Giorno del Ricordo fra accoglienza e recupero della memoria

La commemorazione della tragedia delle foibe e dell'esodo delle popolazioni della Venezia Giulia e Dalmazia arrivate a Novara e che in città seppero con il tempo integrarsi al centro dell'omelia del vescovo alla funzione religiosa di questa mattina, sabato 10 febbraio

Pioggia in alcuni momenti anche battente e programma del Giorno del Ricordo forzatamente mutato questa mattina, sabato 10 febbraio, la commemorazione della tragedia delle foibe e l’esodo che colpì le popolazioni italiane autoctone della Venezia Giulia e della Dalmazia, costrette ad abbandonare le loro terre all’indomani dell’ultimo conflitto mondiale, è stata celebrata questa mattina con la consueta funzione religiosa presso la parrocchia della Sacra Famiglia e poi con la deposizione di corone d’alloro da parte del Comune e della Provincia davanti alla targa nella piazzetta Vittime delle foibe.

Nella sua omelia il vescovo, monsignor Franco Giulia Brambilla, prendendo spunto dall’episodio del Vangelo riguardante il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, si è voluto soffermare sul «tema dell’accoglienza anche per predisporre le condizioni di una nuova vita. Perché se perdi la casa, non sai dove andare». A Novara, come tante altre città della Penisola, gli esuli istriani venero accolti – non senza un’iniziale diffidenza – inizialmente presso la Caserma Perrone, poi venne consentito loro di trasferirsi nel nascente nuovo quartiere del Villaggio Dalmazia.


Nel prossimo mese di ottobre ricorrerà il settantesimo anniversario della posa della prima pietra del “villaggio” (che venne completato nell’arco di due anni) e questa ricorrenza è stata più volte richiamata negli interventi istituzionali che, seppure tenutisi anche questi in chiesa, hanno rappresentato la parte civile della cerimonia.

Dopo la preghiera dell’esule hanno preso la parola l’assessore regionale Matteo Marnati ha invitato tutti a mantenere vivo il ricordo di quell’episodio storico, così come il consigliere delegato della Provincia Lido Beltrame lo ha ribadito citando le parole di una famosa canzone di Sergio Endrigo, cantautore lui stesso esule da Pola.

Il sindaco Alessandro Canelli ha ricordato invece che questo 2024 rappresenta il ventesimo anniversario dall’istituzione per legge del Giorno del Ricordo: «Per oltre mezzo secolo questa pagina della nostra storia è stata colpevolmente dimenticata. Ricordiamo anche l’inizio di quei lavori per la costruzione di questo quartiere che consentì a tanti di integrarsi meglio nella realtà cittadina, facendoli, ieri come oggi i loro discendenti, novaresi a tutti gli effetti, contribuendo alla crescita della nostra comunità».

Il prefetto Francesco Garsia ha proposto alcune riflessioni, la prima riguardante il fatto che mentre per il resto dell’Italia gli eventi bellici trovarono il loro epilogo all’indomani del 25 aprile 1945, nelle zone del confine orientale le sofferenze delle popolazioni si protrassero per altri due anni. Per il prefetto sarebbe facile cadere nella retorica proprio perché per troppi anni proprio per una serie di ragioni queste vicende sono state completamente rimosse dai libri di storia. Oggi si guarda a questa tragedia con altri occhi, con una comunità nazionale che riconosce e introietta valori dai quali trarre insegnamento». Infine due interventi da parte di dirigenti della sezione novarese dell’associazione Venezia Giulia e Dalmazia, il vicepresidente Antonio Leone e il presidente Flavio Lenaz.

Per il primo l’istituzione del Giorno del Ricordo ha avuto l’effetto in parte compensativo («un risarcimento morale») a fronte «di una censura che per mezzo secolo aveva relegato questi episodi dietro l’ombra», mentre per Lenaz «la posa della prima pietra del “Villaggio” è stata il simbolo di una rinascita».

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La commemorazione della tragedia delle foibe e dell’esodo delle popolazioni della Venezia Giulia e Dalmazia arrivate a Novara e che in città seppero con il tempo integrarsi al centro dell’omelia del vescovo alla funzione religiosa di questa mattina, sabato 10 febbraio

Pioggia in alcuni momenti anche battente e programma del Giorno del Ricordo forzatamente mutato questa mattina, sabato 10 febbraio, la commemorazione della tragedia delle foibe e l'esodo che colpì le popolazioni italiane autoctone della Venezia Giulia e della Dalmazia, costrette ad abbandonare le loro terre all'indomani dell'ultimo conflitto mondiale, è stata celebrata questa mattina con la consueta funzione religiosa presso la parrocchia della Sacra Famiglia e poi con la deposizione di corone d'alloro da parte del Comune e della Provincia davanti alla targa nella piazzetta Vittime delle foibe.

Nella sua omelia il vescovo, monsignor Franco Giulia Brambilla, prendendo spunto dall'episodio del Vangelo riguardante il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, si è voluto soffermare sul «tema dell'accoglienza anche per predisporre le condizioni di una nuova vita. Perché se perdi la casa, non sai dove andare». A Novara, come tante altre città della Penisola, gli esuli istriani venero accolti – non senza un'iniziale diffidenza – inizialmente presso la Caserma Perrone, poi venne consentito loro di trasferirsi nel nascente nuovo quartiere del Villaggio Dalmazia.


Nel prossimo mese di ottobre ricorrerà il settantesimo anniversario della posa della prima pietra del “villaggio” (che venne completato nell'arco di due anni) e questa ricorrenza è stata più volte richiamata negli interventi istituzionali che, seppure tenutisi anche questi in chiesa, hanno rappresentato la parte civile della cerimonia.

Dopo la preghiera dell'esule hanno preso la parola l'assessore regionale Matteo Marnati ha invitato tutti a mantenere vivo il ricordo di quell'episodio storico, così come il consigliere delegato della Provincia Lido Beltrame lo ha ribadito citando le parole di una famosa canzone di Sergio Endrigo, cantautore lui stesso esule da Pola.

Il sindaco Alessandro Canelli ha ricordato invece che questo 2024 rappresenta il ventesimo anniversario dall'istituzione per legge del Giorno del Ricordo: «Per oltre mezzo secolo questa pagina della nostra storia è stata colpevolmente dimenticata. Ricordiamo anche l'inizio di quei lavori per la costruzione di questo quartiere che consentì a tanti di integrarsi meglio nella realtà cittadina, facendoli, ieri come oggi i loro discendenti, novaresi a tutti gli effetti, contribuendo alla crescita della nostra comunità».

Il prefetto Francesco Garsia ha proposto alcune riflessioni, la prima riguardante il fatto che mentre per il resto dell'Italia gli eventi bellici trovarono il loro epilogo all'indomani del 25 aprile 1945, nelle zone del confine orientale le sofferenze delle popolazioni si protrassero per altri due anni. Per il prefetto sarebbe facile cadere nella retorica proprio perché per troppi anni proprio per una serie di ragioni queste vicende sono state completamente rimosse dai libri di storia. Oggi si guarda a questa tragedia con altri occhi, con una comunità nazionale che riconosce e introietta valori dai quali trarre insegnamento». Infine due interventi da parte di dirigenti della sezione novarese dell'associazione Venezia Giulia e Dalmazia, il vicepresidente Antonio Leone e il presidente Flavio Lenaz.

Per il primo l'istituzione del Giorno del Ricordo ha avuto l'effetto in parte compensativo («un risarcimento morale») a fronte «di una censura che per mezzo secolo aveva relegato questi episodi dietro l'ombra», mentre per Lenaz «la posa della prima pietra del “Villaggio” è stata il simbolo di una rinascita».

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