Nicola Gratteri, procuratore di Napoli, da decenni impegnato in prima linea contro la criminalità organizzata, inizialmente nella natia Calabria e dallo scorso mese di settembre nel capoluogo campano, ha conquistato la platea dell”Università del Piemonte Orientale. Nel corso dell’incontro con gli studenti organizzato dall’UPO e da Confindustria Novara, Vercelli e Valsesia tenutosi nell’Aula Magna dell’ateneo novarese, ha parlato a 360 gradi dell’attuale situazione, finendo poi per esortare l’attuale Governo a «non proseguire sulla strada delle riforme intraprese dai precedenti esecutivi», Una presa di posizione che ha finito per provocare la replica del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, seduto in prima fila tra il prefetto Francesco Garsia e l’assessore regionale Matteo Marnati.
Il deputato di Fratelli d’Italia di Gattinara, ha voluto ribadire che «oggi noi nel mondo non esportiamo più mafia ma antimafia, perché abbiamo la normativa migliore, Abbiamo un sistema di sorveglianza nei confronti dei mafiosi, delle misure di confisca preventiva dei beni della criminalità organizzata migliore. Il riciclaggio avviene a Londra, in Germania, nei Paesi Bassi e non in Italia, perché all’estero guardano prima al business e poi alla sicurezza. Dobbiamo salvaguardare le intercettazioni come ha fatto questo Governo rispetto a qualcuno che le aveva tolte, così come abbiamo ripristinato la procedibilità d’ufficio per tutti i reati cancellati dalla riforma Cartabia. Abbiamo lavorato contro chi ha pensato di ridurre il perimetro delle intercettazioni mafiose, ma noi abbiamo semplicemente impedito di disarticolare la vita di cittadini comuni per accertare un crimine, ma non vogliamo che quando un crimine non esiste le intercettazioni finiscano sui giornali».
La chiacchierata era Nicola Gratteri era iniziata con un accenno all’ultimo saggio – “Il Grifone – Come la tecnologia sta cambiando il volto della ‘ndrangheta” – che il magistrato ha scritto a quattro mani con Antonio Nicaso. Un libro, ha spiegato il professor Massimo Cavino dell’UPO, chiamato a dialogare con l’ospite, «che affronta tematiche un po’ complesse, ma con un linguaggio accessibile, dentro un mondo che percepiamo ma del quale abbiamo solo delle intuizioni».
Partendo da quello che si può leggere nelle prime pagine, Gratteri ha subito detto che «la criminalità organizzata ha saputo mettersi al passo con i tempi e con il mondo digitale». Per combatterla lo Stato dovrebbe «ragionare sempre in avanti, ma la miopia dei Governi che si sono succeduti è stata quella di non avere avuto una visione, di non aver investito nella formazione e nella programmazione di quello che doveva e dovrebbe essere il modo di contrastarla».
Per il magistrato negli ultimi anni la criminalità organizzata ha fatto un vero e proprio «salto di qualità, rivolgendosi al mondo delle professioni per effettuare un “riciclaggio sofisticato”. Per sconfiggere i mafiosi dobbiamo ragionare come loro. Io sono abituato a ragionare come i mafiosi, cercare di entrare nella loro testa. Noi abbiamo bisogno di un’Europa ma anche un’Italia più forte, perché negli ultimi decenni il nostro Paese è stato molto debole».
Per combattere la criminalità organizzata a livello informatico occorrono tecnologie, risorse e uomini appassionati della materia: dei veri “hacker buoni” li ha chiamati Gratteri. Ma purtroppo sono ancora pochi. Che fare? «Andare come faccio io nelle varie scuole delle Forze dell’ordine, Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, e “pescare” i più donati, motivandoli, spiegando loro l’importanza anche numerica di queste risorse umane. Per il futuro non sono pessimista sul piano investigativo perché i vertici delle Forze dell’ordine hanno la piena consapevolezza del fenomeno che è esploso. Hanno le idee chiare, hanno compreso l’urgenza di investire in questo mondo. Il problema è capire se ci sono i soldi, così come gli stipendi degli informatici del settore pubblico sono molto inferiori di quelli nel privato. Il pubblico deve entrare nella logica del privato, altimenti saremo sempre perdenti».
Infine, sollecitato nuovamente dal professor Cavino, un appello “motivazionale” rivolto agli studenti: «Non pensare solo ai soldi, perché nella vita servono per vivere decorosamente. A me piace osservare un bel orologio o una bella automobile, ma non mi piacerebbe possederla. I soldi sono una malattia, più si hanno più si vogliono e diventano una dipendenza. Si vive bene anche con poco. La cosa importante è studiare, per non essere fregati dagli adulti. E’ importante laurearsi, partecipare a un concorso e non pensare al fatto che ci possano essere dei raccomandati. Ci sono posti per i “figli di nessuno” e il mondo è pieno. A un concorso ci si prepara dalle scuole elementari. Chi è veramente bravo, chi è un’eccellenza, il concorso lo supera. Quindi studiate per avere una media alta. In caso contrario abbandonate l’Università, trovatevi un altro lavoro».
Una risposta
Buon articolo, grazie.