Il grido delle piccole imprese: «Ancora un mese e non riapriremo»

«La situazione è sufficientemente complicata per le micro imprese. Dal 2008 stanno patendo la crisi dei  consumi e questa è la botta finale. Ad eccezione di quelle che trattano alimentari, credo che le altre versino in condizioni disperate».

A parlare è Luigi Minicucci, direttore di Confesercenti. «Uno studio nazionale di Confesercenti  stima che il 44% di queste piccole imprese non riapriranno più (si tratta di negozi a conduzione familiare o con uno al massimo due dipendenti) e, ahimè, spesso la provincia di Novara non si discosta dai dati nazionali. C’è forte scoraggiamento, qualcuno ci ha già contattato dicendo che, se la chiusura si dovesse protrarre ancora per un mese, non riaprirà più l’attività».

 

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E, ragionando in termini di categorie «il piccolo abbigliamento è praticamente sotterrato, tra vendite on line e giganti che propongono di tutto di più; resisteranno le grandi catene e i negozi in franchising. I mercatali, fermi, sono allo stremo. Nelle casse di bar e ristoranti non entra un centesimo orami da tempo. Sperando che riprendano i consumi, cosa non certa, anzi: probabile il contrario. Le imprese collegate al settore del turismo sono morte».

Qual è il possibile scenario per Novara? «Se dovessi azzardare un’ipotesi, non strettamente statistica, basata su un piccolo campione non omogeno, direi che un quarto delle imprese non riaprirà i battenti».

«La situazione a dir poco è drammatica – gli fa eco Andrea Ferri presidente provinciale Ascom e Federmoda – Dopo l’emergenza sanitaria c’è quella economica. Ci sarà sicuramente una moria di micro, ma anche di medie e grandi imprese, bisogna vedere se con l’intervento massiccio dello Stato potrebbero cambiare gli scenari». «Mi occupo principalmente di abbigliamento – aggiunge – Il danno in questo settore è inestimabile; la filiera della moda è molto più problematica perché noi il prossimo mese avremmo dovuto acquistare quello che venderemo l’anno prossimo. Il nostro settore è bloccato, tutto l’approvvigionamento è in casa, da pagare e incassi zero. Dopo alberghi, bar e ristoranti, c’è la moda».

E per il futuro? «All’orizzonte al momento vedo una luce in fondo al tunnel a livello sanitario, ma a livello economico un muro quasi insormontabile».

 

 

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Il grido delle piccole imprese: «Ancora un mese e non riapriremo»

«La situazione è sufficientemente complicata per le micro imprese. Dal 2008 stanno patendo la crisi dei  consumi e questa è la botta finale. Ad eccezione di quelle che trattano alimentari, credo che le altre versino in condizioni disperate».

A parlare è Luigi Minicucci, direttore di Confesercenti. «Uno studio nazionale di Confesercenti  stima che il 44% di queste piccole imprese non riapriranno più (si tratta di negozi a conduzione familiare o con uno al massimo due dipendenti) e, ahimè, spesso la provincia di Novara non si discosta dai dati nazionali. C’è forte scoraggiamento, qualcuno ci ha già contattato dicendo che, se la chiusura si dovesse protrarre ancora per un mese, non riaprirà più l’attività».

 

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E, ragionando in termini di categorie «il piccolo abbigliamento è praticamente sotterrato, tra vendite on line e giganti che propongono di tutto di più; resisteranno le grandi catene e i negozi in franchising. I mercatali, fermi, sono allo stremo. Nelle casse di bar e ristoranti non entra un centesimo orami da tempo. Sperando che riprendano i consumi, cosa non certa, anzi: probabile il contrario. Le imprese collegate al settore del turismo sono morte».

Qual è il possibile scenario per Novara? «Se dovessi azzardare un’ipotesi, non strettamente statistica, basata su un piccolo campione non omogeno, direi che un quarto delle imprese non riaprirà i battenti».

«La situazione a dir poco è drammatica – gli fa eco Andrea Ferri presidente provinciale Ascom e Federmoda – Dopo l’emergenza sanitaria c’è quella economica. Ci sarà sicuramente una moria di micro, ma anche di medie e grandi imprese, bisogna vedere se con l’intervento massiccio dello Stato potrebbero cambiare gli scenari». «Mi occupo principalmente di abbigliamento – aggiunge – Il danno in questo settore è inestimabile; la filiera della moda è molto più problematica perché noi il prossimo mese avremmo dovuto acquistare quello che venderemo l’anno prossimo. Il nostro settore è bloccato, tutto l’approvvigionamento è in casa, da pagare e incassi zero. Dopo alberghi, bar e ristoranti, c’è la moda».

E per il futuro? «All’orizzonte al momento vedo una luce in fondo al tunnel a livello sanitario, ma a livello economico un muro quasi insormontabile».

 

 

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