Novara continua a restare con il fiato sospeso per la sorte di Ahmad Djalali, il ricercatore universitario detenuto dal 2016 in una prigione iraniana con l’accusa di spionaggio. La scorsa settimana l’agenzia Isna aveva diramato la notizia secondo la quale Djalali sarebbe stato giustiziato entro il 21 maggio.
Dopo il sit-in di martedì 10, i suoi ex colleghi del Crimedim dell’università del Piemonte Orientale continuano a sperare: «A oggi non abbiamo novità – afferma Luca Ragazzoni, coordinatore scientifico del Crimedim -. Sentiamo quotidianamente la moglie Vida e l’unica notizia è che Ahmad non sta bene e più volte è stato ricoverato in ospedale per problemi gastrici. In questi giorni, con la ripresa del master in Medicina dei disastri, ne parleremo agli studenti sperando che qualcuno di loro possa darci una mano».
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La mobilitazione novarese per Ahmad Djalali: «Non perdiamo la speranza»
Nel 2017 Djalali è stato condannato a morte dopo essere stato accusato di avere fornito informazioni all’intelligence israeliana riguardante il programma nucleare iraniano. Più volte è stata annunciata al sua esecuzione e le notizie circa le sue condizioni di salute sono sempre state frammentarie.