«La solitudine uccide più del Covid». La Casa di giorno lavora da lontano

«La solitudine uccide più del Covid». Lo afferma, e a ben ragione, la direttrice della Casa di giorno, Valentina Piantanida. Il centro per anziani, che la scorsa estate dalla sede storica di via Tornielli si era trasferita al piano terra dell’ex seminario, ora si trova a dover fare i conti con un nuovo lockdown e con tutti i problemi che ne conseguono.

«Durante la primavera siamo rimasti spiazzati – prosegue Piantanida – ora siamo un po’ più preparati e sappiamo su cosa puntare.  In questo periodo, non potendosi incontrare, proseguono le telefonate dei volontari ai nostri anziani. Prima della chiusura, abbiamo distribuito un libro con cento schede di attività, però tutto questo non può sostituire il lavoro che si fa insieme. Avevamo già in programma una serie di uscite in piccoli gruppi tra cinema, teatro, mostre e fit walking, ma poi siamo stati costretti a sospendere tutto di nuovo».

 

 

La Casa di giorno si ritrova, quindi, un’altra volta a lavorare da lontano: «Siamo in contatto con i nostri anziani anche grazie al supporto delle famiglie – prosegue la direttrice – però non possiamo scaricare su di loro tutta la responsabilità. Abbiamo così inviato un questionario per capire quali fossero le loro esigenze: stiamo lavorando sulle risposte anche per comprendere meglio quali tra gli utenti abbiamo voglia di imparare un po’ di tecnologia: su 53, infatti, solo 3 sono capaci di utilizzare lo smartphone. Purtroppo la prima pandemia ha dimezzato la frequenza e molti di loro hanno avuto un decadimento psicofisico: non vogliamo che succeda ancora o quanto meno cerchiamo di fare in modo che il fenomeno venga arginato restando in contatto e fidelizzandoli».

Ma i problemi non finiscono qui perchè la Casa di giorno continua a essere in cerca di una nuova sede in quanto quella storica non è più in grado di rispondere alle nuove esigenze per problemi di spazio: «Abbiamo lanciato un appello – continua Piantanida – e il Cda sta lavorando per cercare di superare i limiti strutturali: per il momento restiamo in attesa e proseguiamo l’attività creando percorsi di formazione per i volontari e lavorando a un nuovo concetto di socialità. Il momento è tragico in modo particolare per gli anziani che sono la categoria più colpita e che, dunque, va maggiormente tutelata».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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0 risposte

  1. Come volontaria della Casa di giorno Don Aldo Mercoli plaudo alla progettualità e caparbietà della nostra direttrice Valentina Pianranida
    Ce ne vorrebbero altri che portassero avanti il problema degli anziani

    Ma gli altri parlano e non agiscono

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«La solitudine uccide più del Covid». La Casa di giorno lavora da lontano

«La solitudine uccide più del Covid». Lo afferma, e a ben ragione, la direttrice della Casa di giorno, Valentina Piantanida. Il centro per anziani, che la scorsa estate dalla sede storica di via Tornielli si era trasferita al piano terra dell’ex seminario, ora si trova a dover fare i conti con un nuovo lockdown e con tutti i problemi che ne conseguono.

«Durante la primavera siamo rimasti spiazzati – prosegue Piantanida – ora siamo un po’ più preparati e sappiamo su cosa puntare.  In questo periodo, non potendosi incontrare, proseguono le telefonate dei volontari ai nostri anziani. Prima della chiusura, abbiamo distribuito un libro con cento schede di attività, però tutto questo non può sostituire il lavoro che si fa insieme. Avevamo già in programma una serie di uscite in piccoli gruppi tra cinema, teatro, mostre e fit walking, ma poi siamo stati costretti a sospendere tutto di nuovo».

 

 

La Casa di giorno si ritrova, quindi, un’altra volta a lavorare da lontano: «Siamo in contatto con i nostri anziani anche grazie al supporto delle famiglie – prosegue la direttrice – però non possiamo scaricare su di loro tutta la responsabilità. Abbiamo così inviato un questionario per capire quali fossero le loro esigenze: stiamo lavorando sulle risposte anche per comprendere meglio quali tra gli utenti abbiamo voglia di imparare un po’ di tecnologia: su 53, infatti, solo 3 sono capaci di utilizzare lo smartphone. Purtroppo la prima pandemia ha dimezzato la frequenza e molti di loro hanno avuto un decadimento psicofisico: non vogliamo che succeda ancora o quanto meno cerchiamo di fare in modo che il fenomeno venga arginato restando in contatto e fidelizzandoli».

Ma i problemi non finiscono qui perchè la Casa di giorno continua a essere in cerca di una nuova sede in quanto quella storica non è più in grado di rispondere alle nuove esigenze per problemi di spazio: «Abbiamo lanciato un appello – continua Piantanida – e il Cda sta lavorando per cercare di superare i limiti strutturali: per il momento restiamo in attesa e proseguiamo l’attività creando percorsi di formazione per i volontari e lavorando a un nuovo concetto di socialità. Il momento è tragico in modo particolare per gli anziani che sono la categoria più colpita e che, dunque, va maggiormente tutelata».

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