Momo, non versa al Comune gli incassi dei buoni pasto. Negoziante condannato per peculato

Inutile il ricorso in Cassazione della difesa. La denuncia risale al 2019

Poco più che 43 mila euro di «buoni pasto». Questa la somma incassata regolarmente che il negoziante, qualche anno fa, non aveva poi versato alle casse comunali. Aveva poi ammesso di avere problemi economici, ingenti spese di ristrutturazione. Ora, però, dovrà restituirla. E quell’appropriazione indebita è costata a G.P., 57 anni, residente a Cameri e titolare della edicola cartolibreria a Momo, la condanna definitiva a 2 anni e 8 mesi di reclusione per peculato. La sua condotta illecita, secondo i giudici, era avvenuta nell’esercizio di una funzione pubblica, quella di riscossione del contributo. Inutile il ricorso in Cassazione della difesa, che chiedeva di annullare la condanna in considerazione del fatto che l’imputato aveva svolto una mera prestazione d’opera, senza qualifiche pubbliche o poteri tipici dell’amministrazione, in sostanza un’attività di tipo privatistico. Di diverso parere la magistratura.

A far partire il processo la denuncia presentata nell’ottobre 2019 dall’allora sindaco di Momo, Sabrina Faccio, ai carabinieri del paese. Proprio la giunta, una volta eletta nel maggio di quell’anno, aveva deciso di mettere in ordine alcuni settori e rafforzare in particolare l’ufficio ragioneria, per verificare che non vi fossero situazioni in sospeso e che la contabilità fosse sistemata.

Durante l’attività ci si accorse dell’ammanco: secondo quanto contestato all’imputato, dall’ottobre 2017 fino al luglio 2019 non aveva versato in Comune quanto riscosso tramite il servizio di ricarica buoni mensa elettronici per la ristorazione scolastica dei bambini in paese. Il sistema ricarica il servizio con un codice utente in negozio, poi entro un certo limite di tempo il commerciante, che secondo la procura nel caso in esame riveste la qualifica di «incaricato di pubblico servizio», deve girare il tutto nelle casse dell’ente, in base a una convenzione stipulata fra privato e Comune. Nelle settimane successive la scoperta, dal municipio si era fatta presente la situazione al negoziante, che però non aveva provveduto alla restituzione delle somme, procurandosi così un vantaggio economico ingiusto. Il sindaco si era quindi vista costretta a recarsi in caserma dai carabinieri, calcolata una mancanza di 43.336 euro nelle casse.

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