Picchiava la moglie e la costringeva a consumare rapporti: condannato a 8 anni

Dopo le nozze, combinate dai genitori quando la giovane era ancora bambina, erano cominciate le minacce, anche di morte, le botte, e infine gli abusi

Dopo le nozze, combinate dai genitori quando la giovane era ancora bambina, erano cominciate le minacce, anche di morte, le botte, e infine gli abusi: «Ho subito più volte violenze. I rapporti sessuali non li faceva se non con la forza». Lei era scappata di casa e poi aveva divorziato. E, infine, anche denunciato le vessazioni casalinghe. Proprio la sua denuncia, e poi anche la deposizione in tribunale, ha portato alla condanna dell’ex marito O.R., trentatreenne di origine marocchina residente a Novara, a 8 anni di reclusione per violenza sessuale, in continuazione con una precedente sentenza per i maltrattamenti in famiglia.

Era stato proprio il giudice che ha scritto quella sentenza a trasmettere gli atti in procura perché la vittima, testimoniando, aveva parlato non solo di percosse e ingiurie, ma anche di rapporti costretti. Da qui il nuovo processo. Il pm aveva chiesto 8 anni e 4 mesi, la difesa l’assoluzione, ritenendo non attendibile il racconto della donna.

L’ex marito ha chiesto perdono per qualche vessazione ma ha negato qualsiasi tipo di abuso. Di diverso tenore il racconto della giovane, oggi ventitreenne, che in aula ha ripercorso la sua storia di emancipazione e di ribellione alla sottomissione: «Diceva che io sono una donna e devo occuparmi solo delle cose di casa. Ma qui siamo in Italia, non in Marocco. C’è una cultura diversa che bisogna accettare con serenità: non possiamo crescere i nostri figli con l’idea che la donna debba essere sottomessa al marito e non debba mai uscire». Lei era stata promessa all’imputato quando aveva solo 15 anni. I genitori avevano fissato la data del matrimonio e nel giro di pochi mesi si era trovata moglie e poi madre. Proprio con la gravidanza erano cominciati i problemi.

Condividi:

Facebook
WhatsApp
Telegram
Email
Twitter

© 2024 La Voce di Novara - Riproduzione Riservata
Iscrizione al registro della stampa presso il Tribunale di Novara

Picture of Redazione

Redazione

Condividi l'articolo

Una risposta

  1. Storie del genere fanno riflettere, questo non è amore ma sottomissione a proprio piacimento. E noi stiamo a guardare queste vessazioni fini a quando non succede l’Irreparabile, perché ovviamente nuda noi non si può intervenire prima ……… che tristezza leggere ancora oggi storie simili.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

SEGUICI SUI SOCIAL

Sezioni

Picchiava la moglie e la costringeva a consumare rapporti: condannato a 8 anni

Dopo le nozze, combinate dai genitori quando la giovane era ancora bambina, erano cominciate le minacce, anche di morte, le botte, e infine gli abusi

Dopo le nozze, combinate dai genitori quando la giovane era ancora bambina, erano cominciate le minacce, anche di morte, le botte, e infine gli abusi: «Ho subito più volte violenze. I rapporti sessuali non li faceva se non con la forza». Lei era scappata di casa e poi aveva divorziato. E, infine, anche denunciato le vessazioni casalinghe. Proprio la sua denuncia, e poi anche la deposizione in tribunale, ha portato alla condanna dell’ex marito O.R., trentatreenne di origine marocchina residente a Novara, a 8 anni di reclusione per violenza sessuale, in continuazione con una precedente sentenza per i maltrattamenti in famiglia.

Era stato proprio il giudice che ha scritto quella sentenza a trasmettere gli atti in procura perché la vittima, testimoniando, aveva parlato non solo di percosse e ingiurie, ma anche di rapporti costretti. Da qui il nuovo processo. Il pm aveva chiesto 8 anni e 4 mesi, la difesa l’assoluzione, ritenendo non attendibile il racconto della donna.

L’ex marito ha chiesto perdono per qualche vessazione ma ha negato qualsiasi tipo di abuso. Di diverso tenore il racconto della giovane, oggi ventitreenne, che in aula ha ripercorso la sua storia di emancipazione e di ribellione alla sottomissione: «Diceva che io sono una donna e devo occuparmi solo delle cose di casa. Ma qui siamo in Italia, non in Marocco. C’è una cultura diversa che bisogna accettare con serenità: non possiamo crescere i nostri figli con l’idea che la donna debba essere sottomessa al marito e non debba mai uscire». Lei era stata promessa all’imputato quando aveva solo 15 anni. I genitori avevano fissato la data del matrimonio e nel giro di pochi mesi si era trovata moglie e poi madre. Proprio con la gravidanza erano cominciati i problemi.

© 2020-2024 La Voce di Novara
Riproduzione Riservata