Lite in piazza con coltellate: ceranese condannato a 2 anni e 3 mesi

C.A., 47 anni, residente in paese, è stato condannato per lesioni personali aggravate

Un lite violenta, con botte, inseguimento, armi. Era la sera del 22 maggio del 2015 fa quando nella piazza di Cerano, di fronte a un bar, due uomini vennero alle mani e nel scorso della discussione spuntarono anche due coltelli. Per quei fatti C.A., 47 anni, residente in paese, è stato condannato con sentenza definitiva a 2 anni e 3 mesi di reclusione, per lesioni personali aggravate. I giudici hanno respinto l’ultimo ricorso della difesa. L’iniziale accusa di tentato omicidio era stata riqualificata alla fine delle indagini. Aveva già rimediato 2 anni di reclusione H.K. di nazionalità marocchina, oggi irreperibile: nell’aggressione ebbe la peggio perché venne ferito al torace e al braccio. Oltre che vittima era finito a sua volta imputato di lesioni ai danni dell’avversario.

La ricostruzione dei fatti era stata effettuata grazie alle testimonianze di alcuni ragazzi che quella sera assistettero ai fatti, ai carabinieri che sentirono i presenti alla lite e al medico legale che successivamente visitò il marocchino. Da quanto emerso la lite si era sviluppata in due momenti: prima i due vennero alle mani e furono separati da alcune persone; poi, quando Alferi era già salito in auto per andarsene a casa, il marocchino lo aveva raggiunto impugnando un coltello; l’italiano era sceso dall’auto e lo avrebbe affrontato, anche lui armato. La peggio per l’extracomunitario che fu raggiunto da un fendente al torace e al bicipite e riportò anche la frattura di una caviglia. Fu trovato dai carabinieri seduto, sanguinante, su una sedia all’esterno del bar; l’avversario fu rintracciato a casa.

Una ricostruzione sempre contestata dalle difese che avevano chiesto l’assoluzione: il ceranese, in particolare, aveva invocato la legittima difesa. E in aula si era giustificato dicendo che, mentre andava verso la macchina, aveva sentito delle urla alle spalle, con minacce, di morte. Quindi si era girato all’improvviso, e impugnando un coltello, aveva colpito l’altro, «ma per sbaglio».

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C.A., 47 anni, residente in paese, è stato condannato per lesioni personali aggravate

Un lite violenta, con botte, inseguimento, armi. Era la sera del 22 maggio del 2015 fa quando nella piazza di Cerano, di fronte a un bar, due uomini vennero alle mani e nel scorso della discussione spuntarono anche due coltelli. Per quei fatti C.A., 47 anni, residente in paese, è stato condannato con sentenza definitiva a 2 anni e 3 mesi di reclusione, per lesioni personali aggravate. I giudici hanno respinto l’ultimo ricorso della difesa. L’iniziale accusa di tentato omicidio era stata riqualificata alla fine delle indagini. Aveva già rimediato 2 anni di reclusione H.K. di nazionalità marocchina, oggi irreperibile: nell’aggressione ebbe la peggio perché venne ferito al torace e al braccio. Oltre che vittima era finito a sua volta imputato di lesioni ai danni dell’avversario.

La ricostruzione dei fatti era stata effettuata grazie alle testimonianze di alcuni ragazzi che quella sera assistettero ai fatti, ai carabinieri che sentirono i presenti alla lite e al medico legale che successivamente visitò il marocchino. Da quanto emerso la lite si era sviluppata in due momenti: prima i due vennero alle mani e furono separati da alcune persone; poi, quando Alferi era già salito in auto per andarsene a casa, il marocchino lo aveva raggiunto impugnando un coltello; l’italiano era sceso dall’auto e lo avrebbe affrontato, anche lui armato. La peggio per l’extracomunitario che fu raggiunto da un fendente al torace e al bicipite e riportò anche la frattura di una caviglia. Fu trovato dai carabinieri seduto, sanguinante, su una sedia all’esterno del bar; l’avversario fu rintracciato a casa.

Una ricostruzione sempre contestata dalle difese che avevano chiesto l’assoluzione: il ceranese, in particolare, aveva invocato la legittima difesa. E in aula si era giustificato dicendo che, mentre andava verso la macchina, aveva sentito delle urla alle spalle, con minacce, di morte. Quindi si era girato all’improvviso, e impugnando un coltello, aveva colpito l’altro, «ma per sbaglio».

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