Si svolgerà domenica 26 maggio la celebrazione per la beatificazione di don Giuseppe Rossi, sacerdote martire, ucciso all’età di 32 anni in “odio alla fede” il 26 febbraio 1945 da una squadraccia di fascisti a Castiglione Ossola. A presiedere il rito sarà il cardinal Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, in rappresentanza del papa.
Proprio papa Francesco lo scorso 14 dicembre aveva autorizzato il Dicastero a promulgare il decreto per la beatificazione del Servo di Dio Giuseppe Rossi, sacerdote diocesano, che era nato il 3 novembre 1912 a Varallo Pombia e dove fu sepolto per volontà della mamma. Il 22 settembre 1991 i resti di don Rossi furono traslati nella chiesa di Castiglione Ossola, dove riposano e dove un grande mosaico ne ricorda il martirio.
La promulgazione del decreto ha concluso un lungo iter canonico iniziato nel 2001 dall’allora vescovo di Novara, poi cardinale Renato Corti, anche grazie all’incessante promozione di don Severino Cantonetti, immediato successore di don Rossi dal 1946 al 2015, che spese l’intero suo ministero sacerdotale perché fosse riconosciuto il martirio del Servo di Dio.
Don Rossi, ha voluto ricordare il vescovo Franco Giulio Brambilla, «da parroco fedele e generoso, volle rimanere tra la sua gente in una circostanza drammatica e pericolosa, nella quale la furia dei componenti la Brigata repubblichina “Corrao-Muti” sarebbe potuta esplodere, coinvolgendo tutto il paese. Si riversò, invece, sul solo parroco che, come “mite agnello”, affrontò silenzioso la morte».
«Sono particolarmente felice di poter condividere la gioia di tutta la nostra Chiesa novarese, che ora può venerare come martire don Giuseppe Rossi, umile prete, esemplare per la vita di preghiera e per il generoso servizio alla sua gente. Egli è stato l’“Icona di un parroco martire”, che si è speso sino alla fine, testimonianza di fedeltà e dedizione sacerdotale al bene della propria comunità, con la quale ha saputo condividere tutto. Un modello per tutto il popolo di Dio, e in particolare per noi sacerdoti e per i laici che svolgono un ministero a servizio della Chiesa» ha affermato ancora mons. Brambilla, per poi ringraziare anche la postulatrice Francesca Consolini per il lungo lavoro svolto durante questi anni.
LA VITA DI DON ROSSI
Dopo gli studi nel Seminario diocesano fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1937 a 25 anni. Nel 1938 il vescovo lo nominò parroco di Castiglione Ossola, in Valle Anzasca, ove spese tutto il suo ministero pastorale fino alla morte, in un tempo quasi solo segnato dal secondo conflitto mondiale. Come pastore organizzò l’Azione Cattolica, la San Vincenzo per i più poveri, aiutò con le poche risorse le missioni, si spese per i giovani mandati al fronte, scrivendo loro sovente.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, al periodo di sbandamento che seguì, don Rossi non parteggiò per nessuno, soffrendo con cuore di padre nel vedere i suoi figli combattersi in una lotta fratricida. Don Rossi venne ucciso barbaramente dai fascisti nella notte del 26 febbraio 1945, dopo che al mattino le milizie partigiane avevano attaccato la Brigata fascista “Muti”. Dopo otto giorni di silenzio tombale, uno dei militi fascisti, nel tormento del rimorso, si confidò con una ragazza del paese. Trovarono don Rossi nel vallone dei Colombetti sotto il paese, sepolto in una fossa che era stato costretto a scavare con le proprie mani; il cranio spaccato dal calcio di un fucile, una pugnalata alla schiena e il colpo di grazia in viso.