L’ex rettore dell’Upo va in pensione: «Le mie città invisibili passano attraverso le comunità»

Cesare Emanuel, professore di Geografia economico-politica, terrà questa mattina il suo discorso di commiato con una lectio magistralis dal titolo "Le città invisibili, anticipazioni geografiche intorno a un futuro da costruire"

«Mi sono chiesto quali fossero le conseguenze dei cambiamenti contemporanei che avvengono nei sistemi urbani e territoriali, quelli che tendono alla crescita selettiva dentro le città con un arretramento delle periferie. Il dilagare dei modelli di vita urbana e di urbanizzazione ha causato la ripresa delle diseguaglianze tra le aree a discapito di quelle, quei luoghi in cui dagli anni ‘80 fino al 2000 cresceva l’Italia».

Cesare Emanuel, rettore dell’Università del Piemonte Orientale dal 2012 al 2018 e professore ordinario di Geografia economico-politica del Dipartimento di Studi per l’economia e l’impresa, questa mattina, 12 gennaio, andrà ufficialmente in pensione. E lo farà con una lectio magistralis dal titolo «Le “città invisibili”, anticipazioni geografiche intorno a un futuro da costruire» in programma alle 11 all’auditorium Gaudenzio Cattaneo al campus Perrone.

Emanuel ha dedicato gran parte della propria carriera accademica allo sviluppo e alla crescita dell’Università del Piemonte Orientale: è sotto il suo mandato durato, prima da prorettore e poi da rettore, che l’ateneo si è profondamente trasformato, diventando ciò che è oggi. Emanuel è, infatti, stato in grado di porre particolare attenzione al consolidamento dei rapporti con le istituzioni del territorio e al concetto di multicampus, un campus diffuso che ha iniziato a rafforzare il suo ruolo di faro culturale e socio-economico per il Piemonte orientale.

Cosa sono le città invisibili che danno il titolo alla sua lectio?

Le mie città sono gli esiti delle interazioni che l’Upo e le istituzioni di Novara, Vercelli e Alessandria hanno prodotto attorno al sviluppo dell’università: interazioni reciproche tra situazioni che cambiano i rapporti tra territorio e stesse città. Questo è un esempio emblematico: Novara e Vercelli possono essere considerate dal punto di vista dei rapporti come due quartieri di uno stesso nucleo. Invece dal punto di vista visibile restano due città antagoniste: questa è la visione normale che deriva da rapporti di natura storica invece stanno emergendo dei rapporti nuovi. Questa nuova organizzazione si chiama Piemonte orientale, ci sono altri modelli in Italia, sono in realtà gli esempi più emblematici a fronte di una diffusione dell’urbano su tutto il territorio: vivere a Novara o in un paesino del Monferrato dove vivo io è la stessa cosa. L’urbano ci ha contaminati, viviamo tutti nello stesso modo. A fronte di questo sono importanti le relazioni che si attivano e che fanno sì che i territori trovino nuove identità.

Ha tratto in qualche modo ispirazione dalle città invisibili di Calvino?

Diciamo che Calvino aveva capito tutto molto bene già cinquant’anni fa. Per lui la città non era solo un organismo economico, ma un luogo dove si producevano beni comuni e dove le interazioni erano legate al benessere comune.

Dunque secondo lei cosa può fare una comunità per uno sviluppo positivo della propria città?

Mai come in questo momento si sente l’esigenza di appartenere a una comunità. Ce lo dice la diffusione delle comunità virtuali, a cominciare ad esempio da quelle dei consumatori che vogliono produrre i beni che consumano. Quando una comunità non è auto-organizzazione, sta alle istituzioni che perseguono gli interessi collettivi attivarle e soddisfarle. Da rettore quando ho iniziato a intrecciare i primi rapporti con i Comuni – da dove poi è nata l’Università del Piemonte Orientale – l’intenzione era proprio a questa, legata all’accrescimento del valore del contesto aumentando la qualità e costruendo la coscienza del luogo.

Da tempo in città si è aperto il dibattito sulla vocazione logistica di Novara, tra chi la sostiene e chi la condanna. Questo non è certamente un aspetto “invisibile”.

La logistica rappresenta per Novara un nodo centrale, è una caratteristica di questo territorio. C’è solo un altro posto in Italia con la stessa peculiarità ed è Verona. Non possiamo nascondere questa vocazione posizionale, penso però una cosa e cioè: più che diventare partigiani o oppositori di questo argomento dobbiamo semmai chiederci come questo tipo di attività possa dare o meno valore aggiunto alla città. È questo l’aspetto con cui doversi confrontare: se questo è un luogo dove si carica e si ricarica e le merci non vengono ritrattate certamente il valore è molto basso, dove invece si tracciano occasioni per inserire il territorio nelle filiere produttive, allora è un bene. D’altronde nel mondo le nuove aree industriali vengono collocate nei luoghi di convergenza o nei porti.

Per lei, invece, inizierà una seconda fase professionale?

Negli ultimi due mesi lontano dalla didattica ho lavorato più di prima, dovevo terminare delle ricerche. Vedremo.

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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L’ex rettore dell’Upo va in pensione: «Le mie città invisibili passano attraverso le comunità»

Cesare Emanuel, professore di Geografia economico-politica, terrà questa mattina il suo discorso di commiato con una lectio magistralis dal titolo “Le città invisibili, anticipazioni geografiche intorno a un futuro da costruire”

«Mi sono chiesto quali fossero le conseguenze dei cambiamenti contemporanei che avvengono nei sistemi urbani e territoriali, quelli che tendono alla crescita selettiva dentro le città con un arretramento delle periferie. Il dilagare dei modelli di vita urbana e di urbanizzazione ha causato la ripresa delle diseguaglianze tra le aree a discapito di quelle, quei luoghi in cui dagli anni ‘80 fino al 2000 cresceva l’Italia».

Cesare Emanuel, rettore dell’Università del Piemonte Orientale dal 2012 al 2018 e professore ordinario di Geografia economico-politica del Dipartimento di Studi per l’economia e l’impresa, questa mattina, 12 gennaio, andrà ufficialmente in pensione. E lo farà con una lectio magistralis dal titolo «Le “città invisibili”, anticipazioni geografiche intorno a un futuro da costruire» in programma alle 11 all’auditorium Gaudenzio Cattaneo al campus Perrone.

Emanuel ha dedicato gran parte della propria carriera accademica allo sviluppo e alla crescita dell’Università del Piemonte Orientale: è sotto il suo mandato durato, prima da prorettore e poi da rettore, che l’ateneo si è profondamente trasformato, diventando ciò che è oggi. Emanuel è, infatti, stato in grado di porre particolare attenzione al consolidamento dei rapporti con le istituzioni del territorio e al concetto di multicampus, un campus diffuso che ha iniziato a rafforzare il suo ruolo di faro culturale e socio-economico per il Piemonte orientale.

Cosa sono le città invisibili che danno il titolo alla sua lectio?

Le mie città sono gli esiti delle interazioni che l’Upo e le istituzioni di Novara, Vercelli e Alessandria hanno prodotto attorno al sviluppo dell’università: interazioni reciproche tra situazioni che cambiano i rapporti tra territorio e stesse città. Questo è un esempio emblematico: Novara e Vercelli possono essere considerate dal punto di vista dei rapporti come due quartieri di uno stesso nucleo. Invece dal punto di vista visibile restano due città antagoniste: questa è la visione normale che deriva da rapporti di natura storica invece stanno emergendo dei rapporti nuovi. Questa nuova organizzazione si chiama Piemonte orientale, ci sono altri modelli in Italia, sono in realtà gli esempi più emblematici a fronte di una diffusione dell’urbano su tutto il territorio: vivere a Novara o in un paesino del Monferrato dove vivo io è la stessa cosa. L’urbano ci ha contaminati, viviamo tutti nello stesso modo. A fronte di questo sono importanti le relazioni che si attivano e che fanno sì che i territori trovino nuove identità.

Ha tratto in qualche modo ispirazione dalle città invisibili di Calvino?

Diciamo che Calvino aveva capito tutto molto bene già cinquant’anni fa. Per lui la città non era solo un organismo economico, ma un luogo dove si producevano beni comuni e dove le interazioni erano legate al benessere comune.

Dunque secondo lei cosa può fare una comunità per uno sviluppo positivo della propria città?

Mai come in questo momento si sente l’esigenza di appartenere a una comunità. Ce lo dice la diffusione delle comunità virtuali, a cominciare ad esempio da quelle dei consumatori che vogliono produrre i beni che consumano. Quando una comunità non è auto-organizzazione, sta alle istituzioni che perseguono gli interessi collettivi attivarle e soddisfarle. Da rettore quando ho iniziato a intrecciare i primi rapporti con i Comuni – da dove poi è nata l’Università del Piemonte Orientale – l’intenzione era proprio a questa, legata all’accrescimento del valore del contesto aumentando la qualità e costruendo la coscienza del luogo.

Da tempo in città si è aperto il dibattito sulla vocazione logistica di Novara, tra chi la sostiene e chi la condanna. Questo non è certamente un aspetto “invisibile”.

La logistica rappresenta per Novara un nodo centrale, è una caratteristica di questo territorio. C’è solo un altro posto in Italia con la stessa peculiarità ed è Verona. Non possiamo nascondere questa vocazione posizionale, penso però una cosa e cioè: più che diventare partigiani o oppositori di questo argomento dobbiamo semmai chiederci come questo tipo di attività possa dare o meno valore aggiunto alla città. È questo l’aspetto con cui doversi confrontare: se questo è un luogo dove si carica e si ricarica e le merci non vengono ritrattate certamente il valore è molto basso, dove invece si tracciano occasioni per inserire il territorio nelle filiere produttive, allora è un bene. D’altronde nel mondo le nuove aree industriali vengono collocate nei luoghi di convergenza o nei porti.

Per lei, invece, inizierà una seconda fase professionale?

Negli ultimi due mesi lontano dalla didattica ho lavorato più di prima, dovevo terminare delle ricerche. Vedremo.

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore