Novara contro la violenza sulle donne: in questura nasce la nuova Sala rosa, ovvero uno spazio dedicato alla prima accoglienza delle vittime delle violenze di genere che scelgono di denunciare. Un momento cruciale e allo stesso tempo molto delicato, che permette a queste persone di essere inserite nella rete di protezione. Che per molte significa essere tolte dal luogo in cui avvengono le violenze, ovvero la propria casa. Un percorso in cui vengono inseriti anche figli e parenti conviventi, grazie alla collaborazione fra istituzioni pubbliche e privato sociale.
«A Novara abbiamo due tipologie di strutture di accoglienza, in cui al momento stiamo ospitando 17 persone fra donne e figli – spiega Elia Impaloni, presidente della Cooperativa sociale Liberazione e speranza – Disponiamo di due case di prima accoglienza, in cui le donne vengono inserite nel momento dell’emergenza con assistenza 24 ore su 24 e vivono in situazione di condivisione. A queste si aggiungono gli appartamenti del progetto Casa Serena, sparsi in diversi quartieri, pensati per accogliere nuclei familiari o donne singole abbinate in piccoli gruppi, per una convivenza più “normale”. A queste realtà approdano quando il rischio si attenua».
Il progetto Casa Serena, cofinanziato da Fondazione Comunità del Novarese, nasce nel 2017 «su stimolo dell’allora procuratrice Marilinda Mineccia, che ci aveva chiesto esplicitamente di fare qualcosa per evitare che le donne che avevano sporto denuncia tornassero a casa con mariti o compagni violenti – spiega Impaloni – La convivenza prolungata in un contesto di totale condivisione, infatti, può rappresentare una criticità per persone che fino al momento delle denuncia, violenze a parte, avevano condotto una vita normale. È facile comprendere che si senta il bisogno di maggiore privacy per ricostruirsi la propria vita, una volta che decade il pericolo di essere trovate dall’uomo che hanno denunciato. Ed è fondamentale che queste donne siano e restino convinte che non devono farsi trovare».
Questo, dunque, è un secondo momento cruciale nel percorso necessario per voltare completamente pagina. «E c’è anche chi, grazie a questa situazione di convivenza più raccolta, ha stretto legami molto forti. Penso ad esempio al caso di due donne che sono uscite dal progetto e hanno deciso di andare a vivere insieme da coinquiline – racconta la presidente di Liberazione e speranza – È un momento di riscatto molto importante, in cui bisogna firmare il contratto di locazione ed è necessario dimostrare di avere uno stipendio. Avere a fianco un’amica è qualcosa che ha dato forza e sostegno a entrambe».
Casa Serena ha iniziato con le prime accoglienze sporadiche nel 2018, per poi ricevere un numero sempre maggiore di richieste d’aiuto. Ma come ci si arriva, al di là della denuncia? «La donna viene collocata nella struttura d’emergenza del luogo in cui chiede aiuto – spiega Impaloni – Successivamente è il suo Comune di residenza a farsi carico della retta per vitto e alloggio. A volte questa scelta può comportare il fatto di dover andare a vivere in un luogo diverso da quello in cui si è vissuto fino a quel momento. Per alcune donne è difficile rinunciare al proprio lavoro, specie se è precario. La verità è che devono darsi delle priorità: cambiare indirizzo o rischiare la vita. Ma il Welfare le può aiutare – sottolinea – Devono fidarsi e aggrapparsi con forza per iniziare un sistema di vita nuovo, che le renderà libere e serene».
Per sostenere Casa Serena Liberazione e speranza e la compagnia teatrale La Ribalta hanno organizzato due serate a teatro: il 26 e il 27 novembre al teatro MP di viale Giulio Cesare 378 va in scena la commedia di Aristofane “Lisistrata” (leggi qui).
Inoltre, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, i punti vendita Conad del territorio distribuiranno delle mascherine gratuite messe a disposizione da Liberazione e speranza con all’interno il numero telefonico diretto a disposizione di chi ha bisogno d’aiuto.