Un’escalation di violenze casalinghe cominciate tanti anni fa: «La prima sberla è arrivata nel 2015». Una sberla per un motivo banale: lui voleva fare un piercing al sopracciglio e lei aveva semplicemente dato ragione alla sorella del marito che gli diceva di lasciar perdere. Gli aveva chiesto addirittura scusa perché si sentiva in colpa per essermi intromessa nella discussione. E invece quell’episodio fu solo l’inizio. Col passare del tempo l’uomo alzava le mani anche se lei non gli metteva le ciabatte davanti alla porta, quando lui rientrava. Un racconto di sopraffazione, l’ennesimo, quello di una trentaduenne che nell’autunno del 2020, dopo una convivenza e un matrimonio vissuto fra Novara e alcuni paesi della provincia, ha avuto il coraggio di opporsi a pugni, sberle, insulti, minacce con cocci di bottiglia, pretese assurde quali quelle di frequentare locali per scambisti. La sua denuncia, in tribunale, ha portato alla condanna a 4 anni di reclusione dell’ex marito M.S., 36 anni, processato con l’accusa di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali.
La vittima ha ottenuto una provvisionale di 24 mila euro complessivi per lei e le figlie minorenni, come anticipo di risarcimento che sarà poi stabilito dal giudice civile. Testimoniando in aula ha raccontato come il marito le dicesse spesso: «Sono io l’uomo e so cosa fare». Per lui era una nullità. Le mani addosso aveva iniziato a metterle dopo la nascita della seconda figlia: «Ogni volta che gli dicevo di no, erano sberle». Una volta l’aveva colpito così violentemente da romperle gli occhiali, ed era dovuta andare in ospedale; un’altra volta era corsa al pronto soccorso perché, dopo una lite al ristorante, una volta rientrati a casa era andato su tutte le furie, tirando un calcio alla porta e colpendo anche lei. La donna, spaventata, era scappata con le figlie; lui le era andato dietro e l’aveva colpita con un’asse di legno, spaccandole le costole.