Nella stessa sera, undici anni fa la notte del 28 settembre 2012, assieme a complici mai identificati avrebbe fatto una vera e propria razzia in diverse abitazioni di Ghemme e anche a Sizzano, portando via oro, gioielli, monili e ricordi delle famiglie prese di mira. Identificato in seguito a un accurato lavoro di indagine dei carabinieri quale componente di una banda di ladri che agiva in tutto il Nord, E.D., trentottenne di origine albanese, è passato in tribunale a Novara con l’accusa di concorso in almeno cinque di questi furti, consumati o tentati.
Si è trattato letteralmente di un passaggio: infatti il processo, iniziato già parecchi anni dopo i fatti, è pure finito nei cavilli procedurali della giustizia che ne rallenteranno ulteriormente il percorso: nel fascicolo non era presente una formale nomina del difensore di fiducia, il legale che lo assisteva per fatti analoghi commessi in Lombardia, ed è stato quindi necessario affidargliene uno d’ufficio. Quindi tutti gli atti compiuti, dall’avviso di chiusura delle indagini in avanti, sono stati dichiarati nulli proprio perché indicavano come difensore, erroneamente, l’avvocato lombardo. Pertanto il giudice ha rimandato il fascicolo in procura per «correggere» gli errori. Ci vorranno alcuni mesi.
In base a quanto emerso nel corso delle indagini, il modus operandi della banda di ladri era sempre lo stesso: forzavano un ingresso, in genere una finestra o una porta finestra, con attrezzi da scasso, e poi svuotavano armadi e cassetti. Nella stessa notte, in numerose abitazioni, erano spariti anelli, orecchini, medaglie, collane, bracciali, spille, catenine in oro. Uno dei derubati aveva quantificato il bottino in almeno 3 mila euro.