Il sindaco di Domodossola annulla il 25 Aprile: un’assenza che pesa come una negazione della storia

Il primo cittadino Lucio Pizzi sospende parte delle celebrazioni per l’80esimo anniversario della Liberazione motivando la scelta di aderire al lutto nazionale per la morte di papa Francesco

In un gesto destinato a far discutere e che ha rapidamente fatto il giro d’Italia, il sindaco di Domodossola, Lucio Pizzi, esponente del centrodestra, ha annunciato l’annullamento del corteo, della sfilata e della partecipazione del corpo musicale, mantenendo solo l’orazione, per l’80esimo anniversario della Liberazione, previsto per il 25 aprile. La motivazione? La volontà di aderire al lutto nazionale per la morte di papa Francesco.

Una scelta che suona storicamente sovversiva, soprattutto se si considera il valore simbolico che Domodossola riveste nella storia della Resistenza italiana. Qui, nell’autunno del 1944, nacque la Repubblica dell’Ossola, un’esperienza di autogoverno partigiano durata quaranta giorni. In quel breve ma intensissimo periodo, i partigiani riuscirono a liberare un’ampia zona dal giogo nazifascista, dichiarandola autonoma e cancellando per la prima volta in Italia le leggi fasciste e razziali. Fu un’anticipazione concreta della Repubblica italiana che sarebbe nata solo due anni dopo, con il referendum del 1946.

A guidare la Repubblica provvisoria dell’Ossola vi fu un governo pluralista e inclusivo, che rappresentava in nuce la futura democrazia italiana: tra i suoi membri figurava Gisella Floreanini, prima donna a ricoprire un incarico governativo in un’epoca in cui le donne erano ancora escluse dalla vita politica. Vi era Umberto Terracini, ebreo e comunista, futuro presidente dell’Assemblea Costituente. E persino un prete, simbolo di quell’incontro tra fede e giustizia sociale che avrebbe poi caratterizzato anche il pontificato di Papa Francesco.

Domodossola non è solo una città: è una medaglia d’oro della Resistenza, un luogo che custodisce la memoria viva di una Repubblica nata dal basso, tra le montagne, con la sola forza della dignità e del coraggio. Non a caso, tutti i Presidenti della Repubblica – da Pertini a Mattarella – vi hanno reso omaggio almeno una volta.

Abolire il corteo del 25 aprile in questa città non è un gesto neutro, né semplicemente amministrativo. È, per molti, una cancellazione simbolica della stessa Repubblica dell’Ossola, come se si volesse negarne ancora una volta l’esistenza e il significato. E c’è chi si chiede se papa Francesco, profondo conoscitore del valore della memoria e dei diritti umani, avrebbe davvero apprezzato una simile scelta, proprio nel giorno in cui l’Italia ricorda chi ha dato la vita per la libertà.

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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Il sindaco di Domodossola annulla il 25 Aprile: un’assenza che pesa come una negazione della storia

Il primo cittadino Lucio Pizzi sospende parte delle celebrazioni per l’80esimo anniversario della Liberazione motivando la scelta di aderire al lutto nazionale per la morte di papa Francesco

In un gesto destinato a far discutere e che ha rapidamente fatto il giro d’Italia, il sindaco di Domodossola, Lucio Pizzi, esponente del centrodestra, ha annunciato l’annullamento del corteo, della sfilata e della partecipazione del corpo musicale, mantenendo solo l’orazione, per l’80esimo anniversario della Liberazione, previsto per il 25 aprile. La motivazione? La volontà di aderire al lutto nazionale per la morte di papa Francesco.

Una scelta che suona storicamente sovversiva, soprattutto se si considera il valore simbolico che Domodossola riveste nella storia della Resistenza italiana. Qui, nell’autunno del 1944, nacque la Repubblica dell’Ossola, un’esperienza di autogoverno partigiano durata quaranta giorni. In quel breve ma intensissimo periodo, i partigiani riuscirono a liberare un’ampia zona dal giogo nazifascista, dichiarandola autonoma e cancellando per la prima volta in Italia le leggi fasciste e razziali. Fu un’anticipazione concreta della Repubblica italiana che sarebbe nata solo due anni dopo, con il referendum del 1946.

A guidare la Repubblica provvisoria dell’Ossola vi fu un governo pluralista e inclusivo, che rappresentava in nuce la futura democrazia italiana: tra i suoi membri figurava Gisella Floreanini, prima donna a ricoprire un incarico governativo in un’epoca in cui le donne erano ancora escluse dalla vita politica. Vi era Umberto Terracini, ebreo e comunista, futuro presidente dell’Assemblea Costituente. E persino un prete, simbolo di quell’incontro tra fede e giustizia sociale che avrebbe poi caratterizzato anche il pontificato di Papa Francesco.

Domodossola non è solo una città: è una medaglia d’oro della Resistenza, un luogo che custodisce la memoria viva di una Repubblica nata dal basso, tra le montagne, con la sola forza della dignità e del coraggio. Non a caso, tutti i Presidenti della Repubblica – da Pertini a Mattarella – vi hanno reso omaggio almeno una volta.

Abolire il corteo del 25 aprile in questa città non è un gesto neutro, né semplicemente amministrativo. È, per molti, una cancellazione simbolica della stessa Repubblica dell’Ossola, come se si volesse negarne ancora una volta l’esistenza e il significato. E c’è chi si chiede se papa Francesco, profondo conoscitore del valore della memoria e dei diritti umani, avrebbe davvero apprezzato una simile scelta, proprio nel giorno in cui l’Italia ricorda chi ha dato la vita per la libertà.

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