Lecco il 26 febbraio 1957, vive a Novara dal 1966. Giornalista dal 1986 ha svolto la professione quasi esclusivamente ai settimanali della Diocesi di Novara fino a diventarne direttore.

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Covid in Piemonte: numeri record, ma cresce meno. Novara più “fredda”. E si resta “zona rossa” fino al 3 dicembre

Casi Covid sempre in crescita nel Novarese e in Piemonte, ma l’accelerazione sembra allentarsi al punto da far intravvedere il raggiungimento del “picco” di questa seconda ondata, pur se le strutture sanitarie della nostra regione sono le più stressate d’Italia. Il quadro della pandemia nel nostro territorio è ancora critico, anche se mostra qualche luce.

È di oggi la nuova ordinanza firmata dal Ministro della Salute Roberto Speranza che proroga confermando al 3 dicembre le misure che fanno restare il Piemonte (e la Lombardia) in zona rossa. Ma ciò non esclude una riclassificazione anticipata. Quella in corso è la settimana di verifica che potrebbe portare – anche con il prossimo monitoraggio del 27 novembre – al passaggio in zona “arancione” o addirittura “gialla”.

Questo pomeriggio, nella presentazione del nuovo monitoraggio Iss, è stato diffuso il famoso indice Rt delle regioni: in Piemonte è sceso a 1,09 mentre in altre quattro (Lazio, Liguria, Molise, Sardegna) è risultato inferiore a 1. Nella relativa conferenza stampa è stato anche spiegato che non è il solo indicatore per decidere il “colore” delle regioni: e il Piemonte è da tre o più settimane in classificazione complessiva di rischio “alta”, in particolare per la probabilità di escalation dell’occupazione dei posti letto ospedalieri.

Ieri il governatore Alberto Cirio, anticipando che l’indice Rt  «è molto vicino all’1», sembrava quasi voler anticipare una possibile “promozione”. «Si stanno vedendo gli effetti, molto buoni, delle misure prese ancora prima della creazione della zona rossa» aggiungeva, con una sana dose di ottimismo che non guasta, sapendo che un indice Rt inferiore a 1 significa una netta svolta positiva alla diffusione dei contagi.

Tuttavia occorre, a livello nazionale come regionale, grande prudenza. È quanto avverte dalla Fondazione Gimbe (che si occupa di diffondere conoscenze per migliorare la salute e monitora l’andamento della pandemia in modo indipendente) il presidente Nino Cartabellotta. «Per interpretare correttamente i termini “rallentamento”, “raffreddamento”, “frenata” che nell’ultima settimana hanno invaso anche la comunicazione istituzionale – spiega – è indispensabile sottolineare la netta differenza tra l’incremento percentuale dei nuovi casi ed il loro aumento in termini assoluti. Altrimenti, si finisce per “torturare i numeri sino a farli confessare”, enfatizzando timidi miglioramenti per limitare restrizioni e legittimare riaperture».

 

 

Restano infatti aperti, come detto, soprattutto a livello piemontese, i problemi sanitari, con gli ospedali al limite della capienza per non parlare dell’assistenza ai malati meno gravi che restano a casa e alle tempistiche per fare un tampone. Insomma gli indicatori sono 21 ed è su tutti questi che il Piemonte si gioca un eventuale via libera anticipato rispetto all’ordinanza odierna del ministro.

IN PIEMONTE ANCORA IL MAGGIOR NUMERO DI CONTAGI SU POPOLAZIONE

A definire la situazione restano i numeri, tutti alti anche se alcuni in rallentamento, per altro diffusi dalla stessa Regione.

Iniziamo dalla piccola luce. Il Piemonte ieri, giovedì 19 novembre, ha registrato 5.349 nuovi casi positivi (il dato in assoluto più alto fra le regioni), ma a fronte di 41.876 tamponi. Evidentemente numeri che non fotografano la realtà quotidiana (la capacità di processare i tamponi nella nostra regione è attorno ai 20mila al giorno), come sta avvenendo da alcuni giorni. È lo stesso Bollettino regionale ad avvertire che si «include il caricamento di una quota di dati relativa agli screening effettuati nei giorni scorsi all’interno delle Rsa». Quindi sono contagi reali – il totale piemontese è a 140.177 – ma che vengono registrati in ritardo.

Certo è che il Piemonte da otto giorni ha la maggiore incidenza di casi positivi in Italia (Valle d’Aosta a parte), ieri con 646 casi settimanali ogni 100mila abitanti (media nazionale 401). Tuttavia, come mostra il grafico, il rallentamento c’è e in altre regioni ha anche la curva che si avvia alla discesa.

A fronte dei molti casi la nota positiva viene anche dalla media del tasso di casi positivi sui tamponi fatti negli ultimi sette giorni. Ieri il 19% che, insieme a quello dei tamponi positivi su tamponi diagnostici (ieri 29,6%), sta iniziando a calare, avvicinandosi alla media nazionale.

Luci ed ombre anche sul fronte sanitario: rallenta l’incremento dei ricoveri (ieri addirittura, per la prima volta, inferiore al giorno prima: -61) e dei pazienti in terapia intensiva, ma si mantengono elevati e con un trend di crescita esponenziale i decessi: ieri 78, proseguendo da giorni con valori tra i maggiori in assoluto (ieri inferiore solo ai 165 della Lombardia).

STRUTTURE SANITARIE SEMPRE AI LIMITI

Le strutture sanitarie piemontesi continuano ad essere di gran lunga le più gravate per tasso di occupazione dei posti letto. Ieri negli ospedali e strutture private piemontesi c’erano 5.147 ricoverati non critici per Covid a fronte di 5.723 posti letto disponibili (fonte Agenas), con una occupazione dell’89,9% (più del doppio della soglia critica del 40%) contro una media nazionale del 49,9% e con la Liguria seconda regione al 69,8%. Sul fronte delle terapie intensive il Piemonte è da tempo fra le regioni ad aver superato la soglia critica del 30%: ieri 390 ricoverati su 727 posti tra disponibili e attivabili, pari al 53,7%, (media italiana 37%) e con un tasso superiore ci sono solo Lombardia (59,8%) e Umbria (56,8%).

Immagine tratta dal sito dell’Agenzia Nazionale Servizi Sanitari Regionali www.agenas.gov.it

Il dato critico della sanità piemontese è ben evidenziato nel grafico dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali che ci colloca dietro alla sola Provincia Autonoma di Bolzano, cioè il Sud Tirolo che vive una realtà probabilmente analoga a quella austriaca.

NOVARA TRA LE MENO CONTAGIATE DEL NORD OVEST

Della situazione novarese si conosce il numero dei nuovi contagi, piuttosto altalenanti negli ultimi giorni probabilmente per il mancato allineamento delle registrazioni. Ieri la nostra Provincia ha visto 502 nuovi casi, che hanno fatto superare la soglia dei diecimila casi da inizio pandemia: 10.434. Il trend di crescita sembra lievemente rallentare, tuttavia – come mostra anche il grafico pubblicato sopra – Novara si mantiene tra le province dell’area (comprese le confinanti lombarde) a minor incidenza settimanale: negli ultimi sette giorni 604 casi su 100mila abitanti (meglio hanno fatto solo Asti, 592, e Pavia, 498) mentre si segnale il trend fortemente in crescita del Verbano Cusio Ossola salito a 923.

A livello nazionale il Novarese segue comunque la tendenza di tutto il Nord Ovest e, per incidenza settimanale, è 17ª fra tutte le Province italiane.

Sul fronte sanitario si registra che ieri l’ospedale Maggiore ha toccato il record di ricoveri, 250, di cui 24 in terapia intensiva, i cui posti sono stati appena ampliati a un totale di 31. Ieri 4 i decessi registrati, per un totale di 505 in Provincia da inizio pandemia.

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Antonio Maio

Nato a Lecco il 26 febbraio 1957, vive a Novara dal 1966. Giornalista dal 1986 ha svolto la professione quasi esclusivamente ai settimanali della Diocesi di Novara fino a diventarne direttore.