Gli studenti dell’Ipsia Bellini disertano: «Non ci sentiamo tutelati»

Gli studenti dell’Ipsia Bellini disertano: «Non ci sentiamo tutelati». Nel pomeriggio di lunedì 28 settembre il dirigente scolastico dell’Ipsia Bellini, Leonardo Brunetto, ha ricevuto la comunicazione dall’Asl che uno degli suoi studenti era risultato positivo al test sul Coronavirus. In serata ha preso la decisione di chiudere tutta la scuola dichiarando che «per i prossimi giorni gli studenti seguiranno lezioni a distanza e stiamo provvedendo perchè tutti abbiano le credenziali di accesso».

Il giorno seguente, ieri (martedì 29) il dietrofront: «Abbiamo ricevuto una comunicazione dell’Asl che ci ha tranquillizzati dando il via libera al ritorno a scuola per tutti gli alunni, anche quelli in classe con il ragazzo risultato positivo» ha dichiarato ieri il dirigente.

Questa mattina, però, mercoledì 30, la maggior parte degli alunni non si è presentata. «Non si può cambiare idea da un giorno all’altro – afferma uno dei rappresentanti di classe – non ci sentiamo tutelati: lunedì, quando ci hanno informati del ragazzo positivo, siamo comunque usciti da scuola alle 14, nell’orario previsto, e con noi anche gli studenti della classe interessata. Nessuno di loro è stato sottoposto a tampone e molti dei loro insegnanti sono anche i nostri. È probabile che restermo a casa anche domani, mentre per venerdì stiamo cercando di organizzare un’assemblea di istituto. Ci siamo confrontati anche con i docenti che ci hanno dato ragione».

 

 

Ma secondo il rappresentante i problemi sono anche altri: «Nelle aule non viene rispettato il metro di distanza, noi siamo in 22. Inoltre la didattica a distanza non è mai stata attivata: forse è per questo che la scuola vuole riportarci in aula a tutti i costi?».

Un altro rappresentante di classe racconta di aver «inviato un’email al dirigente, così come altri rappresentanti, ma nessuno di noi ha ricevuto risposta. Questa mattina una ragazza che ha deciso di andare a scuola, su sollecitazione degli insegnanti, è andata a parlare con il preside: si è sentita rispondere che queste non sono cose che ci riguardano. Ma come? Durante l’assemblea, vorremmo che anche lui fosse presente per poterci ascoltare, ma essendo venerdì è probabile che non sarà in sede».

«Nella serata di ieri il mio indirizzo di posta è stato intasato da centinaia di richieste di chiarimento da parte delle famiglie – replica Brunetto -. Tutto assolutamente comprensibile, però la decisione di riaprire non è stata mia, ma della Asl che ha competenza in materia. Esistono protocolli da rispettare e io mi devo attenere senza polemica. Certamente mi rendo conto di quanto la nostra scuola possa essere esposta a contagio: 650 studenti, un centinaio di insegnanti più il personale, i famigliari di ognuno, insomma un totale di 2000 persone. Non so se i docenti faranno sentire la loro voce anche attraverso i sindacati, ma credo che le famiglie dovrebbero fare le loro rimostranze alla Asl».


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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Il giorno seguente, ieri (martedì 29) il dietrofront: «Abbiamo ricevuto una comunicazione dell’Asl che ci ha tranquillizzati dando il via libera al ritorno a scuola per tutti gli alunni, anche quelli in classe con il ragazzo risultato positivo» ha dichiarato ieri il dirigente.

Questa mattina, però, mercoledì 30, la maggior parte degli alunni non si è presentata. «Non si può cambiare idea da un giorno all’altro – afferma uno dei rappresentanti di classe – non ci sentiamo tutelati: lunedì, quando ci hanno informati del ragazzo positivo, siamo comunque usciti da scuola alle 14, nell’orario previsto, e con noi anche gli studenti della classe interessata. Nessuno di loro è stato sottoposto a tampone e molti dei loro insegnanti sono anche i nostri. È probabile che restermo a casa anche domani, mentre per venerdì stiamo cercando di organizzare un’assemblea di istituto. Ci siamo confrontati anche con i docenti che ci hanno dato ragione».

 

 

Ma secondo il rappresentante i problemi sono anche altri: «Nelle aule non viene rispettato il metro di distanza, noi siamo in 22. Inoltre la didattica a distanza non è mai stata attivata: forse è per questo che la scuola vuole riportarci in aula a tutti i costi?».

Un altro rappresentante di classe racconta di aver «inviato un’email al dirigente, così come altri rappresentanti, ma nessuno di noi ha ricevuto risposta. Questa mattina una ragazza che ha deciso di andare a scuola, su sollecitazione degli insegnanti, è andata a parlare con il preside: si è sentita rispondere che queste non sono cose che ci riguardano. Ma come? Durante l’assemblea, vorremmo che anche lui fosse presente per poterci ascoltare, ma essendo venerdì è probabile che non sarà in sede».

«Nella serata di ieri il mio indirizzo di posta è stato intasato da centinaia di richieste di chiarimento da parte delle famiglie – replica Brunetto -. Tutto assolutamente comprensibile, però la decisione di riaprire non è stata mia, ma della Asl che ha competenza in materia. Esistono protocolli da rispettare e io mi devo attenere senza polemica. Certamente mi rendo conto di quanto la nostra scuola possa essere esposta a contagio: 650 studenti, un centinaio di insegnanti più il personale, i famigliari di ognuno, insomma un totale di 2000 persone. Non so se i docenti faranno sentire la loro voce anche attraverso i sindacati, ma credo che le famiglie dovrebbero fare le loro rimostranze alla Asl».


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