La scuola riapre in presenza l’11 gennaio. Cosa ne pensano i dirigenti scolastici di Novara

Dopo ipotesi, valutazioni e discussioni interne all’esecutivo, il governo ha fissato per lunedì 11 gennaio il ritorno a scuola in presenza. Una decisione che è arrivata nella notte al termine di un infuocato consiglio dei ministri che ha varato anche il decreto Covid di gennaio contenente le disposizioni fino a venerdì 15. Quella di lunedì prossimo è una data di mediazione dopo ore di scontro tra il Pd che avrebbe voluto proseguire con la didattica a ditanza almeno fino al 15 gennaio. Contrari alla prosecuzione della dad i 5 Stelle, in prima fila la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, con le renziane Elena Bonetti e Teresa Bellanova, sostenute dallo stesso premier Giuseppe Conte che da giorni aveva dichiarato di voler riaprire regolarmente dal 7 gennaio.

Per questa mattina, martedì 5, il presidente della Regione Alberto Cirio aveva convocato una riunione proprio per discutere la riapertura della scuola con i rappresentanti dei territori. Nel momento in cui scriviamo non siamo in grado di dire se il vertice sarà comunque riunito, anche solo per valutare eventuali necessità o problematicità dei singoli territori.

Ma cosa pensano i dirigenti scolastici di Novara di questa scuola chiusa, socchiusa, spalancata? Lo abbiamo chiesto a tre di loro.

 

 

Francesco Ticozzi, Istituto Tecnico Industriale Statale Omar

«Per me scuola è quando ci sono i ragazzi, ma servono garanzie. Il 50% di presenza direi che è una idea plausibile, un numero che ci consente di tornare a scuola in sicurezza, altrimenti sarebbe rischioso: dal 13 dicembre, quando il Piemonte è diventato zona gialla abbiamo un po’ perso il controllo delle “utenze” e in questo caso parlo dei nostri alunni, potrebbero aver partecipato a cene, a momenti di condivisione, aver fatto visita a parenti e per questo mi aspetto già le telefonate giovedì 7 gennaio quando i famigliari comunicheranno che il figlio è a casa con il virus». Il preside commenta i numeri dei contagi: «Sono saliti, ma credo anche sia normale, con la zona gialla si è dato il permesso a tutti di poter effettuare le varie compere, – dice – una situazione più chiara avverrà fra una decina di giorni».

Il preside Ticozzi non si dice preoccupato: «Non lo sono, staremo ancora più attenti di prima. Alcuni problemi ci sono, vedi i trasporti, segnalati più volte da noi scuole, ma io per esempio posso dare un giudizio, ma non ho la parola per decidere. Per me scuola è quando ci sono i ragazzi, ma servono garanzie. Abbiamo lavorato un’estate per una certa organizzazione, poi è stata modificata, le idee cambiano troppo velocemente e diventa difficile per noi presidi poterci organizzare al meglio, ma diamo il massimo. La scuola è un ambiente sicuro, al di fuori non ho un “Grande fratello” per osservare cosa fanno i miei ragazzi».

E la chiusura è una riflessione: «Spesso questa situazione mi sembra più una battaglia politica che qualcosa di concreto e questo clima di incertezza non ci aiuta. Anche l’orario 10-16 è poco congeniale, lo abbiamo segnalato, perché di fatto il ragazzo che torna alle 17 a casa con che voglia riprende in mano i libri dopo una intera giornata in classe? Ma sono le regole ed è corretto rispettarle».

Sergio Botta, Liceo Classico e Linguistico Carlo Alberto

«Qualunque siano gli scenari, che tra l’altro possono cambiare da un momento all’altro, noi siamo in grado di erogare il servizio: ci organizziamo ad hoc a seconda delle esigenze perchè, al di là delle difficoltà, il nostro compito è quello di garantire un servizio didattico ed educativo. Una situazione che abbiamo sperimentato in primavera senza alcuna esperienza pregressa, ma dalla quale abbiamo avuto ottimi risultati grazie all’impegno dei docenti olte che degli studenti e delle loro famiglie che sono rimboccati le maniche. Ora siamo in grado di affrontare le sfide che ci vengono presentate: ci siamo adattati alla situazione richiesta dai vari dpcm e siamo risciti a fare scuola anche da lontano, comunque consapevoli che la presenza ha un valore non paragonabile alla distanza. Ovviamente mi auguro che si possa tornare in tempi brevi con una percentuale sempre maggiore in presenza, ma le scelte devono essere fatte dopo aver valutato i dati epidemiologici: non possiamo pensare di sostituire la scienza con i pareri di ognuno o la convenienza di qualcuno».

Vincenzo Zappia, Istituto Tecnico Agrario Bonfantini

«In questo momento è difficile esprimere un’opinione netta. Piuttosto rifletterei su chi dice che le scuole non sono veicolo di contagio: questo non è vero perchè, per quanto tutti gli istituti abbiano cercato di organizzarsi per limitare al massimo i contatti, la scuola è comuqnue una forma di aggregrazione. Chiudere completamente non si può ma anche il 75% di presenza in questo momento sarebbe troppo rischioso; penso si debba lasciare libertà alle singole scuole di organizzarsi con un 25/50% a seconda delle proprie esigenze in modo che le classi possano tornare in presenza a settimane alternate integrando la didattica digitale. Bene il fatto aver permesso alle fasce deboli di poter continuare a frequentare l’ambiente scolastico; spero invece che non vengano più imposti gli ingressi con orari scaglionati in quanto creano numerosi disagi agli studenti che arrivano da territori lontani e nella nostra scuola sono la maggior parte».

Servizio di Cecilia Colli e Elena Mittino

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  1. mi chiamo cristina…e devo dire che queata situazione mi sta facendo veramente vergognare di tutto…ma e possibile la incertezza delle. regole da seguire? zona rossa oggi e gialla domani…con tutta la gente che nn capisce le regole…non ne usciamo piu. il mio parere e tutto rosso fino a quando i contagi non sono davvero bassi…ma cosi nn va bene…incertezza,indecisione, ignoranza, BASTA!…

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La scuola riapre in presenza l’11 gennaio. Cosa ne pensano i dirigenti scolastici di Novara

Dopo ipotesi, valutazioni e discussioni interne all’esecutivo, il governo ha fissato per lunedì 11 gennaio il ritorno a scuola in presenza. Una decisione che è arrivata nella notte al termine di un infuocato consiglio dei ministri che ha varato anche il decreto Covid di gennaio contenente le disposizioni fino a venerdì 15. Quella di lunedì prossimo è una data di mediazione dopo ore di scontro tra il Pd che avrebbe voluto proseguire con la didattica a ditanza almeno fino al 15 gennaio. Contrari alla prosecuzione della dad i 5 Stelle, in prima fila la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, con le renziane Elena Bonetti e Teresa Bellanova, sostenute dallo stesso premier Giuseppe Conte che da giorni aveva dichiarato di voler riaprire regolarmente dal 7 gennaio.

Per questa mattina, martedì 5, il presidente della Regione Alberto Cirio aveva convocato una riunione proprio per discutere la riapertura della scuola con i rappresentanti dei territori. Nel momento in cui scriviamo non siamo in grado di dire se il vertice sarà comunque riunito, anche solo per valutare eventuali necessità o problematicità dei singoli territori.

Ma cosa pensano i dirigenti scolastici di Novara di questa scuola chiusa, socchiusa, spalancata? Lo abbiamo chiesto a tre di loro.

 

 

Francesco Ticozzi, Istituto Tecnico Industriale Statale Omar

«Per me scuola è quando ci sono i ragazzi, ma servono garanzie. Il 50% di presenza direi che è una idea plausibile, un numero che ci consente di tornare a scuola in sicurezza, altrimenti sarebbe rischioso: dal 13 dicembre, quando il Piemonte è diventato zona gialla abbiamo un po’ perso il controllo delle “utenze” e in questo caso parlo dei nostri alunni, potrebbero aver partecipato a cene, a momenti di condivisione, aver fatto visita a parenti e per questo mi aspetto già le telefonate giovedì 7 gennaio quando i famigliari comunicheranno che il figlio è a casa con il virus». Il preside commenta i numeri dei contagi: «Sono saliti, ma credo anche sia normale, con la zona gialla si è dato il permesso a tutti di poter effettuare le varie compere, – dice – una situazione più chiara avverrà fra una decina di giorni».

Il preside Ticozzi non si dice preoccupato: «Non lo sono, staremo ancora più attenti di prima. Alcuni problemi ci sono, vedi i trasporti, segnalati più volte da noi scuole, ma io per esempio posso dare un giudizio, ma non ho la parola per decidere. Per me scuola è quando ci sono i ragazzi, ma servono garanzie. Abbiamo lavorato un’estate per una certa organizzazione, poi è stata modificata, le idee cambiano troppo velocemente e diventa difficile per noi presidi poterci organizzare al meglio, ma diamo il massimo. La scuola è un ambiente sicuro, al di fuori non ho un “Grande fratello” per osservare cosa fanno i miei ragazzi».

E la chiusura è una riflessione: «Spesso questa situazione mi sembra più una battaglia politica che qualcosa di concreto e questo clima di incertezza non ci aiuta. Anche l’orario 10-16 è poco congeniale, lo abbiamo segnalato, perché di fatto il ragazzo che torna alle 17 a casa con che voglia riprende in mano i libri dopo una intera giornata in classe? Ma sono le regole ed è corretto rispettarle».

Sergio Botta, Liceo Classico e Linguistico Carlo Alberto

«Qualunque siano gli scenari, che tra l’altro possono cambiare da un momento all’altro, noi siamo in grado di erogare il servizio: ci organizziamo ad hoc a seconda delle esigenze perchè, al di là delle difficoltà, il nostro compito è quello di garantire un servizio didattico ed educativo. Una situazione che abbiamo sperimentato in primavera senza alcuna esperienza pregressa, ma dalla quale abbiamo avuto ottimi risultati grazie all’impegno dei docenti olte che degli studenti e delle loro famiglie che sono rimboccati le maniche. Ora siamo in grado di affrontare le sfide che ci vengono presentate: ci siamo adattati alla situazione richiesta dai vari dpcm e siamo risciti a fare scuola anche da lontano, comunque consapevoli che la presenza ha un valore non paragonabile alla distanza. Ovviamente mi auguro che si possa tornare in tempi brevi con una percentuale sempre maggiore in presenza, ma le scelte devono essere fatte dopo aver valutato i dati epidemiologici: non possiamo pensare di sostituire la scienza con i pareri di ognuno o la convenienza di qualcuno».

Vincenzo Zappia, Istituto Tecnico Agrario Bonfantini

«In questo momento è difficile esprimere un’opinione netta. Piuttosto rifletterei su chi dice che le scuole non sono veicolo di contagio: questo non è vero perchè, per quanto tutti gli istituti abbiano cercato di organizzarsi per limitare al massimo i contatti, la scuola è comuqnue una forma di aggregrazione. Chiudere completamente non si può ma anche il 75% di presenza in questo momento sarebbe troppo rischioso; penso si debba lasciare libertà alle singole scuole di organizzarsi con un 25/50% a seconda delle proprie esigenze in modo che le classi possano tornare in presenza a settimane alternate integrando la didattica digitale. Bene il fatto aver permesso alle fasce deboli di poter continuare a frequentare l’ambiente scolastico; spero invece che non vengano più imposti gli ingressi con orari scaglionati in quanto creano numerosi disagi agli studenti che arrivano da territori lontani e nella nostra scuola sono la maggior parte».

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