I giudici della prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Torino hanno confermato la sentenza di condanna a 30 anni per Antonio Lembo e per Angelo Mancino, rispettivamente esecutore materiale reo confesso del delitto di Matteo Mendola, e il complice che quella sera si trovava con Lembo e Mendola nei boschi di Pombia. Confermata dunque la sentenza emessa in primo grado dal gup di Novara nel novembre del 2018 (i due avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato).
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Nella scorsa udienza, il 19 febbraio, il sostituto procuratore generale Andrea Bascheri, aveva chiesto la conferma della condanna a 30 anni per Lembo, difeso dall’avvocato Gabriele Pipicelli, e uno sconto di pena, con condanna a 17 anni, per Mancino, difeso dall’avvocato Giuseppe Ruffier.
Questa mattina (mercoledì) la sentenza dopo un paio d’ore di camera di consiglio. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni, scontato il ricorso per Cassazione.
Matteo Mendola, 32 anni, gelese d’origine residente a Busto Arsizio fu ucciso con due proiettili, poi colpito una dozzina di volte con il calcio della pistola e infine con una batteria d’auto, la sera del 4 aprile del 2017, nei boschi in frazione San Giorgio di Pombia. Il suo corpo, abbandonato nei pressi di una fabbrica dismessa, fu trovato casualmente da un pensionato la mattina successiva.
Le indagini, condotte dai carabinieri di Novara, portarono pochi giorni dopo il delitto a Lembo, che fu bloccato a bordo di un treno diretto in centro Italia; confessò l’omicidio e chiamò in causa Angelo Mancino, arrestato qualche giorno dopo in provincia di Arezzo. Quest’ultimo ha sempre sostenuto di essersi recato quella sera nei boschi con Lembo ma di essere totalmente all’oscuro di quel che sarebbe successo.