La presenza di tanti ragazzi questa mattina, 27 gennaio, in occasione della cerimonia della Giornata della Memoria, è stata vista come «elemento rassicurante», perché l’obiettivo di oggi è appunto quello di trasmettere alle nuove generazioni la conoscenza di quanto accaduto nel corso dell’ultimo conflitto mondiale.
Il primo momento commemorativo si è avuto simbolicamente nel settore ebraico del Cimitero urbano dove ha preso la parola la docente dell’Università del Piemonte Orientale Bianca Gardella Tedeschi. Prendendo spunto da un’affermazione di Primo Levi (“E’ successo e potrà succedere di nuovo”), la relatrice, professandosi comunque «un’inguaribile ottimista», ha ricordato come proprio stamattina Edith Bruck avesse affermato nel corso di una trasmissione radiofonica «che nella tragedia abbia avuto cinque momenti in cui qualcuno l’avesse aiutata. Cinque momenti di bontà che mi portano a sperare nel futuro». I testimoni diretti di questa tragedia sono rimati pochi ed è per questo che «momenti come questo sono importanti per conservare la memoria. Un concetto molto complicato nella sua semplicità, perché da un lato ci impone di ricordare e sembrerebbe una cosa facile. Ma la memoria può essere selettiva».
Prima a rivolgersi ai ragazzi presenti è stata invece la presidente dell’Anpi di Novara Michela Cella: «E’ importante la vostra presenza perché queste commemorazioni devono proseguire a diffondere la conoscenza di quanto è accaduto affinché certi orrori non si ripetano mai più. Questo è un luogo di memoria, un simbolo come ce ne sono tanti nella nostri città. Simbolo è una parola di origine greca che significa mettere insieme, collegare. Un luogo simbolo dove una parte rappresenta il passato e l’altra siamo noi, il presente, elemento di unione, affinché possano essere cambiate tante cose che ancora oggi non vanno per costruire un futuro migliore».
Al Monumento agli Internati anche il predetto Francesco Garsia ha parlato, riguardo la partecipazione dei ragazzi, di una «presenza che rassicura e rasserena perché l’obiettivo è proprio quello di trasmettere la memoria di quei fatti. Un compito che spetta a noi. L’accostamento a questa memoria tragica ci può veramente aiutare ad approfondire davvero le motivazioni che condussero a quel orrore, non nato per caso, ma che fu un processo durato alcuni anni. Il rischio che si corre è quello che il passare del tempo, con la scomparsa dei testimoni, prevalga l’indifferenza, l’oblio. Ancora oggi esistono atti discriminatori nei confronti di alcune categorie di persone. Di fronte a tutto questo non possiamo rimanere indifferenti, ma reagire e vigilare per impedire una loro possibile diffusione. Perché il patrimonio di libertà che abbiamo riconquistato non è scontato».
Ancora più direttamente ai ragazzi presenti si è rivolto il sindaco Alessandro Canelli, ricordando le tappe che portarono – il 27 gennaio 1945 – alla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz e alla scoperta dei crimini nazisti: «Ecco perché è importante ricordare quell’orrore. Ancora oggi episodi di questo genere si ripetono, seppure in scala minore, in diverse parti del mondo. E’ necessario ricordare a tutti che quello è stato un vero e proprio abisso e impedire che non si ripeta».