Il «caso Giordano» approda in Appello

A presentare ricorso è stato il pm Nicola Serianni che ha chiesto e ottenuto una «rinnovazione» dell’istruttoria

Il «caso Giordano» approda in Appello. A distanza di due anni e mezzo dalla sentenza pronunciata il 4 novembre 2019 su una serie di episodi di corruzione, concussione e abuso d’ufficio fra il 2009 e il 2012, venerdì davanti ai giudici torinesi sono comparsi l’ex sindaco leghista di Novara Massimo Giordano, anche nella sua veste di ex assessore regionale allo Sviluppo, e altri 16 imputati fra cui diversi imprenditori locali che secondo la procura di Novara lo avrebbero sostenuto in cambio di favori. Erano stati tutti assolti dal tribunale di Novara che aveva ritenuto l’impianto accusatorio privo di fondamento: «Il fatto non sussiste».

A presentare ricorso è stato il pm Nicola Serianni che ha chiesto e ottenuto una «rinnovazione» dell’istruttoria, come avviene sempre in caso di appello su una sentenza di proscioglimento: a settembre saranno quindi riascoltati alcuni dei testimoni già sfilati in aula al processo di primo grado, ma soltanto 5 rispetto ai 22 chiesti dalla procura. Molti dei reati erano già stati dichiarati prescritti in primo grado, e la prescrizione sta maturando anche per alcuni dei rimanenti. Proprio venerdì la Corte d’Appello ha dichiarato la prescrizione sul capo di imputazione relativo ai rapporti fra lo studio legale Giordano e il gruppo editoriale D-Media, che per l’accusa aveva affidato all’avvocato le cause dei propri giornalisti di cambio di un interessamento dell’allora assessore regionale in un bando europeo.

Secondo l’impianto accusatorio, l’ex sindaco avrebbe abusato del suo ruolo facendo atti contrari ai doveri d’ufficio, pressioni sui sottoposti, e insistendo per ottenere ciò che voleva. Ciò sarebbe avvenuto nella gestione dell’ex Bar Coccia ma anche nella creazione del quotidiano «Nord Ovest» nel 2012, da cui Giordano avrebbe dovuto avere appoggi di tipo mediatico. O ancora nei confronti di un dirigente della Regione Piemonte, su cui sarebbero state fatte pressioni perché riaprisse un bando già chiuso, cui doveva partecipare una fondazione di Novara. Punto di partenza dell’inchiesta, conclusa nel del 2013, i numerosi esposti presentati in anni precedenti contro l’ex bar Coccia per i disturbi notturni arrecati agli abitanti della zona.  

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A presentare ricorso è stato il pm Nicola Serianni che ha chiesto e ottenuto una «rinnovazione» dell’istruttoria

Il «caso Giordano» approda in Appello. A distanza di due anni e mezzo dalla sentenza pronunciata il 4 novembre 2019 su una serie di episodi di corruzione, concussione e abuso d’ufficio fra il 2009 e il 2012, venerdì davanti ai giudici torinesi sono comparsi l’ex sindaco leghista di Novara Massimo Giordano, anche nella sua veste di ex assessore regionale allo Sviluppo, e altri 16 imputati fra cui diversi imprenditori locali che secondo la procura di Novara lo avrebbero sostenuto in cambio di favori. Erano stati tutti assolti dal tribunale di Novara che aveva ritenuto l’impianto accusatorio privo di fondamento: «Il fatto non sussiste».

A presentare ricorso è stato il pm Nicola Serianni che ha chiesto e ottenuto una «rinnovazione» dell’istruttoria, come avviene sempre in caso di appello su una sentenza di proscioglimento: a settembre saranno quindi riascoltati alcuni dei testimoni già sfilati in aula al processo di primo grado, ma soltanto 5 rispetto ai 22 chiesti dalla procura. Molti dei reati erano già stati dichiarati prescritti in primo grado, e la prescrizione sta maturando anche per alcuni dei rimanenti. Proprio venerdì la Corte d’Appello ha dichiarato la prescrizione sul capo di imputazione relativo ai rapporti fra lo studio legale Giordano e il gruppo editoriale D-Media, che per l’accusa aveva affidato all’avvocato le cause dei propri giornalisti di cambio di un interessamento dell’allora assessore regionale in un bando europeo.

Secondo l’impianto accusatorio, l’ex sindaco avrebbe abusato del suo ruolo facendo atti contrari ai doveri d’ufficio, pressioni sui sottoposti, e insistendo per ottenere ciò che voleva. Ciò sarebbe avvenuto nella gestione dell’ex Bar Coccia ma anche nella creazione del quotidiano «Nord Ovest» nel 2012, da cui Giordano avrebbe dovuto avere appoggi di tipo mediatico. O ancora nei confronti di un dirigente della Regione Piemonte, su cui sarebbero state fatte pressioni perché riaprisse un bando già chiuso, cui doveva partecipare una fondazione di Novara. Punto di partenza dell’inchiesta, conclusa nel del 2013, i numerosi esposti presentati in anni precedenti contro l’ex bar Coccia per i disturbi notturni arrecati agli abitanti della zona.  

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