La loro bimba era nata in Ucraina con la maternità surrogata, ammessa per legge in quello stato, e la loro storia era venuta alla luce quando la piccola, nel novembre 2021, era stata riportata in Italia grazie al consolato: i due genitori l’avevano inizialmente affidata a una baby sitter, pagata, poi non avrebbero più mandato i soldi e la bambinaia aveva deciso di rivolgersi alle autorità.
A distanza di un anno e mezzo per quella vicenda, passata alla ribalta mediatica, il gup di Novara ha rinviato a giudizio il padre biologico della bimba, che oggi ha due anni e mezzo. L’accusa è di abbandono di minore e il processo sarà a luglio. La procura aveva indagato per lo stesso reato anche la moglie, in concorso, ma la posizione della donna è stata archiviata dal giudice, che ritiene non ci siano elementi per andare a processo. La sentenza potrebbe essere impugnata dai pm.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la coppia novarese aveva deciso di coronare il sogno di avere un figlio facendolo nascere all’estero, pagando un utero in affitto in Ucraina. Il test del Dna, sollecitato dalla coppia, aveva dimostrato che il novarese era il vero padre, nonostante la coppia avesse avanzato dei dubbi. Preso atto della prova scientifica, la piccola era stata legalmente riconosciuta e affidata a una balia. Poi però la coppia non si era fatta più sentire, e la donna ucraina, non potendosi permettere di crescere un altro bambino (aveva infatti già un figlio adolescente) è andata al consolato italiano di Kiev raccontando la storia. Si è messo in moto l’attività di rimpatrio della piccola, italiana a tutti gli effetti. Ma poi, verificato che i genitori non volevano più tenerla con loro, è stata avviata la procedura per l’affidamento a un’altra famiglia piemontese, e l’adozione. E nel frattempo è stato anche aperto il procedimento penale per l’abbandono.