Nella mattinata di ieri, 11 febbraio, gli studenti degli istituti superiori sono scesi in piazza per protestare contro la carenza di sicurezza nelle scuole e il metodo utilizzato per l’alternanza scuola-lavoro. Una sit in non molto partecipato – forse un centinaio gli alunni in piazza Matteotti – che verso metà mattina ha tentato di trasformarsi in un corteo non autorizzato, fermato sul nascere dalla Polizia, e che alla fine ha svoltato in una “tavola rotonda” spontanea di poco più di mezz’ora.
A confermare la scarsa partecipazione, il portavoce della protesta Andrea Saporito, rappresentante d’istituto del liceo scientifico Antonelli: «Se vogliamo cambiare mentalità dobbiamo costituire il comitato studentesco novarese che non è mai esistito. A Novara non è mai stato organizzato nulla, è difficile portare in piazza le persone. C’è un ambiente molto provinciale, democristiano, in cui non è facile schierarsi. Qui ci vivono sempore le stesse persone, non ci sono circoli di pensiero».
Sicurezza, comunque, al centro della manifestazione: «Lo scopo è mettere in evidenza i problemi della scuola partendo da quello che è successo a Lorenzo Parelli, lo studente di Udine morto proprio durante l’ultimo giorno di stage – prosegue Saporito -. Bisogna porre l’attenzione sulla differenza di sicurezza a seconda della tipologia e della caratura della scuola, e questo è un problema sociale: nei licei frequentati da persone più abbienti c’è un livello di attrezzature maggiori rispetto a quello degli istituti tecnici. Per fare degli esempi: da noi all’Antonelli è tutto, al Fauser o all’artistico non è così. Queste problematiche esistono e vengono segnalate alla Provincia dalle diverse consulte studentesche»
E poi l’alternanza scuola-lavoro: «Nelle scuole professionali è utile, ma nei licei e istituti tecnici si riduce a inutili corsi di approfondimento durante i quali non ci viene insegnato nulla – aggiunge Saporito -. Un obbligo che non dovrebbe esistere perchè ogni studente deve poter decidere se scegliere un lavoro oppure se continuare i propri studi. Alla fine si tratta solo di un’attività burocratica per accontentare il ministero».