Minacce e cinghiate al figlio della compagna: condannato a 3 anni e mezzo

tribunale il caldo
La difesa aveva chiesto la derubricazione ad abuso dei mezzi di correzione

«Devi cambiare atteggiamento, altrimenti ti sbatto fuori casa». Questa soltanto una delle minacce che nel corso del tempo l’uomo aveva rivolto al ragazzino, figlio della compagna. Non erano mancati insulti pesanti e percosse, una volta anche con una cintura. La vittima li aveva raccontati in incidente probatorio durante le indagini della Procura, confermando un clima di vessazioni casalinghe e paura.

Per quei fatti il novarese A.R., 43 anni, è stato condannato a 3 anni e mezzo di reclusione per maltrattamenti, così come chiesto dal pubblico ministero. Il difensore dell’imputato aveva parlato di un quadro famigliare piuttosto complicato, una famiglia «allargata», in cui non si capiva bene se l’autore di alcune delle presunte vessazioni fosse perfino il padre del ragazzo, ragazzo particolarmente disubbidiente anche con la madre e non solo con il compagno di lei, e che era rimproverato perché passava tutto il suo tempo davanti alla tv e alla play station.

La difesa, ammesso che vi fossero minacce e punizioni, aveva chiesto almeno la derubricazione del più grave reato di maltrattamenti in quello di «abuso dei mezzi di correzione». E’ scontato l’appello.

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Minacce e cinghiate al figlio della compagna: condannato a 3 anni e mezzo

La difesa aveva chiesto la derubricazione ad abuso dei mezzi di correzione

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«Devi cambiare atteggiamento, altrimenti ti sbatto fuori casa». Questa soltanto una delle minacce che nel corso del tempo l’uomo aveva rivolto al ragazzino, figlio della compagna. Non erano mancati insulti pesanti e percosse, una volta anche con una cintura. La vittima li aveva raccontati in incidente probatorio durante le indagini della Procura, confermando un clima di vessazioni casalinghe e paura.

Per quei fatti il novarese A.R., 43 anni, è stato condannato a 3 anni e mezzo di reclusione per maltrattamenti, così come chiesto dal pubblico ministero. Il difensore dell’imputato aveva parlato di un quadro famigliare piuttosto complicato, una famiglia «allargata», in cui non si capiva bene se l’autore di alcune delle presunte vessazioni fosse perfino il padre del ragazzo, ragazzo particolarmente disubbidiente anche con la madre e non solo con il compagno di lei, e che era rimproverato perché passava tutto il suo tempo davanti alla tv e alla play station.

La difesa, ammesso che vi fossero minacce e punizioni, aveva chiesto almeno la derubricazione del più grave reato di maltrattamenti in quello di «abuso dei mezzi di correzione». E’ scontato l’appello.

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