«Io positiva al Covid, voglio tornare presto in corsia»

Sono due i suoi pensieri principali ora: pensare alla propria famiglia e tornare presto a lavoro. E’ a casa da due giorni Francesca (nome di fantasia per garantire la privacy), giovane infermiera dell’ospedale Maggiore di Novara e lo sarà per almeno quindi giorni: il suo tampone è risultato positivo al Covid-19. «Mi sento colpevole nei confronti della mia famiglia, perché anche loro ora sono in quarantena e non ci muoviamo da casa, neanche per la spesa. Era nelle mie intenzioni trovare un appartamento mio ma la situazione di emergenza mi ha fatto posticipare il tutto», dice con un velo di sorriso.

 

[the_ad id=”62649″]

 

Per fortuna l’infermiera sta bene, non ha sintomi, è stato “solo” il tampone a confermare la malattia. E il desiderio è quello di indossare presto la sua divisa: «Io e tanti altri colleghi amiamo il nostro lavoro, – dice con voce emozionata – sono forti le sensazioni che provo ora. E’ normale che c’è la paura, mentre lavori, perché nessuno è al sicuro, ma la passione per questo mestiere è veramente tanta. Io stessa mi sento quasi male, anche se sto fisicamente bene, perché sono a casa e non posso rendermi utile. Spero di poter tornare presto, perché in ospedale c’è bisogno di tutti, sul letto potresti trovare chiunque, che soffre, non ha la famiglia intorno e tu sei l’unica persona che gli dà un po’di conforto. Ti trovi a che fare con persone che non riescono a fare la cosa più naturale in assoluto, respirare: voglio prendermi cura di loro».

Laureata da quasi quattro anni, a lavoro praticamente da subito, la giovane lavora al Maggiore da diversi mesi ormai e come tutti anche lei ha prestato servizio nel reparto Covid-19, perché l’emergenza, come si sente e si ascolta ormai da oltre un mese, è tanta. Ed è difficile, in un contesto del genere tracciare una linea di confine fra quei reparti “infetti”, perché dedicati in modo conclamato ai malati Covid, e quelli invece dove si assistono tutte le altre persone. «Tanti miei colleghi si sono malati e ora è toccato a me, – dice l’infermiera – nei reparti si sta facendo il possibile per cercare di lavorare con tutti i dispositivi di protezione necessari. A volte è difficile, difficile perché le esigenze sono tante e sono tante le aziende e i privati che è importante ringraziare con tutte le loro donazioni. Donazioni importanti e ancora fondamentali, perché davvero ci aiutano a proteggere prima di tutto noi stessi, che potremmo essere un “pericolo” per gli altri».

E infatti sono tante le iniziative che si muovono proprio in questo senso, ossia offrire una tutela a chi lavora negli ospedali, senza di loro sarebbe difficile vincere questa battaglia: «Ci auguriamo che la sensibilità delle persone continui a essere così forte, perché davvero l’azienda ne ha bisogno. E io non vedo l’ora di esserci ancora».

Condividi:

Facebook
WhatsApp
Telegram
Email
Twitter

Condividi l'articolo

© 2020-2024 La Voce di Novara - Riproduzione Riservata
Iscrizione al registro della stampa presso il Tribunale di Novara

Picture of Elena Mittino

Elena Mittino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

SEGUICI SUI SOCIAL

Sezioni

Condividi

SEGUICI SUI SOCIAL

Sezioni

«Io positiva al Covid, voglio tornare presto in corsia»

Sono due i suoi pensieri principali ora: pensare alla propria famiglia e tornare presto a lavoro. E’ a casa da due giorni Francesca (nome di fantasia per garantire la privacy), giovane infermiera dell’ospedale Maggiore di Novara e lo sarà per almeno quindi giorni: il suo tampone è risultato positivo al Covid-19. «Mi sento colpevole nei confronti della mia famiglia, perché anche loro ora sono in quarantena e non ci muoviamo da casa, neanche per la spesa. Era nelle mie intenzioni trovare un appartamento mio ma la situazione di emergenza mi ha fatto posticipare il tutto», dice con un velo di sorriso.   [the_ad id="62649"]   Per fortuna l’infermiera sta bene, non ha sintomi, è stato “solo” il tampone a confermare la malattia. E il desiderio è quello di indossare presto la sua divisa: «Io e tanti altri colleghi amiamo il nostro lavoro, - dice con voce emozionata – sono forti le sensazioni che provo ora. E’ normale che c’è la paura, mentre lavori, perché nessuno è al sicuro, ma la passione per questo mestiere è veramente tanta. Io stessa mi sento quasi male, anche se sto fisicamente bene, perché sono a casa e non posso rendermi utile. Spero di poter tornare presto, perché in ospedale c’è bisogno di tutti, sul letto potresti trovare chiunque, che soffre, non ha la famiglia intorno e tu sei l’unica persona che gli dà un po’di conforto. Ti trovi a che fare con persone che non riescono a fare la cosa più naturale in assoluto, respirare: voglio prendermi cura di loro». Laureata da quasi quattro anni, a lavoro praticamente da subito, la giovane lavora al Maggiore da diversi mesi ormai e come tutti anche lei ha prestato servizio nel reparto Covid-19, perché l’emergenza, come si sente e si ascolta ormai da oltre un mese, è tanta. Ed è difficile, in un contesto del genere tracciare una linea di confine fra quei reparti “infetti”, perché dedicati in modo conclamato ai malati Covid, e quelli invece dove si assistono tutte le altre persone. «Tanti miei colleghi si sono malati e ora è toccato a me, - dice l’infermiera – nei reparti si sta facendo il possibile per cercare di lavorare con tutti i dispositivi di protezione necessari. A volte è difficile, difficile perché le esigenze sono tante e sono tante le aziende e i privati che è importante ringraziare con tutte le loro donazioni. Donazioni importanti e ancora fondamentali, perché davvero ci aiutano a proteggere prima di tutto noi stessi, che potremmo essere un “pericolo” per gli altri». E infatti sono tante le iniziative che si muovono proprio in questo senso, ossia offrire una tutela a chi lavora negli ospedali, senza di loro sarebbe difficile vincere questa battaglia: «Ci auguriamo che la sensibilità delle persone continui a essere così forte, perché davvero l’azienda ne ha bisogno. E io non vedo l’ora di esserci ancora».

© 2020-2024 La Voce di Novara
Riproduzione Riservata