L’abbraccio della città al suo vescovo emerito

Novara e la sua comunità diocesana, questa mattina in Duomo, hanno dato l’ultimo saluto al  vescovo emerito Renato Corti, spentosi martedì scorso a Rho presso il Collegio degli Oblati dei Santi Ambrogio e Carlo all’età di 84 anni. Insistiamo anche noi unicamente sul suo titolo vescovile, come è stato più volte evidenziato del corso della cerimonia funebre, perché tale era per i novaresi, così come per i parrocchiani della sua nativa Galbiate e non solo, era rimasto semplicemente “don Renato”. La sua creazione a cardinale presbitero da parte di papa Francesco nel Concistoro del novembre di quattro anni fa è stata vista come un’appendice. Non un titolo onorifico, ma comunque un giusto riconoscimento per una lunga attività svolta al servizio della Chiesa.

In una Cattedrale dove sono state rispettate tutte le misure di sicurezza, la cerimonia è stata comunque suggestiva. Diversi i messaggi pervenuti, da quello del sommo pontefice a quelli dei suoi collaboratori, che hanno permesso ai presenti di conoscere alcuni aspetti più “intimi” del cardinale Corti.

 

 

Nella sua omelia il vescovo monsignor Franco Giulio Brambilla, suo successore sulla cattedra di San Gaudenzio, ne ha tratteggiato una figura di «maestro spirituale», mentre il suo operato può essere in qualche modo riassunto proprio nel messaggio inviato da papa Bergoglio, che di Corti ha parlato come testimone di un «genuino amore per una missione che ha esercitato con tanta generosità» negli oltre vent’anni trascorsi alla guida della Diocesi di Novara. Ma non solo. La profonda spiritualità di Renato Corti è emersa anche conoscendo alcuni passaggi di un quello che possiamo considerare un vero e «proprio testamento spirituale che ha voluto lasciarci» e il suo impegno della diffusione del Vangelo e verso alcune iniziative alle quali ha dedicato profondo impegno, come quello della causa di beatificazione di Antonio Rosmini.

Al termine delle esequie il cardinale Corti, come da suo espresso desiderio (contenuto in una postilla del 2017 del suo testamento spirituale), è stato tumulato in Duomo, nella cripta dei vescovi. Quasi a evidenziare quel profondo legame con Novara e la sua comunità. La Chiesa novarese era diventata la sua “sposa” e questo legame non poteva essere reciso e ora appartiene alla storia.

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Luca Mattioli

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L’abbraccio della città al suo vescovo emerito

Novara e la sua comunità diocesana, questa mattina in Duomo, hanno dato l’ultimo saluto al  vescovo emerito Renato Corti, spentosi martedì scorso a Rho presso il Collegio degli Oblati dei Santi Ambrogio e Carlo all’età di 84 anni. Insistiamo anche noi unicamente sul suo titolo vescovile, come è stato più volte evidenziato del corso della cerimonia funebre, perché tale era per i novaresi, così come per i parrocchiani della sua nativa Galbiate e non solo, era rimasto semplicemente “don Renato”. La sua creazione a cardinale presbitero da parte di papa Francesco nel Concistoro del novembre di quattro anni fa è stata vista come un’appendice. Non un titolo onorifico, ma comunque un giusto riconoscimento per una lunga attività svolta al servizio della Chiesa.

In una Cattedrale dove sono state rispettate tutte le misure di sicurezza, la cerimonia è stata comunque suggestiva. Diversi i messaggi pervenuti, da quello del sommo pontefice a quelli dei suoi collaboratori, che hanno permesso ai presenti di conoscere alcuni aspetti più “intimi” del cardinale Corti.

 

 

Nella sua omelia il vescovo monsignor Franco Giulio Brambilla, suo successore sulla cattedra di San Gaudenzio, ne ha tratteggiato una figura di «maestro spirituale», mentre il suo operato può essere in qualche modo riassunto proprio nel messaggio inviato da papa Bergoglio, che di Corti ha parlato come testimone di un «genuino amore per una missione che ha esercitato con tanta generosità» negli oltre vent’anni trascorsi alla guida della Diocesi di Novara. Ma non solo. La profonda spiritualità di Renato Corti è emersa anche conoscendo alcuni passaggi di un quello che possiamo considerare un vero e «proprio testamento spirituale che ha voluto lasciarci» e il suo impegno della diffusione del Vangelo e verso alcune iniziative alle quali ha dedicato profondo impegno, come quello della causa di beatificazione di Antonio Rosmini.

Al termine delle esequie il cardinale Corti, come da suo espresso desiderio (contenuto in una postilla del 2017 del suo testamento spirituale), è stato tumulato in Duomo, nella cripta dei vescovi. Quasi a evidenziare quel profondo legame con Novara e la sua comunità. La Chiesa novarese era diventata la sua “sposa” e questo legame non poteva essere reciso e ora appartiene alla storia.

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