«Novara e Trecate città-dormitorio delle schiave del sesso, vittime della tratta. Il rischio è che lo stiano diventando – spiega la presidente di Liberazione e Speranza, Elia Impaloni – per donne che poi si spostano per raggiungere la loro piazzola. Così come faceva la ragazza uccisa la scorsa primavera».
Il riferimento è all’omicidio di cui è rimasta vittima Tunde Blessing, trovata morta nel maggio scorso in un campo a Mazzo di Rho (leggi qui), strangolata con le treccine della parrucca che indossava. La 25enne nigeriana, infatti, viveva in un appartamento del condominio Santa Lucia di corso Milano 19. Al momento il suo è ancora un delitto irrisolto.
Anche se «buona parte del fenomeno si è spostato nelle case, complice anche il lockdown – riferisce Impaloni – Dall’ultima mappatura, che effettuiamo ogni 3-4 mesi per poi comunicare i dati per la fotografia nazionale, nel novarese ci risultano attive su strada sei persone».
Spesso portate in Italia con l’inganno, queste donne vivono prima il dramma delle migrazioni e dei viaggi della speranza per varcare il Mediterraneo, per poi ritrovarsi prede di sfruttatori e di clienti. Anche questa è una chiara forma di violenza sulle donne. Per certi versi anche aggravata dal fatto che queste ragazze sono fondamentalmente tenute in ostaggio e in totale controllo da parte di altre donne, ovvero le madame che le gestiscono.
Ma c’è anche chi riesce a uscire da queste situazioni. Attualmente nelle case di accoglienza e protezione gestite da Liberazione e speranza ce ne sono una cinquantina, diverse con figli al seguito. «La stragrande maggioranza di queste donne trova il coraggio di uscirne quando resta incinta – spiega Impaloni – Molti dei bimbi che ospitiamo sono nati quando le madri erano già in accoglienza. Durante il lockdown abbiamo assistito a ben 12 nascite ed è stato un momento di grande gioia per tutti noi».