La Regione investe 10 milioni di euro sui medici di base. Critico il Pd. Uno stanziamento che riconosce all’assistenza primaria il ruolo cardine della medicina territoriale per garantire la continuità delle cure, la presa in carico della cronicità e una migliore accessibilità alle prestazioni. Con la seduta di ieri, infatti, il consiglio regionale ah approvato il disegno di legge 127 riguardante lo “Sviluppo delle forme associative della Medicina generale”. Un investimento da 10 milioni all’anno, oltre ai 17,3 milioni di euro già destinati alle attrezzature sanitarie di diagnostica di primo livello a favore dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta e all’investimento regionale di 7 milioni di euro stanziati per la telemedicina.
«Potenziare le forme associative della medicina generale sul territorio vuol dire aprire la strada a un reale cambio di passo nella programmazione dell’assistenza sanitaria in Piemonte, puntando a un modello di medicina che non è più di attesa, ma di iniziativa, per consentire, nel medio-lungo periodo, una gestione ottimale delle patologie croniche e, nel breve periodo, la tempestiva intercettazione sul territorio dei pazienti sospetti Covid, con conseguente riduzione dell’impatto sugli ospedali – ha commentato l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Icardi -. E’ un risultato strategico importante, soprattutto perché rilancia e potenzia i provvedimenti già attivati in questi mesi con le medesime finalità, dalla telemedicina alla Farmacia dei servizi, dall’accordo quadro sulle cure domiciliari, al nuovo portale salutepiemonte.it sui servizi sanitari digitali della Regione Piemonte. Il tutto con il comune obiettivo di garantire l’uniformità assistenziale a tutti i cittadini piemontesi, superando le differenze territoriali e organizzative».
«L’emergenza sanitaria – hs aggiunto Icardi – ha reso drammaticamente evidente quanto sia necessario riportare al centro il ruolo della medicina generale sul territorio. Un obiettivo al quale abbiamo dedicato fin da subito la massima attenzione, fino ad attivare in piena pandemia un apposito gruppo di lavoro coordinato dal professor Ferruccio Fazio che ha prodotto un ventaglio di soluzioni concrete raccolte nella nuova legge»
I medici che sceglieranno di lavorare in una di queste due modalità associative potranno essere supportati da personale di studio. La modalità di lavoro in gruppo consente le maggiori sinergie ed economicità di scala (per esempio permette di sommare i singoli rimborsi per personale di studio e infermiere e di suddividere le varie spese) e nel contempo offre ai cittadini proposte di medicina proattiva e un medico disponibile per più ore, mattino e pomeriggio.
La modalità di medicina in rete, invece, potrà essere preferibilmente attivata nei territori molto ampi, con popolazione scarsa e ambulatori medici più dispersi, in quanto non prevede l’obbligo di una sede unica, ma consente ai medici di mantenere i loro ambulatori, per non compromettere la capillarità dell’assistenza e favorire l’accessibilità agli assistiti.
«Non abbiamo mai messo in discussione l’importanza di una legge a favore dei medici di medicina generale e nemmeno la necessità di potenziare la nostra sanità che, anzi, dovrà essere ridisegnata e riorganizzata, anche alla luce delle tante criticità che la pandemia ha drammaticamente evidenziato – dichiarano il presidente del Gruppo Pd in consiglio regionale Raffaele Gallo e il vicepresidente della commissione Sanità Domenico Rossi -. Tuttavia, non condividiamo né la metodologia dello “spezzatino normativo” né la scelta di finanziare la medicina generale con il fondo destinato al trasporto pubblico locale. Entrambi i settori hanno un’importanza cruciale».
«Con un altro ordine del giorno – a prima firma Rossi – che verrà votato nella prossima seduta, abbiamo chiesto che il Recovery Fund sia l’occasione per potenziare davvero il territorio, a partire dalle case di comunità, gli ospedali di omunità, la telemedicina, i servizi domiciliari un piano di assunzioni straordinario. La sola medicina di gruppo non è sufficiente per rispondere ai nuovi bisogni di salute dei piemontesi» concludono Gallo e Rossi.