Luce, interno, giorno. Un suono diverso nel silenzio del corridoio, uno stop immediato al vociare sommesso delle aule. Cosa dicono gli studenti dell'Omar sul tema della violenza di genere

Luce, interno, giorno. Un suono diverso nel silenzio del corridoio, uno stop immediato al vociare sommesso delle aule. Sono le 11 di un freddo e soleggiato martedì di novembre, con le foglie dei platani sul baluardo che danzano silenziose e lente, come farfalle, dalla sommità dei rami fino a lambire la terra. Un altro suono diverso, dopo 1 minuto, 60 secondi, un silenzio che è sembrato lunghissimo. In classe tutti fermi, seduti, chi con gli occhi chiusi, chi con la testa tra le braccia sul banco, chi a cercare lo sguardo di un compagno, chi a guardare fuori, verso il cielo, chi a disegnare città immaginarie sul banco. Non si poteva certo riprendere a parlare di Shakespeare, dopo.

«Sinceramente io prof – esordisce alzando la mano Fabio – non ho approfondito il caso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, ne ho sentito solo parlare in televisione e in classe nei vari interventi, e a parere mio è impressionante pensare di vivere con tranquillità e morire in quella che sembrava una semplice uscita con chi pensava amico». Basta questa frase, tra queste pareti che ci accolgono, per fare uscire quello che ciascuno ha nel profondo, l’amicizia è la linfa della vita di ciascuno di noi, soprattutto quando si è giovani adolescenti.

«Ogni volta che qualcuno viene ucciso – ribatte Ahmed – penso cosa provino la sua famiglia e gli amici, dopo aver sentito che una persona speciale non è più con loro. Non vorrei mai immaginare il dolore che provano», e subito Mattia racconta che, per un motivo che non riesce a capire fino in fondo, sua madre è stata più protettiva da quando si è diffusa la notizia, la scorsa settimana. «I miei genitori hanno sempre gli occhi aperti, non sminuiscono alcun problema, nemmeno il più piccolo, e vogliono sempre andare fino in fondo, se pensano che qualcosa non vada bene, non mollano».

«Mica sei il solo bro – gli fa eco Samuele – anche i miei non mi mollano, ma io sono contento. Appena vedono che sono in crisi per qualcosa lo capiscono subito, e cercano di aiutarmi in tutti i modi possibili, sono proprio fortunato. E poi, comunque, in questa storia non c’è niente di giusto». Le voci aumentano, il volume anche, è un rumore bello, che scalda il cuore. «Prof il problema è che a scuola lo psicologo o il counselor ci sono, aiutano molto ad affrontare le proprie paure e insicurezze ma secondo me – prosegue Mattia – molte persone non hanno il coraggio di andare a parlare con chi li può aiutare, anche perché magari poi si sentono giudicati dai compagni. Almeno però sappiamo che ci sono, e quando servono possiamo chiedere aiuto. Anche ai professori con cui riusciamo a parlare possiamo sempre chiedere, però a volte è più difficile».

Qualche sguardo scorre veloce, gli occhi si cercano quasi sorridendo tra chi passa insieme un terzo della propria giornata, 5 giorni a settimana, per 9 mesi l’anno. Certo il parere condiviso anche tra Samuel, Davide, Daniele, Nicolò, Amin e Thomas, è che sia la scuola sia le istituzioni preposte non solo possano ma debbano coinvolgere i ragazzi «sensibilizzandoci sul femminicidio, la violenza che sia psicologica o fisica è sbagliata e la donna deve essere ammirata, stimata e onorata ogni giorno. Bisogna partire dalle elementari, la scuola ha un ruolo molto importante, passiamo qui tantissimo tempo della nostra vita, tutti insieme e possiamo fare tantissimo».

«Secondo me – parla Davide – i femminicidi o omicidi in generale sono cose orribili, che non dovrebbero mai accadere e non dovrebbero nemmeno essere pensate. Nel caso di Giulia Cecchettin è ancora più brutto, perché è stato il suo ex ragazzo ad ucciderla. Anche se lui continuava a dire che l’amava, nonostante ciò l’ha uccisa. Per me è orribile, se amavi una persona, anche se non sta più con te, tieni a lei e speri solo il suo bene. Di certo non arrivi ad ucciderla, non ha senso farlo, ok va bene ti può dispiacere che ti ha lasciato ma di certo non puoi arrivare a questo».

Anche per Daniele «i femminicidi sono atti orrendi, dovuti a molti fattori tra i quali ci sono la gelosia, in quanto, una donna, secondo alcuni uomini poco aperti, diciamo così, non può avere altre relazioni, anche di amicizia, al di fuori della relazione con il proprio compagno. Un altro fattore è l’ossessione. Perché una ragazza non può essere libera di lasciare un ragazzo senza avere ripercussioni sia fisiche che psicologiche? Sinceramente questo femminicidio mi ha fatto ragionare molto, è assurdo pensare di arrivare ad uccidere la persona che ami solo perché ti ha lasciato, a mio parere se ami veramente una persona dovresti pensare soprattutto alla sua felicità anche se purtroppo in quel momento non è con te. Sono contento che ne parliamo in classe, solo dialogare con i docenti, o con una persona più grande, e con persone della nostra età ci aiuta molto nel capire il vero significato dell’argomento. Purtroppo nella nostra società le donne non possano vivere tranquillamente la loro vita. E non è giusto».

Mentre si parla, suona, di nuovo, la campanella. Di solito è il via libera per chiedere di andare in bagno, alla macchinetta, a sgranchirsi le gambe. E mi aspetto, infatti, che la mano alzata dall’ultimo banco sia per questo. Rispondo in automatico di uscire pure e di fare in fretta. «Ma no prof – inizia Niccolò – volevo intervenire! “Non giudicare un libro dalla copertina” è la frase che mi viene in mentre pensando all’assassino di Giulia. Apparentemente un bravo ragazzo, universitario e di brava famiglia, rivelatosi poi un mostro. Non è altro che l’ennesimo caso di femminicidio, il 105esimo dall’inizio dell’anno, conseguenza di una gelosia possessiva e invadente. Non capisco, un ragazzo che ammazza la “donna della propria vita”… proprio perché è la donna che ami non dovrebbe venirti in mente di toccarla, figuriamoci toglierle la vita!».

105. Apriamo il motore di ricerca, ci perdiamo tra i nomi delle altre donne, nelle loro storie, racconto loro episodi tragici che conosco bene e altri che invece non si sono trasformati in tragedia … leggiamo qualche articolo, ci interroghiamo sul destino di Filippo, sull’odio e sulla violenza verbale dei commenti rivolti a lui, alla sorella di Giulia, Elena, e forse con troppa razionalità ci chiediamo perché qualcuno abbia dubbi a riconoscere la laurea a Giulia…

«Questo evento – sottolinea Diego – è cominciato come una notizia qualunque al telegiornale e la cosa che mi aveva colpito di più era proprio il fatto che Giulia si sarebbe dovuta laureare. Il mio primo pensiero è stato che ad una ragazza arrivata a quel traguardo non potesse essere successo niente di grave, ma i giorni passavano e nel giro di due giorni la notizia è diventata un caso nazionale. Poi a poco a poco sono emerse le storie dei due ragazzi, un rapporto lungo e travagliato. Lei lo voleva lasciare ma per la paura che lui si facesse del male non si decideva. Quando è stata annunciata la notizia del ritrovamento del corpo di Giulia, non mi sembrava vero. Una ragazza nel pieno della vita si è ritrovata morta, gettata in un lago, e tutto questo per un ragazzo che non accettava il superamento della relazione. La scuola può essere fondamentale per affrontare le paure che non vogliamo raccontare e per gestire i momenti difficili e di crisi durante la crescita, siamo fortunati di avere a disposizione tanto supporto. Non sempre lo capiamo».

E anche la campanella delle 12.30, quella dell’intervallo, trilla e passa inosservata. Finiamo di scambiarci le ultime impressioni e, mentre preparo lo zaino per cambiare aula, li osservo, un po’ di sottecchi, come spesso mi succede, e penso che, tutto sommato, anche se non siamo andati avanti “con il programma”, siamo andati avanti, insieme, lungo il percorso della vita che spesso ci fa crescere quando meno ce l’aspettiamo. Grazie ragazzi.

Giorno, interno, luce.

Scale. Rumore di intervallo tutt’intorno.

Campanella, si ricomincia.

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Francesca Bergamaschi

Francesca Bergamaschi Nata a Novara nel 1978 laureata in Lettere Moderne presso l'Università del Piemonte Orientale, specializzata in Storia dell'Architettura Medievale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Ha poi conseguito un master in "Management per i Beni e le Attività Culturali" presso la Facoltà di Economia dell'Università del Piemonte Orientale. Autrice di monografie, articoli di carattere storico-artistico e progetti scientifici per esposizioni temporanee, affianca all'attività di guida turistica abilitata anche l'attività giornalistica. Docente di lettere nelle scuole superiori, dal 2013 è consigliere della Società Storica Novarese. nonchè membro del comitato di redazione del Bollettino Storico per la Provincia di Novara.

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Numero 105. Giulia.

Luce, interno, giorno. Un suono diverso nel silenzio del corridoio, uno stop immediato al vociare sommesso delle aule.
Cosa dicono gli studenti dell’Omar sul tema della violenza di genere

Luce, interno, giorno. Un suono diverso nel silenzio del corridoio, uno stop immediato al vociare sommesso delle aule. Sono le 11 di un freddo e soleggiato martedì di novembre, con le foglie dei platani sul baluardo che danzano silenziose e lente, come farfalle, dalla sommità dei rami fino a lambire la terra. Un altro suono diverso, dopo 1 minuto, 60 secondi, un silenzio che è sembrato lunghissimo. In classe tutti fermi, seduti, chi con gli occhi chiusi, chi con la testa tra le braccia sul banco, chi a cercare lo sguardo di un compagno, chi a guardare fuori, verso il cielo, chi a disegnare città immaginarie sul banco. Non si poteva certo riprendere a parlare di Shakespeare, dopo.

«Sinceramente io prof – esordisce alzando la mano Fabio – non ho approfondito il caso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, ne ho sentito solo parlare in televisione e in classe nei vari interventi, e a parere mio è impressionante pensare di vivere con tranquillità e morire in quella che sembrava una semplice uscita con chi pensava amico». Basta questa frase, tra queste pareti che ci accolgono, per fare uscire quello che ciascuno ha nel profondo, l’amicizia è la linfa della vita di ciascuno di noi, soprattutto quando si è giovani adolescenti.

«Ogni volta che qualcuno viene ucciso – ribatte Ahmed – penso cosa provino la sua famiglia e gli amici, dopo aver sentito che una persona speciale non è più con loro. Non vorrei mai immaginare il dolore che provano», e subito Mattia racconta che, per un motivo che non riesce a capire fino in fondo, sua madre è stata più protettiva da quando si è diffusa la notizia, la scorsa settimana. «I miei genitori hanno sempre gli occhi aperti, non sminuiscono alcun problema, nemmeno il più piccolo, e vogliono sempre andare fino in fondo, se pensano che qualcosa non vada bene, non mollano».

«Mica sei il solo bro – gli fa eco Samuele – anche i miei non mi mollano, ma io sono contento. Appena vedono che sono in crisi per qualcosa lo capiscono subito, e cercano di aiutarmi in tutti i modi possibili, sono proprio fortunato. E poi, comunque, in questa storia non c’è niente di giusto». Le voci aumentano, il volume anche, è un rumore bello, che scalda il cuore. «Prof il problema è che a scuola lo psicologo o il counselor ci sono, aiutano molto ad affrontare le proprie paure e insicurezze ma secondo me – prosegue Mattia – molte persone non hanno il coraggio di andare a parlare con chi li può aiutare, anche perché magari poi si sentono giudicati dai compagni. Almeno però sappiamo che ci sono, e quando servono possiamo chiedere aiuto. Anche ai professori con cui riusciamo a parlare possiamo sempre chiedere, però a volte è più difficile».

Qualche sguardo scorre veloce, gli occhi si cercano quasi sorridendo tra chi passa insieme un terzo della propria giornata, 5 giorni a settimana, per 9 mesi l’anno. Certo il parere condiviso anche tra Samuel, Davide, Daniele, Nicolò, Amin e Thomas, è che sia la scuola sia le istituzioni preposte non solo possano ma debbano coinvolgere i ragazzi «sensibilizzandoci sul femminicidio, la violenza che sia psicologica o fisica è sbagliata e la donna deve essere ammirata, stimata e onorata ogni giorno. Bisogna partire dalle elementari, la scuola ha un ruolo molto importante, passiamo qui tantissimo tempo della nostra vita, tutti insieme e possiamo fare tantissimo».

«Secondo me – parla Davide – i femminicidi o omicidi in generale sono cose orribili, che non dovrebbero mai accadere e non dovrebbero nemmeno essere pensate. Nel caso di Giulia Cecchettin è ancora più brutto, perché è stato il suo ex ragazzo ad ucciderla. Anche se lui continuava a dire che l’amava, nonostante ciò l’ha uccisa. Per me è orribile, se amavi una persona, anche se non sta più con te, tieni a lei e speri solo il suo bene. Di certo non arrivi ad ucciderla, non ha senso farlo, ok va bene ti può dispiacere che ti ha lasciato ma di certo non puoi arrivare a questo».

Anche per Daniele «i femminicidi sono atti orrendi, dovuti a molti fattori tra i quali ci sono la gelosia, in quanto, una donna, secondo alcuni uomini poco aperti, diciamo così, non può avere altre relazioni, anche di amicizia, al di fuori della relazione con il proprio compagno. Un altro fattore è l’ossessione. Perché una ragazza non può essere libera di lasciare un ragazzo senza avere ripercussioni sia fisiche che psicologiche? Sinceramente questo femminicidio mi ha fatto ragionare molto, è assurdo pensare di arrivare ad uccidere la persona che ami solo perché ti ha lasciato, a mio parere se ami veramente una persona dovresti pensare soprattutto alla sua felicità anche se purtroppo in quel momento non è con te. Sono contento che ne parliamo in classe, solo dialogare con i docenti, o con una persona più grande, e con persone della nostra età ci aiuta molto nel capire il vero significato dell’argomento. Purtroppo nella nostra società le donne non possano vivere tranquillamente la loro vita. E non è giusto».

Mentre si parla, suona, di nuovo, la campanella. Di solito è il via libera per chiedere di andare in bagno, alla macchinetta, a sgranchirsi le gambe. E mi aspetto, infatti, che la mano alzata dall’ultimo banco sia per questo. Rispondo in automatico di uscire pure e di fare in fretta. «Ma no prof – inizia Niccolò – volevo intervenire! “Non giudicare un libro dalla copertina” è la frase che mi viene in mentre pensando all’assassino di Giulia. Apparentemente un bravo ragazzo, universitario e di brava famiglia, rivelatosi poi un mostro. Non è altro che l’ennesimo caso di femminicidio, il 105esimo dall’inizio dell’anno, conseguenza di una gelosia possessiva e invadente. Non capisco, un ragazzo che ammazza la “donna della propria vita”… proprio perché è la donna che ami non dovrebbe venirti in mente di toccarla, figuriamoci toglierle la vita!».

105. Apriamo il motore di ricerca, ci perdiamo tra i nomi delle altre donne, nelle loro storie, racconto loro episodi tragici che conosco bene e altri che invece non si sono trasformati in tragedia … leggiamo qualche articolo, ci interroghiamo sul destino di Filippo, sull’odio e sulla violenza verbale dei commenti rivolti a lui, alla sorella di Giulia, Elena, e forse con troppa razionalità ci chiediamo perché qualcuno abbia dubbi a riconoscere la laurea a Giulia…

«Questo evento – sottolinea Diego – è cominciato come una notizia qualunque al telegiornale e la cosa che mi aveva colpito di più era proprio il fatto che Giulia si sarebbe dovuta laureare. Il mio primo pensiero è stato che ad una ragazza arrivata a quel traguardo non potesse essere successo niente di grave, ma i giorni passavano e nel giro di due giorni la notizia è diventata un caso nazionale. Poi a poco a poco sono emerse le storie dei due ragazzi, un rapporto lungo e travagliato. Lei lo voleva lasciare ma per la paura che lui si facesse del male non si decideva. Quando è stata annunciata la notizia del ritrovamento del corpo di Giulia, non mi sembrava vero. Una ragazza nel pieno della vita si è ritrovata morta, gettata in un lago, e tutto questo per un ragazzo che non accettava il superamento della relazione. La scuola può essere fondamentale per affrontare le paure che non vogliamo raccontare e per gestire i momenti difficili e di crisi durante la crescita, siamo fortunati di avere a disposizione tanto supporto. Non sempre lo capiamo».

E anche la campanella delle 12.30, quella dell’intervallo, trilla e passa inosservata. Finiamo di scambiarci le ultime impressioni e, mentre preparo lo zaino per cambiare aula, li osservo, un po’ di sottecchi, come spesso mi succede, e penso che, tutto sommato, anche se non siamo andati avanti “con il programma”, siamo andati avanti, insieme, lungo il percorso della vita che spesso ci fa crescere quando meno ce l’aspettiamo. Grazie ragazzi.

Giorno, interno, luce.

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Campanella, si ricomincia.

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Francesca Bergamaschi

Francesca Bergamaschi Nata a Novara nel 1978 laureata in Lettere Moderne presso l'Università del Piemonte Orientale, specializzata in Storia dell'Architettura Medievale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Ha poi conseguito un master in "Management per i Beni e le Attività Culturali" presso la Facoltà di Economia dell'Università del Piemonte Orientale. Autrice di monografie, articoli di carattere storico-artistico e progetti scientifici per esposizioni temporanee, affianca all'attività di guida turistica abilitata anche l'attività giornalistica. Docente di lettere nelle scuole superiori, dal 2013 è consigliere della Società Storica Novarese. nonchè membro del comitato di redazione del Bollettino Storico per la Provincia di Novara.