La pioggia non ha fermato le celebrazioni per il santo patrono di Novara che si sono svolte questa mattina, 22 gennaio, con il classico corteo di autorità civili e militari fino alla basilica di San Gaudenzio dove, come da tradizione, il sindaco Alessandro Canelli ha accolto l’ingresso del vescovo Franco Giulio Brambilla per la celebrazione della messa e della cerimonia del fiore.
Nell’anno del Giubileo della speranza è su questa parola che Brambilla si è concentrato nella sua omelia. Un discorso cominciato citando Marc Bloch e concentrandosi su due domande fondamentali: «Cosa possiamo sperare? Come dobbiamo sperare?»
«Oggi abbiamo tanto bisogno di speranza: ci siamo costruiti un mondo che sembra minaccioso e ostile, che svuota i nostri sogni e paralizza le nostre azioni, riducendoci a vivere alla giornata. Soprattutto i giovani sono le vittime di questo clima senza l’orizzonte luminoso della speranza» ha detto Brambilla aggiungendo che «per avere speranze bisogna essere nella speranza: “essere nella speranza” significa riconoscere un senso che ci pervade e una comunione che ci abita, una presenza che ci ama. La speranza, dunque, è la fede distesa nel tempo (essere nella speranza), che si rende presente nelle speranze di ogni giorno (avere speranze)».
Ai partecipanti il vescovo ha detto di insegnare «ai figli le azioni e le opere che anticipano il futuro: diciamo ai nostri adolescenti e giovani di osare, sperimentare, provare per trovare la loro strada. La speranza è avventura e rischio, è prova ed errore, è cercare un maestro e una guida che non leghi a sé, ma ti liberi per custodire il tuo sogno e per trovare il tuo cammino. La speranza è la virtù dei forti, è la postura dei nani che si mettono sulle spalle dei giganti del passato, per vedere meglio e oltre loro».
Non è mancato un riferimento alla situazione internazionale e al Giubileo che come ha ricordato Brambilla «è un anno di riposo della terra, di ricostruzione dei legami, di remissione dei torti e dei debiti, di riconciliazione tra i popoli. Dovrà essere l’anno della pace, cominciando dal basso nella vita di ogni giorno, per costringere i grandi a smettere di uccidere e distruggere, per ritrovare l’anima dell’Europa e dell’Occidente, che è la patria dei martiri e dei monaci, dei santi e dei navigatori, dei giganti del pensiero e della costruzione di un mondo aperto e democratico».
L’appello alle autorità è stato quello di «valorizzare il merito e la competenza» per «la scelta delle persone per posti di responsabilità nella vita sociale e civile» anziché «seguire talvolta criteri familistici e amicali. L’anno del Giubileo dovrebbe puntare sull’onestà, la laboriosità, la generosità nella vita personale e sociale».