Il Giardino Boroli rappresenta il primo esempio a Novara di riqualificazione urbana e rigenerazione sociale di un’ampia area verde di 5 mila metri quadrati, per tanti anni lasciata al degrado e all’abbandono, all’angolo tra via Redi e via delle Rosette nel quartiere di Sant’Andrea. Un progetto nato nel 2017 e inaugurato nel settembre del 2019 da Fondazione De Agostini, in occasione dei dieci anni dalla sua costituzione.
Nella mattinata di ieri, martedì 23 febbraio, all’Arengo del Broletto, è stato siglato il nuovo Patto di collaborazione, al quale hanno aderito un maggior numero di partecipanti e anche i cittadini del quartiere, si formalizza per un altro anno l’impegno di tutti i soggetti a promuovere un modello di gestione che identifica specifiche azioni da realizzare nel parco, al fine di mettere in atto attività di cura e gestione partecipata del bene comune urbano e favorire l’appropriazione da parte della comunità, allargando l’attenzione anche ad altre aree verdi del quartiere.
A oggi sono dodici gli enti e le associazioni che ogni giorno fanno vivere il parco: Assa, Aurive Società Cooperativa Sociale, Centro Judo Novara A.S.D., Comunità di Sant’Egidio, Associazione culturale Creattivi – Officina di idee, Dedalo Società Cooperativa Sociale, Istituto Comprensivo “Rita Levi Montalcini”, Officina della Danza, Piccola Società Cooperativa Il Germoglio, Pro Natura Novara ODV, Territorio e Cultura oltre al comune di Novara.
L’impegno è orientato ad aumentare la coesione e garantire la piena inclusione di tutti gli abitanti di Sant’Andrea, con particolare attenzione ai soggetti più fragili, attraverso attività di promozione culturale e sociale. Altro importante obiettivo, a partire dai giovanissimi, sarà educare alla cittadinanza democratica, alla solidarietà sociale e alla cura attiva dell’ambiente urbano attraverso attività didattiche formali e percorsi educativi.
«Questo progetto è fondamentale per lo sviluppo delle relazioni associative e lo scopo della rigenerazione sta funzionando bene ha commentato il sindaco Il contributo della Fondazione è indispensabile, ma il lavoro quotidiano viene fatto dalle associazioni».
«Ora sappiamo quale valore abbia avuto restare aperti anche durante il lockdown, è stato importante restituire un punto di riferimento del quartiere – ha spiegato la presidente della Comunità di Sant’Egidio -. Ci stiamo preparando ad affrontare un’emergenza sociale che non è ancora scoppiata e quello che ha tenuto uniti in questa esperienza la vicinanza tra i residenti del quartiere. Così dobbiamo costruire il futuro grazie all’aiuto reciproco».