«Nel carcere di Novara servono educatori. In pianta organica ne sarebbero previsti tre, invece ce n’è solo uno in servizio, oltretutto in questo periodo assente per Covid. Anche nel momento in cui fossero a regime, sarebbero impossibile svolgere un lavoro utile con 173 detenuti». È questo l’appello lanciato dalle delegazioni della Camera penale di Novara con il presidente Alessandro Brustia, il referente Federico Celano e Luana Nigito e dell’associazione “Nessuno tocchi Caino” con la presidente Rita Bernardini, il segretario Sergio D’Elia, entrambi ex parlamentari, Elisabetta Zamparutti e Umberto Baccolo, dopo la visita di ieri alla casa circondariale di via Sforzesca.
Il gruppo ha incontrato la direttrice del carcere, Rosalia Marino, il comandate della Polizia penitenziaria Renato Ruffo, la direttrice sanitaria e una trentina di detenuti Dell’area di media sicurezza. Non è invece stato possibile accedere alla sezione 41bis dove viene applicato il regime di isolamento.
«Dalle visite in carcere usciamo sempre sconfortati, ma qui a Novara non è successo – ha detto Bernardini -. Abbiamo trovato un clima disteso, confermato dal colloquio con la direttrice: pochi eventi critici, un’atmosfera quasi famigliare, i detenuti ci hanno accolto con molto calore e ci hanno anche preparato il caffè. Novara, però, come molte altre carceri, dimostra il fallimento della pena: abbiamo ascoltato le storie dei detenuti, la maggior parte di loro proviene da precedenti detenzioni e dimostra che la permanenza in carcere non è servita a niente. Deve essere preparato un terreno sano per la loro re-integrazione in società. La paura più grande è, infatti, il fine pena: l’80% è straniero, molti non hanno nè casa, lavoro o famiglia. Una volta usciti non hanno mezzi di sussistenza, devono rinnovare i documenti e sono completamente abbandonati. Anche per questo motivo il ruolo degli educatori è fondamentale. Esistono solo corsi di alfabetizzazione e la scuola media; c’è il campo sportivo e solo due attività: la tipografia e il laboratorio di ceramica».
Per quanto riguarda la situazione sanitaria, Bernardini è stata rassicurante: «Non c’è paragone con alcune realtà del sud Italia, ci sono gli ambulatori interni e non abbiamo ricevuto alcuna lamentela da parte dei detenuti».
Un plauso alla direzione della struttura è arrivato dal segretario D’Elia: «I carcerati hanno una buona opinione sia della direttrice che del comandante perchè sono stati in grado di creare un clima di armonia attraverso il dialogo: non ci sono parti contrapposte, tutti vivono quella realtà in modo collaborativo».
Il referente Celano ha invece sottolineato «la necessità di riconoscere il carcere come istituzione al pari di altre cittadine. A noi interessa che la pena sia utile, conoscere cosa avviene all’intero e preparare un reingresso dei soggetti in società anche attraverso il supporto di enti e istituzioni. Ma con un solo educatore queste parole restano tali».
Il presidente Brustia ha poi ricordato l’obiettivo della Camera penale: «Fare in modo che il carcere non rimanga un’isola serpata dalla città, perchè dall’ignoranza nascono i pregiudizi. Se i cittadini potessero parlare con i detenuti, molte persone smetterebbero di pensare che l’unica soluzione è “buttare via la chiave”. Nel 2022 in Italia sono stati registrati 85 suicidi in carcere, una strage dimenticata di cui la politica dovrebbe occuparsi e invece non fa nulla».
È stato infine D’Elia a ricordare che «quest’anno “Nessuno tocchi Caino” compie 30 anni. Per le celebrare il traguardo, organizzeremo un convegno nel carcere di Opera la settimana prima di Natale».
I NUMERI
Il sovraffollamento non sembra essere il problema del carcere di Novara che da questo punto di vista è stato definito come «un’isola felice». La capienza prevede 153 detenuti: ce ne sono 173, solo 20 in più. Di questi, 70 sono al 41bis, tutti in celle singole e per la quasi totalità di nazionalità italiana; gli altri 103 in regime di media sicurezza, per l’80% stranieri, tutti in celle da quattro persone di circa 10 metri quadrati oltre al bagno. Tre, invece, gli stanzoni con cinque letti. Nelle celle non ci sono le docce, ma i detenuti – esclusi quelli al 41bis – hanno la possibilità di stare negli spazi comuni per 8/10 ore al giorno.
Tra i reclusi di media sorveglianza, sono 9 quelli in cura al Sert per problemi di tossicodipendenza di cui 5 con trattamento farmacologico; altri 14 hanno problemi psichiatrici. Al 41bis, 8 sono in trattamento farmacologico psichiatrico.
Per quanto riguarda gli agenti di Polizia penitenziaria, in servizio ce ne sono 156 rispetto ai 186 previsti in pianta organica.