Diffamazione contro i carabinieri: nuovo processo novarese per il trapper Traffik

Già condannato a 3 anni per maltrattamenti in famiglia, il trapper romano è nuovamente sotto processo a Novara

Già condannato a 3 anni per maltrattamenti in famiglia, ai danni dell’ex fidanzata influencer di Romentino, il trapper romano «Traffik», al secolo Gianmarco Fagà, 27 anni, molto conosciuto fra gli amanti del genere musicale, è nuovamente sotto processo a Novara. Questa volta l’accusa è di diffamazione a mezzo social e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale. Scarcerato da poche settimane per altri fatti, ha scelto di non comparire alla prima udienza.

Al centro del dibattimento fatti avvenuti il 14 ottobre 2020, nel periodo dell’incursione in Piemonte del musicista che voleva a tutti i costi parlare con la fidanzata, ricevendosi la porta in faccia dalla madre della giovane. Quel giorno, in base a quanto ricostruito, aveva dato filo da torcere alle forze dell’ordine: già all’ospedale Maggiore, dove era andato a cercare la influencer impegnata in una visita, si era reso necessario l’intervento dei carabinieri. All’arrivo dei militari erano volati gli insulti e il cantante della scena Trap, peraltro già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale per precedenti fatti accaduti a Roma (la rapina ai danni di due fans, commessa assieme a un altro collega, Gallagher), era stato accompagnato in caserma. Ne era uscito con una prima denuncia a piede libero per oltraggio. Non contento, appena fuori dal comando di Baluardo La Marmora, aveva fatto una «stories» sui social denigratoria nei confronti dell’Arma: «Novara City, che figa, ragazzi. A parte i carabinieri che fanno i “ciucciotti”».

Da qui il secondo fascicolo (stralciato rispetto alla vicenda dei maltrattamenti alla ex) che ha portato al nuovo rinvio a giudizio. Inizialmente era contestato il vilipendio alle forze armate, reato che necessita però l’autorizzazione del Ministero per poter procedere. Siccome l’autorizzazione non è mai arrivata, la procura ha contestato la diffamazione.

Secondo la difesa il reato non sussiste perché il video comparso su internet era molto generico, senza riferimento a persone, nomi e cognomi.

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