«Non sappiamo se Ahmad sia ancora vivo. Questa situazione è inaccettabile»

«Non sappiamo se Ahmad sia ancora vivo o meno. Non abbiamo informazioni provenienti dalla prigione, non abbiamo alcuna informazione dall’avvocato. Questa è una situazione del tutto inaccettabile».

A parlare è Luca Ragazzoni, cooridnatore del Crimedim, che da sempre si è battuto per la liberazione di Ahamdreza Djalali, il ricercatore iraniano-svedese fatto prigioneri dal governo di Teheran. E’ dal 24 novembre, infatti, che si sono interrotte le comunicazioni con Djalali; da quel giorno è stato trasferito nel carcere di Evin, a nord di Teheran, per essere giustiziato. Un’esecuzione che è stata rinviata più volte, ma di fatto di lui non si hanno più informazioni.

«Il 24 Ahmad ha parlato con la moglie prima di entrare in isolamento dicendo che sarebbe stato giustiziato il giorno dopo  – prosegue Ragazzoni – dobbiamo agire subito per alleviare questo dolore».

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«Non sappiamo se Ahmad sia ancora vivo. Questa situazione è inaccettabile»

«Non sappiamo se Ahmad sia ancora vivo o meno. Non abbiamo informazioni provenienti dalla prigione, non abbiamo alcuna informazione dall’avvocato. Questa è una situazione del tutto inaccettabile».

A parlare è Luca Ragazzoni, cooridnatore del Crimedim, che da sempre si è battuto per la liberazione di Ahamdreza Djalali, il ricercatore iraniano-svedese fatto prigioneri dal governo di Teheran. E’ dal 24 novembre, infatti, che si sono interrotte le comunicazioni con Djalali; da quel giorno è stato trasferito nel carcere di Evin, a nord di Teheran, per essere giustiziato. Un’esecuzione che è stata rinviata più volte, ma di fatto di lui non si hanno più informazioni.

«Il 24 Ahmad ha parlato con la moglie prima di entrare in isolamento dicendo che sarebbe stato giustiziato il giorno dopo  – prosegue Ragazzoni – dobbiamo agire subito per alleviare questo dolore».

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