Un anno fa i novaresi si erano stretti attorno alla comunità ucraina residente all’ombra della Cupola con una manifestazione in piazza Duomo in segno di sdegno nei confronti di quell’invasione russa che diede origine alla guerra. Un anno dopo, nello stesso luogo, novaresi e ucraini si sono nuovamente ritrovati per ricordare dodici mesi di un conflitto che non sembra ancora trovare una fine. Una manifestazione promossa dalla parrocchia della Natività di Maria Vergine di piazza del Carmine, a cui fa riferimento la comunità ucraina di Novara, si è svolta nel pomeriggio di oggi, venerdì 24 febbraio. Un appuntamento iniziato con l’agghiacciante ululato delle sirene antiaeree. Un suono al quale da dodici mesi ormai gli ucraini delle grandi città e non solo hanno “familiarizzato”. Hanno gli occhi lucidi gli ucraini presenti, quasi tutte donne, ma anche tanti giovani e bambini quando è risuonato l’inno nazionale tra lo sventolio di centinaia di bandiere giallo-azzurre.
A fare da filo conduttore alcuni testi scritti e letti da Yurii Samuliak. Originario di Dnipro, terza città del Paese dopo la capitale Kiev e Kharkiv, in quella località dirigeva un centro culturale. Fuggito poco dopo l’inizio della guerra, ha raggiunto la madre a Novara. Nelle sue parole il racconto del conflitto e il sacrificio di tante vittime, i volti di alcuni («Questi li conoscevamo tutti, tanti di noi hanno avuto un parente o un amico fra i morti», dice piangendo una donna) sono riprodotti su un grande collage fotografico.
Di volta in volta introdotti dalla giornalista Cecilia Colli, hanno portato il saluto delle istituzioni la vicesindaca di Novara Marina Chiarelli («La città c’é stata è ci sarà. La giornata di oggi è per ricordare che siamo presenti vicino a voi; siamo contrari a una guerra assolutamente ingiusta») e il presidente della Provincia Federico Binatti («Mia moglie è di origine ucraina e quindi sono toccato personalmente da questa tragedia, come un po’ tutte le famiglie del vostro Paese», ha detto, sottolineando come sia fondamentale «la vostra presenza e quella delle nostre istituzioni, che hanno cercato di darvi una mano»); è poi la referente regionale della Comunità di Sant’Egidio Daniela Sironi («Conosciamo bene la situazione perché abbiamo tante comunità di Sant’Egidio in Ucraina. Non c’é nessuna madre che metta al mondo un figlio per uccidere o essere ucciso in guerra. Le donne sono le madri della pace»), il presidente del Cst Novara e Vco Daniele Giaime, che ha ricordato «l’enorme sforzo compiuto dal mondo del volontariato nell’accoglienza dei profughi. Da 365 giorni stiamo soffrendo con voi».
Al desiderio di pace invocato da Sironi si sono unite le parole e le preghiere di padre Yuriy Ivanuyuta, referente spirituale (e molto di più) della comunità ucraina novarese: «Ringrazio tutti per l’aiuto fornito. La pace è un dono che quando l’abbiamo non sappiamo apprezzarlo e si comincia a capire il suo significato quando viene a mancare. L’Italia è in pace dal 1945 e noi ucraini abbiamo trovato la pace qui da voi in un momento difficile della nostra storia». E infine Paolo Cortese, comandante della Polizia municipale, che ha gestito l’arrivo in città di migliaia di profughi nelle prime settimane cruciali dopo lo scoppio del conflitto: «Dico io grazie ai profughi perché in questo momento voi rappresentate un baluardo a difesa di quelli che sono i principi che diamo per scontati come la pace, la libertà e la democrazia».
Altri canti e poesie da parte dei bambini hanno fatto da cornice agli interventi, mentre Cecilia Colli ha chiuso l’incontro ricordando come l’Italia, attraverso l’articolo 11 della Costituzione, ripudi in ogni caso la guerra, «un verbo scelto non a caso, per dare un segno ancora più forte allo sdegno»; ma anche l’articolo 21, dove viene assicurata a tutti la libertà di esprimere il proprio pensiero: «La nostra Costituzione ci libera dall’avere paura, quella che il popolo ucraino è costretto a provare ogni giorno per rifiutare di sottomettersi alla violenza».