Nozze combinate, nigeriano novarese indagato in Campania

Secondo quanto verificato dagli inquirenti, il modus operandi era sempre lo stesso: far sposare l’immigrato clandestino con una italiana o uno straniera già residente nel nostro Paese

C’è anche un nigeriano di 47 anni residente a Novara fra gli indagati dalla procura di Santa Maria Capua Vetere nel Casertano sul fenomeno delle nozze combinate per aggirare le norme sull’immigrazione. L’uomo ha ricevuto l’avviso formale di conclusione dell’inchiesta, atto che precede la richiesta di rinvio a giudizio e il processo. Con lui ci sono altri 48 indagati.

Secondo quanto verificato dagli inquirenti, il modus operandi era sempre lo stesso: far sposare l’immigrato clandestino con una italiana o uno straniera già residente nel nostro Paese. Anche l’obiettivo era per tutti uguale: favorire l’ingresso di extracomunitari e regolarizzare la loro presenza. Un vero e proprio business, con un giro d’affari da migliaia di euro.

I fatti sono piuttosto datati, risalenti al periodo fra il 2013 e il 2015. Per ricostruire le varie posizioni è servito un lungo lavoro di analisi delle varie certificazioni. Si è partiti da precedenti analoghe inchieste. Anomalo, agli occhi degli investigatori, era sembrato il fatto che molti stranieri, per lo più africani di Algeria, Nigeria, Marocco, risultavano mariti di donne residenti in Campania pur abitando in altre parti del Paese, come nel caso del nigeriano novarese. E’ stato così possibile verificare che dietro a tutto questo c’era in realtà una sorta di truffa.

Il gruppo, così sarebbe emerso, era perfettamente a conoscenza dell’iter burocratico e in grado di creare tutta la documentazione necessaria. Per raggiungere il proprio scopo reclutava uomini o donne, ovviamente celibi o nubili e generalmente in disperate condizioni economiche, che si prestavano a svolgere la funzione di «marito» o «moglie»dietro un compenso adeguato, in genere sui 2-3 mila euro. In realtà non avevano alcun rapporto fra le persone coinvolte nelle nozze; anzi, spesso un coniuge non sapeva nemmeno chi fosse l’altro.

Poco dopo il matrimonio veniva presentata domanda di ricongiungimento, contenente una falsa dichiarazione circa la necessità di ricomporre un nucleo famigliare in realtà inesistente, ottenendo così il rilascio del permesso di soggiorno. Poiché per molti finti sposi è stato ritenuto sussistente il dolo, cioè la consapevolezza che ciò stavano facendo era illecito, è stata contestata la violazione delle norme sull’immigrazione. E’ il reato di cui è accusato anche il 47enne residente a Novara.

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Secondo quanto verificato dagli inquirenti, il modus operandi era sempre lo stesso: far sposare l’immigrato clandestino con una italiana o uno straniera già residente nel nostro Paese

C’è anche un nigeriano di 47 anni residente a Novara fra gli indagati dalla procura di Santa Maria Capua Vetere nel Casertano sul fenomeno delle nozze combinate per aggirare le norme sull’immigrazione. L’uomo ha ricevuto l’avviso formale di conclusione dell’inchiesta, atto che precede la richiesta di rinvio a giudizio e il processo. Con lui ci sono altri 48 indagati.

Secondo quanto verificato dagli inquirenti, il modus operandi era sempre lo stesso: far sposare l’immigrato clandestino con una italiana o uno straniera già residente nel nostro Paese. Anche l’obiettivo era per tutti uguale: favorire l’ingresso di extracomunitari e regolarizzare la loro presenza. Un vero e proprio business, con un giro d’affari da migliaia di euro.

I fatti sono piuttosto datati, risalenti al periodo fra il 2013 e il 2015. Per ricostruire le varie posizioni è servito un lungo lavoro di analisi delle varie certificazioni. Si è partiti da precedenti analoghe inchieste. Anomalo, agli occhi degli investigatori, era sembrato il fatto che molti stranieri, per lo più africani di Algeria, Nigeria, Marocco, risultavano mariti di donne residenti in Campania pur abitando in altre parti del Paese, come nel caso del nigeriano novarese. E’ stato così possibile verificare che dietro a tutto questo c’era in realtà una sorta di truffa.

Il gruppo, così sarebbe emerso, era perfettamente a conoscenza dell’iter burocratico e in grado di creare tutta la documentazione necessaria. Per raggiungere il proprio scopo reclutava uomini o donne, ovviamente celibi o nubili e generalmente in disperate condizioni economiche, che si prestavano a svolgere la funzione di «marito» o «moglie»dietro un compenso adeguato, in genere sui 2-3 mila euro. In realtà non avevano alcun rapporto fra le persone coinvolte nelle nozze; anzi, spesso un coniuge non sapeva nemmeno chi fosse l’altro.

Poco dopo il matrimonio veniva presentata domanda di ricongiungimento, contenente una falsa dichiarazione circa la necessità di ricomporre un nucleo famigliare in realtà inesistente, ottenendo così il rilascio del permesso di soggiorno. Poiché per molti finti sposi è stato ritenuto sussistente il dolo, cioè la consapevolezza che ciò stavano facendo era illecito, è stata contestata la violazione delle norme sull’immigrazione. E’ il reato di cui è accusato anche il 47enne residente a Novara.

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