La rivolta dei medici di base: «Ci hanno lasciati soli»

La rivolta dei medici di base: «Ci hanno lasciati soli». L’Ordine dei medici di Novara, insieme a tutti gli altri Ordini regionali, ha firmato una dura lettera al presidente della Regione, all’assessore regionale alla sanità e al responsabile dell’Unità di crisi con la quale accusa i vertici piemontesi di «aver lasciato da soli i medici di medicina generale» ad affrontare l’emergenza.

Secondo quanto riporta l’Ordine «questa lettera che è la risposta a un documento firmato dal responsabile dell’Unità di crisi con la quale, senza troppi giri di parole, si accusavano i medici di base di non aver fatto il loro dovere e di aver provocato, con la loro inazione e i loro consigli ai pazienti, l’intasamento dei numeri telefonici dedicati all’emergenza Covid-19».

«Sono affermazioni inaccettabili e che toccano il fondo di una collaborazione nella quale abbiamo perso fiducia – afferma il presidente dell’Ordine di Novara, Federico D’Andrea, firmatario con i colleghi della lettera inviata -. I medici di medicina generale della Regione Piemonte hanno prestato e continuano a prestare le loro cure ai cittadini, nei loro studi e a domicilio dei pazienti, pagando un duro prezzo personale. Hanno espletato le loro funzioni di tutela della salute dei cittadini, in carenza di dispositivi di protezione, armati solo del loro coraggio, senso del dovere e preparazione professionale, fino all’autolesionismo. Non si è voluta accettare la richiesta di fornire ai medici un numero diretto dedicato per il Servizio di sanità e igiene pubblica (Sisp) dell’Asl e, così facendo, si sono lasciati i medici a cercare di comunicare per ore, interrompendo l’assistenza, con numeri pubblicizzati sui media intasati dalle telefonate dei cittadini».

 

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«Dalle linee guida è raccomandato ai medici di medicina generale di eseguire visite domiciliari ai pazienti sospetti e con patologia respiratoria impegnativa solo se dotati di dispositivi adeguati che fino all’altro giorno non erano ancora oggi stati forniti e che comunque non sono reperibili in commercio in modo sufficiente per coloro che volessero acquisirli autonomamente. Questo al fine non solo di tutelare i medici dal contrarre l’infezione, lasciando decine di migliaia di cittadini senza assistenza (le cure normali continuano anche in periodi di epidemia e la media dei contatti diretti o telefonici ai medici è di circa 70 persone al giorno), ma per evitare che il medico diventi a sua volta un vettore della infezione, specie verso i soggetti anziani e gravi che di solito sono quelli che maggiormente accedono ai loro ambulatori».

«Il medico di base è il primo e fondamentale presidio – conclude D’Andrea – ma non è stato seguito con la dovuta competenza e collaborazione e la lettera che i medici di base hanno ricevuto è la conferma di una perlomeno scarsa conoscenza delle sue modalità di lavoro. Mandare i colleghi allo sbaraglio per non aver previsto i presidi di tutela lascia ampi dubbi sulla competenza di chi dirige l’Unità di crisi. E forse sarebbe utile inserire nella Unità di crisi anche un rappresentante degli Ordini dei medici».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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La rivolta dei medici di base: «Ci hanno lasciati soli». L’Ordine dei medici di Novara, insieme a tutti gli altri Ordini regionali, ha firmato una dura lettera al presidente della Regione, all’assessore regionale alla sanità e al responsabile dell’Unità di crisi con la quale accusa i vertici piemontesi di «aver lasciato da soli i medici di medicina generale» ad affrontare l’emergenza. Secondo quanto riporta l'Ordine «questa lettera che è la risposta a un documento firmato dal responsabile dell’Unità di crisi con la quale, senza troppi giri di parole, si accusavano i medici di base di non aver fatto il loro dovere e di aver provocato, con la loro inazione e i loro consigli ai pazienti, l’intasamento dei numeri telefonici dedicati all’emergenza Covid-19». «Sono affermazioni inaccettabili e che toccano il fondo di una collaborazione nella quale abbiamo perso fiducia – afferma il presidente dell’Ordine di Novara, Federico D’Andrea, firmatario con i colleghi della lettera inviata -. I medici di medicina generale della Regione Piemonte hanno prestato e continuano a prestare le loro cure ai cittadini, nei loro studi e a domicilio dei pazienti, pagando un duro prezzo personale. Hanno espletato le loro funzioni di tutela della salute dei cittadini, in carenza di dispositivi di protezione, armati solo del loro coraggio, senso del dovere e preparazione professionale, fino all'autolesionismo. Non si è voluta accettare la richiesta di fornire ai medici un numero diretto dedicato per il Servizio di sanità e igiene pubblica (Sisp) dell’Asl e, così facendo, si sono lasciati i medici a cercare di comunicare per ore, interrompendo l'assistenza, con numeri pubblicizzati sui media intasati dalle telefonate dei cittadini».   [the_ad id="62649"]   «Dalle linee guida è raccomandato ai medici di medicina generale di eseguire visite domiciliari ai pazienti sospetti e con patologia respiratoria impegnativa solo se dotati di dispositivi adeguati che fino all’altro giorno non erano ancora oggi stati forniti e che comunque non sono reperibili in commercio in modo sufficiente per coloro che volessero acquisirli autonomamente. Questo al fine non solo di tutelare i medici dal contrarre l'infezione, lasciando decine di migliaia di cittadini senza assistenza (le cure normali continuano anche in periodi di epidemia e la media dei contatti diretti o telefonici ai medici è di circa 70 persone al giorno), ma per evitare che il medico diventi a sua volta un vettore della infezione, specie verso i soggetti anziani e gravi che di solito sono quelli che maggiormente accedono ai loro ambulatori». «Il medico di base è il primo e fondamentale presidio – conclude D’Andrea - ma non è stato seguito con la dovuta competenza e collaborazione e la lettera che i medici di base hanno ricevuto è la conferma di una perlomeno scarsa conoscenza delle sue modalità di lavoro. Mandare i colleghi allo sbaraglio per non aver previsto i presidi di tutela lascia ampi dubbi sulla competenza di chi dirige l’Unità di crisi. E forse sarebbe utile inserire nella Unità di crisi anche un rappresentante degli Ordini dei medici».

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