Ristoranti e bar, l’inflazione colpisce ma la clientela è fedele

Indagine del Centro Studi Piemonte Nord su ristoranti e bar del Novarese: "batosta" di aumenti tra energia e materie prime mentre le famiglie diminuiscono i risparmi per mantenere il tenore di vita. E il 2024 degli esercizi pubblici si annuncia con moderato ottimismo

Ristoratori e baristi novaresi hanno patito la “batosta” degli aumenti, in particolare i costi energetici, e il contraccolpo dell’accresciuto livello di inflazione, ma guardano al 2024 con un moderato ottimismo facendo affidamento sulla clientela, soprattutto quella abituale, che mantiene la propria fedeltà e ha generalmente conservato il proprio stile di vita.

A rivelarlo è un’indagine qualitativa presso bar, ristoranti e pizzerie delle province di Novara e del Vco, promossa dal Centro Studi del Piemonte Nord, in collaborazione con la società di ricerca EconLab Research Network, allo scopo di capire come l’inflazione e le tendenze emerse a livello di consumo, a seguito della revisione dei budget di spesa delle famiglie e dei nuovi stili post-pandemici, abbiano impattato sul servizio offerto e sulla gestione operativa dei locali.

«La relazione con la clientela è apparsa radicata e metà degli imprenditori dicono di non aver avuto variazioni. Le famiglie hanno mostrato di voler mantenere lo status precedente alla pandemia, anche se i consumi reggono usufruendo maggiormente di prestiti e si fa più ricorso ai risparmi, avendo patito una tenaglia fra tassi e inflazione che ha portato una forte riduzione di liquidità» ha anticipato il prof. Alessandro Minello, responsabile della società di ricerca, alla presentazione svoltasi mercoledì pomeriggio presso la sede Ascom. E ha avvertito: «Per mantenere il loro tenore di vita le famiglie hanno diminuito del 10% in due anni i loro risparmi e accresciuto l’indebitamento: una tendenza su cui riflettere perché in 4 o 5 anni potrebbe far esaurire le riserve».

Anche per questo, ha spiegato: «Come dimostra l’indagine gli esercenti dovranno sempre più lavorare differenziando la propria offerta, essere più flessibili alle richieste della clientela, insistere sulla formazione per una nuova cultura d’impresa, proporre innovando e facendo rete con il territorio».

Luca Trinchitella, responsabile degli Enti Bilaterali del Terziario delle province di Novara e del Verbano Cusio Ossola, ha aggiunto: «Questa indagine è pensata non solo per fare elaborare dati che servano ai nostri interventi, ma soprattutto per renderli utili agli enti del territorio: qui ci sono indicazioni che vanno conosciute da chi è chiamato a organizzare il futuro».

Mattia Tosi, ristoratore e presidente Fipe Confcommercio Novara, ha sottolineato: «Noi abbiamo fatto cambiamenti ma mantenuto i fornitori con i quali c’è rapporto di fiducia. Si avverte che c’è un po’ di ottimismo e molti locali sono ripartiti dopo il crollo per il Covid».

L’indagine, alla cui stesura hanno collaborato la ricercatrice Linda Baldan e Cecilia Gilodi di Ascom, è stata condotta nella seconda metà dello scorso novembre attraverso un questionario a cui hanno risposto 93 esercenti delle due province (al 74% Novara di cui il 32% nel capoluogo), per un campione composto dal 50,5% di ristoranti/pizzerie, un 33,3% di bar e un 16,1% di locali vari come pub e tavole-calde.

Mattia Tosi, Luca Trinchitella e Alessandro Minello

CHE COSA DICE L’INDAGINE

Anzitutto il fatturato: nel corso di quest’anno il 48,4% del totale campione si attende un risultato invariato rispetto al 2022 mentre una quota pari al 37,6%, confida in una chiusura d’anno in crescita.

Sotto stretta osservazione è il rapporto con la clientela, secondo quanto è percepito dagli esercenti. Il 44% indica uno «zoccolo duro» di clienti fidelizzati; segue una quota altrettanto ampia di locali con una clientela «in parte abituale, in parte occasionale».

Per la fascia oraria il maggior afflusso nei bar è nelle prime ore della mattina (58,1% dei rispondenti) in gran parte per la colazione, cui segue il tardo pomeriggio (41,9%) con a tema l’aperitivo. Alta affluenza in pausa-pranzo è segnalata dal 38,7% dei locali, cui corrisponde un «gradimento percepito» del 32,3% (con quindi un lieve gap).

Nei ristoranti e pizzerie la cena sovrasta le altre occasioni di consumo, risultando indicata dal 76,6% del sotto-campione, contro il 48,9% del pranzo. Le preferenze dei clienti appaiono soprattutto sui primi (72,3%), poi antipasti (57,4%) e secondi (48,9%).

Questo si rapporta con la reazione dei consumatori, a loro volta colpiti dall’inflazione. Secondo il 46,2% degli operatori i clienti non hanno modificato le loro abitudini (confermando il dato relativo al fatturato stabile); il 29% ha segnalato, invece, che la clientela ha ridotto la spesa, mantenendo però la solita frequenza, mentre per il 17,2% i clienti hanno ridotto la frequenza a parità di spesa. Una quota maggiore di ristoranti e pizzerie (31,9%) rispetto ai bar (22,6%) indica che la clientela ha optato per ridurre la spesa, mantenendo però la frequenza: non si rinuncia, quindi, a pranzare/cenare «fuori-casa», ma si tende a spendere meno.

Agli esercenti è infine stato chiesto di autovalutare quali aspetti e caratteristiche che li contraddistinguono sono, a loro parere o comunque in base alla loro esperienza, «determinanti» per la scelta del loro locale. La «qualità dei prodotti/piatti» serviti e la «pulizia e igiene» sono i due aspetti, tra i molti indicati, che ottengono il maggior punteggio, mentre un po’ sorprendentemente in fondo alla classifica si trovano l’utilizzo di prodotti locali e la proposta di piatti del territorio.

UNO SGUARDO AL 2024

E’ stato chiesto ai partecipanti quale fosse il loro sentiment per il 2024. Secondo i più, la spesa media per il «fuori-casa» rimarrà «invariata» (57,0%), così come la frequenza (62,4%), che ottiene un’incidenza maggiore. Tuttavia, risultano più elevate le quote di chi teme un calo rispetto a chi confida in un loro aumento. Più fiducioso appare il segmento di ristoranti e pizzerie rispetto ai bar.

Quanto al 2023 gli operatori hanno confermato il contraccolpo degli aumenti non solo di energia e gas, ma anche di molti prodotti della filiera alimentare; tali rincari sono stati trasferiti nei prezzi da loro praticati, ma con riferimento a pochi prodotti/servizi proposti.

La fedeltà ai fornitori, così come la fedeltà della clientela, hanno permesso di fronteggiare un contesto ad alta inflazione, anche se le strutture più grandi e il segmento ristoranti e pizzerie hanno retto meglio rispetto ai bar.

Il «fuori-casa» fa parte del resto dello stile di vita degli italiani: per lo più si è sacrificata la spesa, optando spesso per meno portate, ma si è cercato di non ridurre la frequenza. Secondo i più, anche nel 2024 la tendenza dovrebbe protrarsi.

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Antonio Maio

Nato a Lecco il 26 febbraio 1957, vive a Novara dal 1966. Giornalista dal 1986 ha svolto la professione quasi esclusivamente ai settimanali della Diocesi di Novara fino a diventarne direttore.

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Indagine del Centro Studi Piemonte Nord su ristoranti e bar del Novarese: “batosta” di aumenti tra energia e materie prime mentre le famiglie diminuiscono i risparmi per mantenere il tenore di vita. E il 2024 degli esercizi pubblici si annuncia con moderato ottimismo

Ristoratori e baristi novaresi hanno patito la “batosta” degli aumenti, in particolare i costi energetici, e il contraccolpo dell’accresciuto livello di inflazione, ma guardano al 2024 con un moderato ottimismo facendo affidamento sulla clientela, soprattutto quella abituale, che mantiene la propria fedeltà e ha generalmente conservato il proprio stile di vita.

A rivelarlo è un’indagine qualitativa presso bar, ristoranti e pizzerie delle province di Novara e del Vco, promossa dal Centro Studi del Piemonte Nord, in collaborazione con la società di ricerca EconLab Research Network, allo scopo di capire come l’inflazione e le tendenze emerse a livello di consumo, a seguito della revisione dei budget di spesa delle famiglie e dei nuovi stili post-pandemici, abbiano impattato sul servizio offerto e sulla gestione operativa dei locali.

«La relazione con la clientela è apparsa radicata e metà degli imprenditori dicono di non aver avuto variazioni. Le famiglie hanno mostrato di voler mantenere lo status precedente alla pandemia, anche se i consumi reggono usufruendo maggiormente di prestiti e si fa più ricorso ai risparmi, avendo patito una tenaglia fra tassi e inflazione che ha portato una forte riduzione di liquidità» ha anticipato il prof. Alessandro Minello, responsabile della società di ricerca, alla presentazione svoltasi mercoledì pomeriggio presso la sede Ascom. E ha avvertito: «Per mantenere il loro tenore di vita le famiglie hanno diminuito del 10% in due anni i loro risparmi e accresciuto l’indebitamento: una tendenza su cui riflettere perché in 4 o 5 anni potrebbe far esaurire le riserve».

Anche per questo, ha spiegato: «Come dimostra l’indagine gli esercenti dovranno sempre più lavorare differenziando la propria offerta, essere più flessibili alle richieste della clientela, insistere sulla formazione per una nuova cultura d’impresa, proporre innovando e facendo rete con il territorio».

Luca Trinchitella, responsabile degli Enti Bilaterali del Terziario delle province di Novara e del Verbano Cusio Ossola, ha aggiunto: «Questa indagine è pensata non solo per fare elaborare dati che servano ai nostri interventi, ma soprattutto per renderli utili agli enti del territorio: qui ci sono indicazioni che vanno conosciute da chi è chiamato a organizzare il futuro».

Mattia Tosi, ristoratore e presidente Fipe Confcommercio Novara, ha sottolineato: «Noi abbiamo fatto cambiamenti ma mantenuto i fornitori con i quali c’è rapporto di fiducia. Si avverte che c’è un po’ di ottimismo e molti locali sono ripartiti dopo il crollo per il Covid».

L’indagine, alla cui stesura hanno collaborato la ricercatrice Linda Baldan e Cecilia Gilodi di Ascom, è stata condotta nella seconda metà dello scorso novembre attraverso un questionario a cui hanno risposto 93 esercenti delle due province (al 74% Novara di cui il 32% nel capoluogo), per un campione composto dal 50,5% di ristoranti/pizzerie, un 33,3% di bar e un 16,1% di locali vari come pub e tavole-calde.

Mattia Tosi, Luca Trinchitella e Alessandro Minello

CHE COSA DICE L’INDAGINE

Anzitutto il fatturato: nel corso di quest’anno il 48,4% del totale campione si attende un risultato invariato rispetto al 2022 mentre una quota pari al 37,6%, confida in una chiusura d’anno in crescita.

Sotto stretta osservazione è il rapporto con la clientela, secondo quanto è percepito dagli esercenti. Il 44% indica uno «zoccolo duro» di clienti fidelizzati; segue una quota altrettanto ampia di locali con una clientela «in parte abituale, in parte occasionale».

Per la fascia oraria il maggior afflusso nei bar è nelle prime ore della mattina (58,1% dei rispondenti) in gran parte per la colazione, cui segue il tardo pomeriggio (41,9%) con a tema l’aperitivo. Alta affluenza in pausa-pranzo è segnalata dal 38,7% dei locali, cui corrisponde un «gradimento percepito» del 32,3% (con quindi un lieve gap).

Nei ristoranti e pizzerie la cena sovrasta le altre occasioni di consumo, risultando indicata dal 76,6% del sotto-campione, contro il 48,9% del pranzo. Le preferenze dei clienti appaiono soprattutto sui primi (72,3%), poi antipasti (57,4%) e secondi (48,9%).

Questo si rapporta con la reazione dei consumatori, a loro volta colpiti dall’inflazione. Secondo il 46,2% degli operatori i clienti non hanno modificato le loro abitudini (confermando il dato relativo al fatturato stabile); il 29% ha segnalato, invece, che la clientela ha ridotto la spesa, mantenendo però la solita frequenza, mentre per il 17,2% i clienti hanno ridotto la frequenza a parità di spesa. Una quota maggiore di ristoranti e pizzerie (31,9%) rispetto ai bar (22,6%) indica che la clientela ha optato per ridurre la spesa, mantenendo però la frequenza: non si rinuncia, quindi, a pranzare/cenare «fuori-casa», ma si tende a spendere meno.

Agli esercenti è infine stato chiesto di autovalutare quali aspetti e caratteristiche che li contraddistinguono sono, a loro parere o comunque in base alla loro esperienza, «determinanti» per la scelta del loro locale. La «qualità dei prodotti/piatti» serviti e la «pulizia e igiene» sono i due aspetti, tra i molti indicati, che ottengono il maggior punteggio, mentre un po’ sorprendentemente in fondo alla classifica si trovano l’utilizzo di prodotti locali e la proposta di piatti del territorio.

UNO SGUARDO AL 2024

E’ stato chiesto ai partecipanti quale fosse il loro sentiment per il 2024. Secondo i più, la spesa media per il «fuori-casa» rimarrà «invariata» (57,0%), così come la frequenza (62,4%), che ottiene un’incidenza maggiore. Tuttavia, risultano più elevate le quote di chi teme un calo rispetto a chi confida in un loro aumento. Più fiducioso appare il segmento di ristoranti e pizzerie rispetto ai bar.

Quanto al 2023 gli operatori hanno confermato il contraccolpo degli aumenti non solo di energia e gas, ma anche di molti prodotti della filiera alimentare; tali rincari sono stati trasferiti nei prezzi da loro praticati, ma con riferimento a pochi prodotti/servizi proposti.

La fedeltà ai fornitori, così come la fedeltà della clientela, hanno permesso di fronteggiare un contesto ad alta inflazione, anche se le strutture più grandi e il segmento ristoranti e pizzerie hanno retto meglio rispetto ai bar.

Il «fuori-casa» fa parte del resto dello stile di vita degli italiani: per lo più si è sacrificata la spesa, optando spesso per meno portate, ma si è cercato di non ridurre la frequenza. Secondo i più, anche nel 2024 la tendenza dovrebbe protrarsi.

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Antonio Maio

Nato a Lecco il 26 febbraio 1957, vive a Novara dal 1966. Giornalista dal 1986 ha svolto la professione quasi esclusivamente ai settimanali della Diocesi di Novara fino a diventarne direttore.