Il Piemonte sta affrontando una situazione drammatica nella realizzazione dei progetti finanziati dal Pnrr per le Case di comunità e le Centrali operative territoriali (COT). Interventi, che sull’onda della pandemia, avrebbero dovuto “salvare” la sanità e che invece si stanno rivelando un boomerang per le casse regionali.
A fronte di una scadenza inderogabile fissata al 31 dicembre 2026, infatti, i dati attuali mostrano un quadro allarmante: solo il 21% delle Case di comunità e il 23% delle COT hanno visto l’avvio dei lavori, con alcune opere ancora ferme ai blocchi di partenza. Il rischio concreto è quello di non riuscire a completare infrastrutture sanitarie fondamentali per il territorio e, al contempo, di perdere i finanziamenti del Pnrr.
Nel caso della provincia di Novara, la Regione ha investito 38,7 milioni di euro, ma i progressi sono deludenti. Delle 7 Case di comunità previste, solo quelle di Arona e Trecate risultano concluse, poiché si trattava di presidi Asl già esistenti. Per quanto riguarda Novara, Borgomanero, e Oleggio, i progetti sono stati avviati, mentre Ghemme e Galliate sono ancora bloccati.
Secondo quanto emerso nella commissione Sanità regionale, tutti i progetti sono attualmente sottoposti a una revisione finalizzata al contenimento dei costi e all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni da parte della Soprintendenza, degli enti comunali, dei Vigili del Fuoco e dell’Arpa. Situazione analoga per gli Ospedali di comunità, in particolare il presidio Asl di viale Roma e il Santissima Trinità di Borgomanero, dove si ripropongono gli stessi ostacoli.
L’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, dà la colpa dei ritardi alla Soprintendenza: « stiamo riscontrando alcuni ritardi dovuti a motivi diversi, tra cui il rispetto delle osservazioni della Soprintendenza per le strutture di oltre 70 anni» ma assicura: «Per ottenere il 100% dei finanziamenti è sufficiente concludere il 75% delle opere, e su questo siamo in linea. Chiunque si sia occupato di opere pubbliche sa che ci sono sempre queste difficoltà. In alcune aree si sono concentrate criticità, ma non mi sento di dare responsabilità ai manager locali. Stiamo operando con buonsenso, costruendo strutture nuove e recuperando le esistenti, che se più vecchie di 70 anni sono sempre vincolate. Un criterio che ci chiede il Pnrr stesso, altrimenti continueremo a trovarci il problema di strutture abbandonate nei centri delle città».
Una giustificazione che potrebbe sembrare plausibile, considerando che Riboldi ha ereditato un programma già avviato nella scorsa legislatura dalla giunta Cirio. Tuttavia, proprio per questo motivo, la questione merita una riflessione più approfondita: in una legislatura e mezza, né il governatore né la sua squadra, compreso il precedente assessore alla Sanità Icardi, sono riusciti a portare avanti un piano che avrebbe potuto trasformare l’edilizia sanitaria piemontese. È davvero sufficiente attribuire la responsabilità alla Soprintendenza, o sarebbe più opportuno interrogarsi sulla catena di comando?
Di tutt’altro avviso rispetto all’assessore di Fdi è il consigliere regionale del Partito Democratico, Domenico Rossi, che denuncia: «La situazione novarese è preoccupante. Per ottenere i fondi Pnrr il 75% dei lavori deve essere completato entro il 30 giugno 2026, ma i progetti sono in ritardo. Troppo facile ora scaricare le responsabilità su altri enti. I tempi celeri erano noti da subito e i siti andavano scelti con criterio. Mancano anche indicazioni sul personale che dovrà lavorare in queste strutture. Rischiamo di avere solo edifici vuoti».
Oltre ai ritardi, la mancata pianificazione del personale rappresenta un’ulteriore incognita per il futuro delle Case e degli Ospedali di Comunità. Senza un adeguato organico, queste strutture rischiano di restare inutilizzate, trasformandosi in cattedrali nel deserto.
Ma di che cosa si tratta?
Le Case di Comunità sono strutture in cui opera un’équipe multiprofessionale di medici di famiglia, medici specialistici, infermieri di comunità, altri professionisti della salute e che può ospitare anche assistenti sociali. Gli Ospedali di Comunità, invece, sono una struttura della rete territoriale a ricovero breve, destinati a pazienti che necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica, intermedia tra la rete territoriale e l’ospedale (di norma dotata da 20 a massimo 40 posti letto). Mentre la Centrale Operativa Territoriale è uno strumento organizzativo che svolge una funzione di coordinamento della presa in carico del cittadino/paziente e raccordo tra servizi e soggetti coinvolti nel processo assistenziale nei diversi setting assistenziali: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e della rete di emergenza-urgenza.
Cosa e dove sul territorio novarese
che serviranno per 7 Case di comunità a Borgomanero, Ghemme, Arona, Oleggio, Novara, Trecate e Galliate (per un totale di 10,5 milioni di euro), 2 Ospedali di comunità a Borgomanero e Novara (in totale 5 milioni di euro) e 3 Centrali operative territoriali a Borgomanero, Novara e Galliate (per un totale di 300 mila euro), a cui si aggiungono per l’ammodernamento tecnologico e l’acquisto di attrezzature dell’Asl e dell’Ospedale Maggiore per 5,2 milioni e altri 17,6 milioni circa per l’adeguamento sismico dell’ospedale SS. Trinità di Borgomanero.