Per l’assalto in gioielleria a Galliate condannati rapinatori in trasferta dalla Campania

A distanza di oltre dieci anni dal colpo, i trasfertisti A.L., 41 anni, e G.A., 47 anni, sono stati condannati con sentenza definitiva

Incastrati dalle impronte lasciate sulla borsa della negoziante aggredita oltre che su alcune fascette con cui la donna era stata legata. A distanza di oltre dieci anni dal colpo, i trasfertisti A.L., 41 anni, e G.A., 47 anni, residenti in Campania, sono stati condannati con sentenza definitiva per la rapina commessa il 15 maggio 2014 ai danni della gioielleria «Affari d’oro» di Galliate, a 4 anni e 8 mesi di reclusione e 1.600 euro di multa la prima, e 5 anni e 5 mesi di reclusione e 1.800 euro di multa il secondo. Accusati di rapina, lesioni personali e ricettazione, quella dell’auto rubata a Trecate con cui erano arrivati al negozio, a nulla è valso il tentativo della difesa di sostenere che il materiale probatorio fosse lacunoso, a partire dall’identificazione degli autori.

Alla coppia – c’era anche un terzo complice morto anni fa – i carabinieri erano arrivati grazie a un lungo e complesso lavoro tecnico sulle impronte trovate dal Ris in gioielleria, sia sulle fascette sia sulla borsa della negoziante in cui erano state cercate le chiavi della cassaforte, cui si era aggiunto il tracciamento del percorso seguito dai cellulari, da Sud a Nord, lungo le autostrade, nei giorni precedenti e successivi la rapina (risultavano spenti solo il 15 maggio).

Il giorno dei fatti, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, erano entrati nel negozio, fingendosi clienti, per poi aggredire la figlia del proprietario rimasta sola: «Non muoverti, stai zitta altrimenti ti ammazziamo. Non urlare». Le avevano poi legato mani e piedi con delle fascette ed erano scappati con gioielli e pietre preziose, per un totale di 22.500 euro. Avevano anche provato a distruggere l’impianto di videosorveglianza del negozio, senza riuscirci. La vittima aveva finto un malore e loro erano scappati. Dopo il colpo l’avvio di riconoscimenti fotografici e accertamenti su tabulati telefonici, passaggi in autostrada, impronte lasciate sul luogo del delitto.

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Per l’assalto in gioielleria a Galliate condannati rapinatori in trasferta dalla Campania

A distanza di oltre dieci anni dal colpo, i trasfertisti A.L., 41 anni, e G.A., 47 anni, sono stati condannati con sentenza definitiva

Incastrati dalle impronte lasciate sulla borsa della negoziante aggredita oltre che su alcune fascette con cui la donna era stata legata. A distanza di oltre dieci anni dal colpo, i trasfertisti A.L., 41 anni, e G.A., 47 anni, residenti in Campania, sono stati condannati con sentenza definitiva per la rapina commessa il 15 maggio 2014 ai danni della gioielleria «Affari d’oro» di Galliate, a 4 anni e 8 mesi di reclusione e 1.600 euro di multa la prima, e 5 anni e 5 mesi di reclusione e 1.800 euro di multa il secondo. Accusati di rapina, lesioni personali e ricettazione, quella dell’auto rubata a Trecate con cui erano arrivati al negozio, a nulla è valso il tentativo della difesa di sostenere che il materiale probatorio fosse lacunoso, a partire dall’identificazione degli autori.

Alla coppia – c’era anche un terzo complice morto anni fa – i carabinieri erano arrivati grazie a un lungo e complesso lavoro tecnico sulle impronte trovate dal Ris in gioielleria, sia sulle fascette sia sulla borsa della negoziante in cui erano state cercate le chiavi della cassaforte, cui si era aggiunto il tracciamento del percorso seguito dai cellulari, da Sud a Nord, lungo le autostrade, nei giorni precedenti e successivi la rapina (risultavano spenti solo il 15 maggio).

Il giorno dei fatti, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, erano entrati nel negozio, fingendosi clienti, per poi aggredire la figlia del proprietario rimasta sola: «Non muoverti, stai zitta altrimenti ti ammazziamo. Non urlare». Le avevano poi legato mani e piedi con delle fascette ed erano scappati con gioielli e pietre preziose, per un totale di 22.500 euro. Avevano anche provato a distruggere l’impianto di videosorveglianza del negozio, senza riuscirci. La vittima aveva finto un malore e loro erano scappati. Dopo il colpo l’avvio di riconoscimenti fotografici e accertamenti su tabulati telefonici, passaggi in autostrada, impronte lasciate sul luogo del delitto.

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