Pendolari furiosi scrivono alla Regione: «Sulla Torino-Milano mancano treni, aiutateci a non perdere il lavoro»

Botta e risposta in consiglio regionale. L'assessore ai Trasporti Gabusi: «Colpa di un contratto firmato dalla giunta Chiamparino». Il consigliere Rossi: «Parole che sono uno schiaffo ai pendolari»

«Siamo un gruppo di lavoratori che giornalmente utilizza il treno per gli spostamenti casa e lavoro verso Torino. Ci rivolgiamo a voi per segnalare il disagio che ci affligge da diverso tempo». Inizia così la lettera che un gruppo di pendolari ha inviato al governatore Alberto Cirio, all’assessore ai Trasporti Marco Gabusi, ad alcuni consiglieri regionali e sindaci del territorio, oltre che ai presidenti delle province di Novara e Vercelli e ai sindacati Cgil Cisl e Uil.

Dopo il periodo il periodo pandemico, infatti, diverse corse che collegavano Torino a Milano, in particolare i treni dopo le 21 e in arrivo a Torino alle 7.10, non sono più state ripristinate.

«A gennaio in consiglio regionale l’assessore Gabusi aveva assicurato che l’offerta sarebbe stata potenziata, ripristinando i treni cancellati – scrivono i pendolari -. Con rammarico dobbiamo constatare che al di là delle parole a oggi non abbiamo nessuna sicurezza che con il nuovo orario in vigore dal prossimo dicembre siano ripristinate le corse. In un quadro di continui aumenti delle tariffe luce/gas e di necessità di mantenere il posto di lavoro sempre più precario, la Regione Piemonte, forse l’unica in Italia, ha deciso sciaguratamente di non ripristinare l’offerta dei treni pre pandemia giustificandola con l’acquisto di nuovi convogli che percorrono giornalmente la linea Torino-Milano, con forti proteste per la mancanza di posti a sedere, e la riapertura di alcune linee secondarie chiuse diversi anni fa».

«Non ci si sposta solo per andare a lavorare in ufficio – continuano -. Esistono categorie di lavoratori che devono raggiungere il posto di lavoro prima delle 8 o svolgendo turni rotativi terminano la propria prestazione dopo le 21. Categorie che rimangono tagliate fuori dalla possibilità di utilizzare il treno non avendo soluzioni di trasporto idonee, che in realtà prima esistevano, e non tutti possono permettersi l’acquisto di un’auto o sostenere le spese per gli spostamenti».

«La richiesta è legittima, ma non ci sono mai state promesse temporali da parte mia» si difende l’assessore Gabusi che il 10 ottobre, in consiglio, ha risposto un’interrogazione presentata dal consigliere del Pd, Domenico Rossi.

«Tutto ha avuto origine dal contenzioso da 60 milioni di euro tra Regione e Trenitalia per il quale, nonostante il ricorso al Tar e al Consiglio di Stato, la Regione è stata condannata a pagare: 20 milioni sono già stati versati – prosegue Gabusi -. Il contratto di quattro anni tra i due enti era stato firmato dalla giunta Chiamparino e dall’allora assessore ai Trasporti Balocco. La spesa ammontava a 195 milioni per gli anni 2017, 18 e 19 e a 250 milioni nel 2020. Questo, però, senza stanziare la cifra per l’ultimo anno. Per fortuna, in seguito, noi abbiamo messo da parte 11 milioni in modo da coprire il 2023 senza tagli ma senza riuscire, purtroppo, ripristinare le corse richieste. Se non avessimo accantonato quella cifra, oltre al treno delle 6 non ci sarebbe più nemmeno quello delle 8».

«Cirio è il presidente della Regione da quasi cinque anni, eppure i problemi del trasporto pubblico su ferro sono colpa di chi ha governato prima – commenta Rossi -. Le parole di Gabusi sono uno schiaffo ai pendolari. L’assessore dichiara che il problema è di carattere economico, che è riconducibile a scelte sbagliate del passato, eppure prima della pandemia le corse c’erano pur essendo le più onerose. Allora si dica la verità: ripristinarle è una questione di scelte e questa giunta non intende farlo. Una decisione discutibile perché considerato il momento di difficoltà economica e di crisi ambientale un potenziamento del servizio allevierebbe i costi in capo alle famiglie – oggi costretti a ricorrere all’auto – e contribuirebbe a ridurre l’inquinamento».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Pendolari furiosi scrivono alla Regione: «Sulla Torino-Milano mancano treni, aiutateci a non perdere il lavoro»

Botta e risposta in consiglio regionale. L’assessore ai Trasporti Gabusi: «Colpa di un contratto firmato dalla giunta Chiamparino». Il consigliere Rossi: «Parole che sono uno schiaffo ai pendolari»

«Siamo un gruppo di lavoratori che giornalmente utilizza il treno per gli spostamenti casa e lavoro verso Torino. Ci rivolgiamo a voi per segnalare il disagio che ci affligge da diverso tempo». Inizia così la lettera che un gruppo di pendolari ha inviato al governatore Alberto Cirio, all’assessore ai Trasporti Marco Gabusi, ad alcuni consiglieri regionali e sindaci del territorio, oltre che ai presidenti delle province di Novara e Vercelli e ai sindacati Cgil Cisl e Uil.

Dopo il periodo il periodo pandemico, infatti, diverse corse che collegavano Torino a Milano, in particolare i treni dopo le 21 e in arrivo a Torino alle 7.10, non sono più state ripristinate.

«A gennaio in consiglio regionale l’assessore Gabusi aveva assicurato che l’offerta sarebbe stata potenziata, ripristinando i treni cancellati – scrivono i pendolari -. Con rammarico dobbiamo constatare che al di là delle parole a oggi non abbiamo nessuna sicurezza che con il nuovo orario in vigore dal prossimo dicembre siano ripristinate le corse. In un quadro di continui aumenti delle tariffe luce/gas e di necessità di mantenere il posto di lavoro sempre più precario, la Regione Piemonte, forse l’unica in Italia, ha deciso sciaguratamente di non ripristinare l’offerta dei treni pre pandemia giustificandola con l’acquisto di nuovi convogli che percorrono giornalmente la linea Torino-Milano, con forti proteste per la mancanza di posti a sedere, e la riapertura di alcune linee secondarie chiuse diversi anni fa».

«Non ci si sposta solo per andare a lavorare in ufficio – continuano -. Esistono categorie di lavoratori che devono raggiungere il posto di lavoro prima delle 8 o svolgendo turni rotativi terminano la propria prestazione dopo le 21. Categorie che rimangono tagliate fuori dalla possibilità di utilizzare il treno non avendo soluzioni di trasporto idonee, che in realtà prima esistevano, e non tutti possono permettersi l’acquisto di un’auto o sostenere le spese per gli spostamenti».

«La richiesta è legittima, ma non ci sono mai state promesse temporali da parte mia» si difende l’assessore Gabusi che il 10 ottobre, in consiglio, ha risposto un’interrogazione presentata dal consigliere del Pd, Domenico Rossi.

«Tutto ha avuto origine dal contenzioso da 60 milioni di euro tra Regione e Trenitalia per il quale, nonostante il ricorso al Tar e al Consiglio di Stato, la Regione è stata condannata a pagare: 20 milioni sono già stati versati – prosegue Gabusi -. Il contratto di quattro anni tra i due enti era stato firmato dalla giunta Chiamparino e dall’allora assessore ai Trasporti Balocco. La spesa ammontava a 195 milioni per gli anni 2017, 18 e 19 e a 250 milioni nel 2020. Questo, però, senza stanziare la cifra per l’ultimo anno. Per fortuna, in seguito, noi abbiamo messo da parte 11 milioni in modo da coprire il 2023 senza tagli ma senza riuscire, purtroppo, ripristinare le corse richieste. Se non avessimo accantonato quella cifra, oltre al treno delle 6 non ci sarebbe più nemmeno quello delle 8».

«Cirio è il presidente della Regione da quasi cinque anni, eppure i problemi del trasporto pubblico su ferro sono colpa di chi ha governato prima – commenta Rossi -. Le parole di Gabusi sono uno schiaffo ai pendolari. L’assessore dichiara che il problema è di carattere economico, che è riconducibile a scelte sbagliate del passato, eppure prima della pandemia le corse c’erano pur essendo le più onerose. Allora si dica la verità: ripristinarle è una questione di scelte e questa giunta non intende farlo. Una decisione discutibile perché considerato il momento di difficoltà economica e di crisi ambientale un potenziamento del servizio allevierebbe i costi in capo alle famiglie – oggi costretti a ricorrere all’auto – e contribuirebbe a ridurre l’inquinamento».

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Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore