La mobilitazione novarese per Ahmad Djalali: «Non perdiamo la speranza»

Sit-in di Amnesty international nel pomeriggio di oggi davanti al Municipio di Novara: «Mantenere alta l'attenzione per questa vicenda e fare pressione sulle diplomazie»

Oltre cento persone hanno partecipato nel pomeriggio di oggi, martedì 10 maggio, davanti al Municipio di Novara al sit-in di Amnesty international per protestare ancora una volta contro la sentenza di morte che le autorità di Teheran hanno pronunciato nei confronti di Ahmadreza DJalali, il medico ricercatore di origine iraniano che negli anni anni scorsi lavorò anche nell’Università della nostra città. La preoccupazione, nei volti dei presenti è tanta, maggiore che in precedenti occasioni. Forse perché le autorità dell’ex Persia hanno annunciato che la sentenza verrà eseguita entro il 21 maggio. E’, insomma, una vera lotta contro il tempo. Ma nessuno vuole arrendersi e ha alzato con forza i tanti cartelli che hanno riprodotto l’immagine del medico ricercatore “prima” e durante la sua detenzione in carcere. Le sue precarie condizioni di salute sono infatti un altro motivo di preoccupazione.


«Dobbiamo mantenedere alta l’attenzione – ha detto Riccardo Noury, portavoce nazionale di Amnesty international – perché non stiamo parlando unicamente di una persona condannata a morte, ma della vita di un ostaggio nelle mani di una banda di criminali. Le autorità iraniane hanno fatto capire di volere qualcosa in cambio. Si tratta di un ricatto al quale non dobbiamo cedere, perché questa vicenda non deve essere subordinata a vantaggi di natura economica e politica». E’ stato evidenziato il fatto che su questo caso, rispetto ad altri analoghi, se ne stia parlando poco. Perché? «E’ come se fosse difficile in questo Paese, anche per l’opinione pubblica e per i mezzi di informazione, seguire più di una causa alla volta. Questo è un peccato, perché stiamo svolgendo una campagna straordinaria per Patrick Zaki, ma Ahmad Reza non merita di meno. Purtroppo nei rapporti internazionali le questioni sui diritti umani passano quasi sempre in secondo piano, visto che con l’Iran manteniamo buone relazioni economiche». Da qui una formale richiesta affinché le diplomazie facciano i dovuti passi, «mantenendo alta l’attenzione, perché se dovesse andare male almeno non avremo nulla da rimproverarci».


«La situazione è drammatica – ha aggiunto Francesca Matteazzi, della sezione novarese di Amnesty – Siamo qui ancora una volta per cercare di bloccare un’esecuzione che in base alle ultime notizie potrebbe avvenire anche prima della data annunciata del 21 maggio, ma non perdiamo la speranza». Luca Ragazzini, collega e amico di Ahmad Reza all’UPO, ha come al solito portato una “visione” personale: «Tutti mi chiedono se questa volta sia più grave delle precedenti. Io questa vicenda la sto vivendo dal 2016 e il suo inizio lo ricordo come se fosse ieri. Certamente ci sono speranze. Non stiamo esclusivamente lottando per un prigioniero, ma per diverse cause, contro la pena di morte e per la libertà della ricerca».


Poi gli interventi da parte dei rappresentanti istituzionali, partendo dal sindaco Alessandro Canelli: «E ‘ una vicenda che ci tocca particolarmente da vicino per aver lavorato nella nostra Università – ha detto il primo cittadino – Concedendo la cittadinanza ad Ahmad Reza è staro anche un modo per schierarci nei confronti di un vero e proprio sopruso. Non so se questo tipo di manifestazioni porteranno qualcosa, ma noi non possiamo stare zitti, La nostra voce è comunque importante e deve arrivare a chi di dovere, alle diplomazie, Sarebbe bello che ci fosse un punto di vista unico da parte dell’Europa». Per la vicepresidente della Provincia Michela Leoni «dobbiamo crederci tutti e poi vorrei soffermarsi sull’immagine riprodotta di Ahman Reza prima e dopo, Fino a quando un detenuto viene ridotto in queste condizioni, a prescindere dal reato commesso, vuol dire che sono stati violati i diritti umani».

Queste parole sono poi state commentate dal consigliere regionale Domenico Rossi, aggiungendo l’importanza dell’opinione pubblica: «Purtroppo per delle ragioni che non riusciamo a comprendere la storia di Ahmad Reza rispetto ad altre è rimasta meno conosciuta a livello nazionale e internazionale e questo non aiuta. Non dobbiamo continuare a urlare, perché questo è il compito della società civile, quello di sollecitare istituzioni. Novara deve essere uno stimolo per le città vicine». Infine la giornalista Mimma Calligaris, che ha portato la partecipazione della Federazione della stampa italiana: «Noi siamo vicini alla libertà, di ricerca, di studio, di informazione. Ci sono troppi Paesi nei quali questi diritti sono negati. Però noi abbiamo degli strumenti fondamentali da utilizzare».

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Sit-in di Amnesty international nel pomeriggio di oggi davanti al Municipio di Novara: «Mantenere alta l’attenzione per questa vicenda e fare pressione sulle diplomazie»

Oltre cento persone hanno partecipato nel pomeriggio di oggi, martedì 10 maggio, davanti al Municipio di Novara al sit-in di Amnesty international per protestare ancora una volta contro la sentenza di morte che le autorità di Teheran hanno pronunciato nei confronti di Ahmadreza DJalali, il medico ricercatore di origine iraniano che negli anni anni scorsi lavorò anche nell'Università della nostra città. La preoccupazione, nei volti dei presenti è tanta, maggiore che in precedenti occasioni. Forse perché le autorità dell'ex Persia hanno annunciato che la sentenza verrà eseguita entro il 21 maggio. E', insomma, una vera lotta contro il tempo. Ma nessuno vuole arrendersi e ha alzato con forza i tanti cartelli che hanno riprodotto l'immagine del medico ricercatore “prima” e durante la sua detenzione in carcere. Le sue precarie condizioni di salute sono infatti un altro motivo di preoccupazione.


«Dobbiamo mantenedere alta l'attenzione – ha detto Riccardo Noury, portavoce nazionale di Amnesty international – perché non stiamo parlando unicamente di una persona condannata a morte, ma della vita di un ostaggio nelle mani di una banda di criminali. Le autorità iraniane hanno fatto capire di volere qualcosa in cambio. Si tratta di un ricatto al quale non dobbiamo cedere, perché questa vicenda non deve essere subordinata a vantaggi di natura economica e politica». E' stato evidenziato il fatto che su questo caso, rispetto ad altri analoghi, se ne stia parlando poco. Perché? «E' come se fosse difficile in questo Paese, anche per l'opinione pubblica e per i mezzi di informazione, seguire più di una causa alla volta. Questo è un peccato, perché stiamo svolgendo una campagna straordinaria per Patrick Zaki, ma Ahmad Reza non merita di meno. Purtroppo nei rapporti internazionali le questioni sui diritti umani passano quasi sempre in secondo piano, visto che con l'Iran manteniamo buone relazioni economiche». Da qui una formale richiesta affinché le diplomazie facciano i dovuti passi, «mantenendo alta l'attenzione, perché se dovesse andare male almeno non avremo nulla da rimproverarci».


«La situazione è drammatica – ha aggiunto Francesca Matteazzi, della sezione novarese di Amnesty – Siamo qui ancora una volta per cercare di bloccare un'esecuzione che in base alle ultime notizie potrebbe avvenire anche prima della data annunciata del 21 maggio, ma non perdiamo la speranza». Luca Ragazzini, collega e amico di Ahmad Reza all'UPO, ha come al solito portato una “visione” personale: «Tutti mi chiedono se questa volta sia più grave delle precedenti. Io questa vicenda la sto vivendo dal 2016 e il suo inizio lo ricordo come se fosse ieri. Certamente ci sono speranze. Non stiamo esclusivamente lottando per un prigioniero, ma per diverse cause, contro la pena di morte e per la libertà della ricerca».


Poi gli interventi da parte dei rappresentanti istituzionali, partendo dal sindaco Alessandro Canelli: «E ' una vicenda che ci tocca particolarmente da vicino per aver lavorato nella nostra Università – ha detto il primo cittadino – Concedendo la cittadinanza ad Ahmad Reza è staro anche un modo per schierarci nei confronti di un vero e proprio sopruso. Non so se questo tipo di manifestazioni porteranno qualcosa, ma noi non possiamo stare zitti, La nostra voce è comunque importante e deve arrivare a chi di dovere, alle diplomazie, Sarebbe bello che ci fosse un punto di vista unico da parte dell'Europa». Per la vicepresidente della Provincia Michela Leoni «dobbiamo crederci tutti e poi vorrei soffermarsi sull'immagine riprodotta di Ahman Reza prima e dopo, Fino a quando un detenuto viene ridotto in queste condizioni, a prescindere dal reato commesso, vuol dire che sono stati violati i diritti umani».

Queste parole sono poi state commentate dal consigliere regionale Domenico Rossi, aggiungendo l'importanza dell'opinione pubblica: «Purtroppo per delle ragioni che non riusciamo a comprendere la storia di Ahmad Reza rispetto ad altre è rimasta meno conosciuta a livello nazionale e internazionale e questo non aiuta. Non dobbiamo continuare a urlare, perché questo è il compito della società civile, quello di sollecitare istituzioni. Novara deve essere uno stimolo per le città vicine». Infine la giornalista Mimma Calligaris, che ha portato la partecipazione della Federazione della stampa italiana: «Noi siamo vicini alla libertà, di ricerca, di studio, di informazione. Ci sono troppi Paesi nei quali questi diritti sono negati. Però noi abbiamo degli strumenti fondamentali da utilizzare».

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