Dodici misure cauterali in carcere e altri undici denunce sono state eseguite questa mattina al termine di una vasta operazione della Polizia di Stato che ha messo fine a un’attività di spaccio di sostanze stupefacenti portata avanti principalmente nella città di Novara e con ramificazioni nelle province di Torino e Milano.
Tutte le misure a carico di soggetti di nazionalità italiana, albanese e marocchina sono state emesse dal Tribunale di Novara su richiesta della locale Procura della Repubblica. In particolare, sono state eseguite quattro custodie cautelari in carcere, tre arresti domiciliari e cinque obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria per un totale di ventitré perquisizioni.
Nel corso della stessa attività di indagine sono stati eseguiti cinque arresti in flagranza di reato, con il sequestro di oltre 14 chilogrammi di marijuana, 300 grammi di cocaina e 1 chilogrammo di hashish e oltre 9.000 euro in contanti. Nei confronti di questi ultimi arrestati persistono ancora alcune misure cautelari, gli arresti domiciliari per un indagato e un obbligo di dimora notturno per un secondo.
Nell’esecuzione di una delle perquisizioni, nei confronti di due degli indagati si è proceduto all’arresto in flagranza, in quanto trovati in possesso di circa 100 grammi di cocaina, 700 grammi di hashish, 100 grammi di marijuana, con tutta la strumentazione necessaria alla preparazione delle singole dosi: il bilancino di precisione per il peso, il taglierino per preparare le dosi e la plastica per il confezionamento per le successive cessioni. Sono stati inoltre sequestrati circa 25.000 mila euro in contanti.
L’attività di indagine condotta dalla Squadra Mobile ha avuto inizio nel giugno 2021 e trae origine da un precedente arresto in flagranza di reato, avvenuto alcuni mesi prima. In quella occasione erano emersi dei dettagli che avevano richiamato l’attenzione degli investigatori, che avevano capito che il soggetto arrestato poteva essere inserito in una più ampio contesto criminale, sia per la tipologia di sostanza stupefacente, cocaina purissima, sia per i contatti che doveva necessariamente avere per ottenere quella tipologia di sostanza.
Quelli che erano sospetti, man mano nel corso dell’indagine, lo sviluppo delle iniziali ipotesi investigative hanno poi permesso di aggiungere altri elementi per contestare una avviata attività di spaccio condotta con modalità professionali, adottando delle cautele, anche negli spostamenti, indicative di modalità operative nel portare avanti l’attività di spaccio certamente consolidate, indice di una certa “professionalità” nel commettere certi reati.
Le figure di spicco della presente indagine hanno a carico dei precedenti specifici, e nonostante il pregresso hanno continuato nella loro attività delittuosa. Questi, anziché abbandonare le attività illecite, hanno elevato la loro capacità nel delinquere con una spiccata attitudine nel gestire i traffici delittuosi, utilizzando stratagemmi per cercare di eludere eventuali attività investigative.
Dalle indagini è emerso che, nella rete di spaccio, vi erano alcuni soggetti, in particolare M.M.30 anni, R.P. 33 anni, L.R. 40 anni, G.D. 34 anni, che movimentavano ingenti quantità di cocaina, hashish e marijuana, ogni mese, fino a 20/30 kg di marijuana e fino a un chilo di cocaina e che riuscivano a trarre come profitto ingenti guadagni tanto da garantire una vita ben oltre le loro possibilità economiche ed erano ritenuti dei punti di riferimento per gli altri spacciatori novaresi.
Nella ricostruzione dell’attività di spaccio cittadino, infatti, è stato possibile individuare vari soggetti che si sarebbero approvvigionati di sostanza stupefacente dai “principali” indagati, per poi gestire a loro volta, lo spaccio in maniera autonoma, evidenziandosi così un sistema di cessioni “a cascata”, che vedeva coinvolte numerose persone che, attratti da facili guadagni, avrebbero acquistato la droga e divenivano a loro volta spacciatori. Il traffico illegale diventava così fonte reddituale talvolta utilizzata per soddisfare dei vizi ma altre volte come unico mezzo di sostentamento di nuclei familiari, avendo alcuni indagati lasciato il proprio posto di lavoro per dedicarsi a tempo pieno al traffico di sostanze stupefacenti.