La mobilitazione a difesa della legge contro il gioco d’azzardo. Rossi: «Rimettiamo al centro i reali motivi della protesta»

Società civile e forze di opposizione del Consiglio regionale sono scesi in piazza oggi a Torino per gridare il loro “no” a quello da loro ritenuto un «colpo di spugna sulla legge per la prevenzione e il contrasto al gioco d’azzardo patologico». Una manifestazione, come ha voluto evidenziare il consigliere regionale novarese del Pd Domenico Rossi, presente anche lui in piazza Castello davanti al Palazzo della Regione, «che ha contribuito non solo a rimettere al centro i reali motivi che ci hanno indotto ad agire con la legge 9 del 2016 cinque anni fa all’unanimità, ma anche a ristabilire il contatto con i sindaci e la società civile che si è più volte fatta portavoce dei bisogni dei piemontesi più fragili».

 

Associazioni, fondazioni antiusura, sindacati, movimenti cattolici, sindaci di vari schieramenti politici, sia di centro-sinistra che di centro-destra, erano presenti oggi, «tutti consapevoli che il fenomeno del gioco, seppur lecito, ha bisogno di essere regolamentato, perché diversamente genera dipendenze e seri problemi socio-sanitari, che ricadono sulle famiglie e, in particolare, sulla fascia più fragile della società, come dimostrano gli anni precedenti al 2016 che hanno portato tutte le regioni a legiferare e lo Stato a inserire il “Gap” nei Lea (nel 2017) e a contenere il numero di slot nel paese».

E a chi vuole spostare il discorso sugli addetti impiegati nel settore, Rossi risponde che «l’attenzione ai lavoratori, che è doverosa, non può tuttavia non tener conto dei problemi legati alla salute pubblica e alle nuove povertà.

Purtroppo, due anni di cattiva politica caratterizzata dall’immobilismo del centro-destra, oggi rischiano di generare un conflitto sociale che vede contrapposti da un alto cittadini fragili, dipendenti da “Gap” o vittime di sovraindebitamento e dall’altro i lavoratori, soggetti ad una possibile crisi occupazionale, che, però, non dipende solo dalla legge regionale, che finisce per essere un comodo capro-espiatorio perché è l’unica in Italia che ha saputo porre un freno all’eccesso di offerta».

La Regione a guida centro-destra aveva il compito in questi anni di promuovere analisi puntuali del mercato del lavoro e percorsi di formazione e accompagnamento per eventuali riconversioni professionali, per accompagnare il settore coinvolto nell’erogazione del gioco lecito, ma per l’esponente “dem”, «nulla di tutto ciò è mai avvenuto, perché l’unico obiettivo della maggioranza, oggi, è quello di trattare come marginale un problema molto più complesso, scaricando le responsabilità sull’attuale legge regionale, per adempiere alle promesse fatte in campagna elettorale a questo specifico settore».

«Come opposizione – ha aggiunto ancora Rossi – abbiamo già presentato nella discussione in Consiglio regionale, decine di migliaia di emendamenti. Auspichiamo un segnale di apertura da parte della maggioranza, considerato che anche Forza Italia e Fratelli d’Italia non sono allineati sulla posizione della Lega». Per Rossi, infine, «la posta in gioco non è solo regionale: il modello Piemonte spaventa perché potrebbe essere preso come riferimento da altre Regioni per iniziare una battaglia più largamente diffusa sul piano nazionale».

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La mobilitazione a difesa della legge contro il gioco d’azzardo. Rossi: «Rimettiamo al centro i reali motivi della protesta»

Società civile e forze di opposizione del Consiglio regionale sono scesi in piazza oggi a Torino per gridare il loro “no” a quello da loro ritenuto un «colpo di spugna sulla legge per la prevenzione e il contrasto al gioco d'azzardo patologico». Una manifestazione, come ha voluto evidenziare il consigliere regionale novarese del Pd Domenico Rossi, presente anche lui in piazza Castello davanti al Palazzo della Regione, «che ha contribuito non solo a rimettere al centro i reali motivi che ci hanno indotto ad agire con la legge 9 del 2016 cinque anni fa all’unanimità, ma anche a ristabilire il contatto con i sindaci e la società civile che si è più volte fatta portavoce dei bisogni dei piemontesi più fragili».   Associazioni, fondazioni antiusura, sindacati, movimenti cattolici, sindaci di vari schieramenti politici, sia di centro-sinistra che di centro-destra, erano presenti oggi, «tutti consapevoli che il fenomeno del gioco, seppur lecito, ha bisogno di essere regolamentato, perché diversamente genera dipendenze e seri problemi socio-sanitari, che ricadono sulle famiglie e, in particolare, sulla fascia più fragile della società, come dimostrano gli anni precedenti al 2016 che hanno portato tutte le regioni a legiferare e lo Stato a inserire il “Gap” nei Lea (nel 2017) e a contenere il numero di slot nel paese». E a chi vuole spostare il discorso sugli addetti impiegati nel settore, Rossi risponde che «l'attenzione ai lavoratori, che è doverosa, non può tuttavia non tener conto dei problemi legati alla salute pubblica e alle nuove povertà. Purtroppo, due anni di cattiva politica caratterizzata dall’immobilismo del centro-destra, oggi rischiano di generare un conflitto sociale che vede contrapposti da un alto cittadini fragili, dipendenti da “Gap” o vittime di sovraindebitamento e dall’altro i lavoratori, soggetti ad una possibile crisi occupazionale, che, però, non dipende solo dalla legge regionale, che finisce per essere un comodo capro-espiatorio perché è l’unica in Italia che ha saputo porre un freno all’eccesso di offerta». La Regione a guida centro-destra aveva il compito in questi anni di promuovere analisi puntuali del mercato del lavoro e percorsi di formazione e accompagnamento per eventuali riconversioni professionali, per accompagnare il settore coinvolto nell’erogazione del gioco lecito, ma per l'esponente “dem”, «nulla di tutto ciò è mai avvenuto, perché l’unico obiettivo della maggioranza, oggi, è quello di trattare come marginale un problema molto più complesso, scaricando le responsabilità sull’attuale legge regionale, per adempiere alle promesse fatte in campagna elettorale a questo specifico settore». «Come opposizione - ha aggiunto ancora Rossi - abbiamo già presentato nella discussione in Consiglio regionale, decine di migliaia di emendamenti. Auspichiamo un segnale di apertura da parte della maggioranza, considerato che anche Forza Italia e Fratelli d'Italia non sono allineati sulla posizione della Lega». Per Rossi, infine, «la posta in gioco non è solo regionale: il modello Piemonte spaventa perché potrebbe essere preso come riferimento da altre Regioni per iniziare una battaglia più largamente diffusa sul piano nazionale».

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