Omicidio Leonardo, il pm in Appello chiede la conferma dell’ergastolo

Puntano alla cancellazione dell’ergastolo, invece, i difensori degli imputati

La procura generale di Torino ha chiesto la conferma dell’ergastolo per Gaia Russo e l’ex compagno Nicolas Musi, condannati in primo grado a Novara nel marzo dello scorso anno per l’omicidio del figlioletto di lei, il piccolo Leonardo di soli diciannove mesi. Il delitto risale alla mattina del 23 maggio 2019, quando la coppia aveva allertato i soccorsi dicendo che il bimbo era caduto dal letto nella loro casa in corso Trieste a Novara.

Il quadro che ne emerse, già nell’immediatezza, era ben diverso: botte, violenza casalinga, incuria, disinteresse. Secondo l’accusa, l’autore di questi comportamenti è il giovane originario di Biella, ma la madre della vittima non aveva fatto nulla per impedirlo, e, anzi, ha rafforzato il proposito omicida. Al processo d’appello, cominciato ieri, sono parti civili il padre naturale del bimbo e la madre e la sorella di Gaia, queste ultime due solo contro Nicolas.

Puntano alla cancellazione dell’ergastolo, invece, i difensori degli imputati: Nicolas, in carcere, ha ammesso solo le percosse dei giorni precedenti il delitto, ma nega di aver inferto botte la mattina di quel 23 maggio; Gaia, invece, ha detto che amava il suo bambino e che non ha mai alzato un dito. Il suo legale ha chiesto l’assoluzione piena. La ragazza si trova ai domiciliari in una comunità, avendo partorito un’altra bambina. Per la sentenza bisognerà attendere la fine di settembre.

Dopo un iniziale tentativo di depistaggio, con un vago «Leonardo è caduto dal lettino», Musi e Russo hanno finito per accusarsi a vicenda, scaricando le colpe sull’altro: «Io dormivo, Leo non era con me», la versione speculare sostenuta da entrambi. L’hanno anche ribadita durante il processo di primo grado ma i giudici della Corte d’Assise di Novara non avevano creduto loro. Anzi, molti gli elementi raccolti dagli investigatori che facevano pensare che quella mattina nessuno dormiva: sul tavolo del soggiorno c’erano latte, biscotti, un succo di frutta. Avevano fatto dunque colazione. E poi un pannolino sporco vicino al lavandino; in camera, una sigaretta non ancora finita. Inoltre Gaia, quando ha chiamato i soccorsi, non era in pigiama, bensì vestita.

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Omicidio Leonardo, il pm in Appello chiede la conferma dell’ergastolo

Puntano alla cancellazione dell’ergastolo, invece, i difensori degli imputati

La procura generale di Torino ha chiesto la conferma dell’ergastolo per Gaia Russo e l’ex compagno Nicolas Musi, condannati in primo grado a Novara nel marzo dello scorso anno per l’omicidio del figlioletto di lei, il piccolo Leonardo di soli diciannove mesi. Il delitto risale alla mattina del 23 maggio 2019, quando la coppia aveva allertato i soccorsi dicendo che il bimbo era caduto dal letto nella loro casa in corso Trieste a Novara.

Il quadro che ne emerse, già nell’immediatezza, era ben diverso: botte, violenza casalinga, incuria, disinteresse. Secondo l’accusa, l’autore di questi comportamenti è il giovane originario di Biella, ma la madre della vittima non aveva fatto nulla per impedirlo, e, anzi, ha rafforzato il proposito omicida. Al processo d’appello, cominciato ieri, sono parti civili il padre naturale del bimbo e la madre e la sorella di Gaia, queste ultime due solo contro Nicolas.

Puntano alla cancellazione dell’ergastolo, invece, i difensori degli imputati: Nicolas, in carcere, ha ammesso solo le percosse dei giorni precedenti il delitto, ma nega di aver inferto botte la mattina di quel 23 maggio; Gaia, invece, ha detto che amava il suo bambino e che non ha mai alzato un dito. Il suo legale ha chiesto l’assoluzione piena. La ragazza si trova ai domiciliari in una comunità, avendo partorito un’altra bambina. Per la sentenza bisognerà attendere la fine di settembre.

Dopo un iniziale tentativo di depistaggio, con un vago «Leonardo è caduto dal lettino», Musi e Russo hanno finito per accusarsi a vicenda, scaricando le colpe sull’altro: «Io dormivo, Leo non era con me», la versione speculare sostenuta da entrambi. L’hanno anche ribadita durante il processo di primo grado ma i giudici della Corte d’Assise di Novara non avevano creduto loro. Anzi, molti gli elementi raccolti dagli investigatori che facevano pensare che quella mattina nessuno dormiva: sul tavolo del soggiorno c’erano latte, biscotti, un succo di frutta. Avevano fatto dunque colazione. E poi un pannolino sporco vicino al lavandino; in camera, una sigaretta non ancora finita. Inoltre Gaia, quando ha chiamato i soccorsi, non era in pigiama, bensì vestita.

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