Fipe Confcommercio Novara in piazza a Roma per protestare. A rappresentare i ristoratori del territorio questa mattina, martedì 13 aprile, di fronte a Montecitorio, ci sarà Massimo Sartoretti, presidente Fipe Alto Piemonte: «La crisi del settore è conclamata, le perdite sono enormi: solo il 2020 ha visto sparire 22.000 imprese, 243.000 posti di lavoro, ha bruciato 34 miliardi di euro su 86 di giro d’affari 2019. Più di tre mesi del 2021 sono passati a porte sostanzialmente chiuse e non c’è alcuna certezza su quando la ristorazione potrà riaprire, nonostante ci siamo da subito adeguati alle norme di sicurezza anti contagio sin dallo scorso anno. Una situazione gravissima che impatta anche sulle filiere del cibo e del vino made in Italy e che vede tante imprese esasperate, come raccontano a loro modo gli scontri di piazza a Roma dei giorni scorsi».
Quella di oggi, promettono gli organizzatori, sarà un’assemblea ordinata, pacifica e allo stesso tempo determinata, come è nello stile della Federazione nazionale dei pubblici esercizi. Parteciperanno le sigle di tutte le componenti della galassia dei pubblici esercizi: titolari di bar e ristoranti, ovviamente, ma anche il mondo del catering e del banqueting, la ristorazione commerciale e collettiva, le discoteche, le imprese balneari e gli imprenditori del gioco legale e dell’intrattenimento.
Tutti insieme per chiedere al Governo un programma per la riapertura definitiva delle attività, alcune delle quali chiuse da 14 mesi, e una data certa per avviarle. Interverranno Lino Enrico Stoppani, presidente della Fipe, e Carlo Sangalli, presidente Confcommercio. Interverrà anche lo chef tristellato Massimo Bottura, che più volte ha definito i ristoranti d’Italia come moderne “botteghe rinascimentali”, dove oltre ad economia e impresa si fa cultura dei territori.
«Attraverso il loro lavoro i ristoratori valorizzano anche quello di vignaioli, casari, contadini, agricoltori, artigiani del gusto – conclude Sartoretti -. Un patrimonio inestimabile, un sistema complesso e delicato, che è un tratto distintivo dell’Italia, che dà lustro al nostro Paese nel mondo, e che è una delle più forti attrattive di turismo. Un sistema che, nonostante questo valore enorme -ha ricevuto poco o niente a livello di ristori (che, nel migliore dei casi, hanno coperto il 10% delle perdite reali), e che oltre dalle perdite economiche enormi, è spossato dall’incertezza, dovuta alla pandemia, ma anche a normative che sono cambiate spesso, e in modo repentino, e anche contraddittorio. Un sistema che ora, dopo oltre un anno, chiede risposte vere e orizzonti chiari. Perchè il rischio vero è che molti chiudano davvero per non riaprire più, impoverendo il Paese da un punto di vista economico, culturale e sociale».