Funivia del Mottarone, chiesto il rinvio a giudizio per otto persone

Tra le accuse contestate dai pm, figurano, a vario titolo, attentato alla sicurezza dei trasporti, disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro

La Procura di Verbania ha chiesto il rinvio a giudizio per otto persone, tra fisiche e giuridiche, nell’ambito dell’inchiesta sulla strage del Mottarone avvenuta il 23 maggio 20321 nella quale persero la vita 14 persone. Si tratta, oltre alle due società, di Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, allora rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto e, per Leitner, il gruppo incaricato della manutenzione, Anton Seeber, presidente del cda, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service.

Tra le accuse contestate dai pm, figurano, a vario titolo, attentato alla sicurezza dei trasporti, disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.

Come si legge negli atti di chiusura indagini, i soggetti per i quali è stato chiesto il processo «cagionavano un disastro, in quanto, a seguito della rottura della fune traente superiore della cabina n. 3 in prossimità del punto di innesto della fune al carrello (testa fusa), la cabina, ormai prossima all’arrivo nella stazione finale del Mottarone, non si arrestava sospesa alla fune portante, come, invece, sarebbe dovuto accadere se non fossero stati apposti i c.d. forchettoni, ma trascinata dal tiro della fune traente inferiore, retrocedeva verso valle in direzione Stresa, località Alpino, acquistando sempre maggior velocità e, dopo una corsa di oltre 400 metri, raggiunto il pilone n. 3 della tratta Alpino-Mottarone, si sganciava dalla fune portante, precipitando al suolo dall’altezza di circa 17 metri, schiantandosi a terra e proseguendo la sua corsa a causa della elevata pendenza del terreno, per, poi, collidere contro un albero di alto fusto».

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Funivia del Mottarone, chiesto il rinvio a giudizio per otto persone

Tra le accuse contestate dai pm, figurano, a vario titolo, attentato alla sicurezza dei trasporti, disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro

La Procura di Verbania ha chiesto il rinvio a giudizio per otto persone, tra fisiche e giuridiche, nell’ambito dell’inchiesta sulla strage del Mottarone avvenuta il 23 maggio 20321 nella quale persero la vita 14 persone. Si tratta, oltre alle due società, di Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, allora rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto e, per Leitner, il gruppo incaricato della manutenzione, Anton Seeber, presidente del cda, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service.

Tra le accuse contestate dai pm, figurano, a vario titolo, attentato alla sicurezza dei trasporti, disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.

Come si legge negli atti di chiusura indagini, i soggetti per i quali è stato chiesto il processo «cagionavano un disastro, in quanto, a seguito della rottura della fune traente superiore della cabina n. 3 in prossimità del punto di innesto della fune al carrello (testa fusa), la cabina, ormai prossima all’arrivo nella stazione finale del Mottarone, non si arrestava sospesa alla fune portante, come, invece, sarebbe dovuto accadere se non fossero stati apposti i c.d. forchettoni, ma trascinata dal tiro della fune traente inferiore, retrocedeva verso valle in direzione Stresa, località Alpino, acquistando sempre maggior velocità e, dopo una corsa di oltre 400 metri, raggiunto il pilone n. 3 della tratta Alpino-Mottarone, si sganciava dalla fune portante, precipitando al suolo dall’altezza di circa 17 metri, schiantandosi a terra e proseguendo la sua corsa a causa della elevata pendenza del terreno, per, poi, collidere contro un albero di alto fusto».

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