Ritiro medicinali con la “sola” tessera sanitaria. L’intoppo del nuovo servizio digitale

La novità regionale non è priva di difficoltà. Non sarebbe stato meglio lavorare sui tempi di attesa? La riflessione

Dallo scorso 25 gennaio in Piemonte è possibile ritirare in farmacia i medicinali prescritti dal medico, senza dover più consegnare la ricetta: basta “solo” la tessera sanitaria. Il nuovo servizio rientra nel macro progetto di digitalizzare i servizi sanitari e la medicina territoriale. E fin qui tutto bene.

Occorre tuttavia prendere in considerazione diversi aspetti di questa manovra – parafrasando l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi – «per avvicinare sempre più la Sanità ai cittadini piemontesi». Fermo restando che, ben venga la digitalizzazione, il servizio non è scevro da difficoltà e potenziali intoppi: sì, perché – a parte la grossa fetta di utenti appartenenti a una generazione non del tutto tecnologica – usufruire del ritiro agile dei medicinali non è così automatico considerando che – oltre alla registrazione e adesione sul sito Piemonte salute per certi versi poco “intuitivo” – non tutte le farmacie aderiscono all’iniziativa. Questo cosa significa? Che i pazienti che non vivono nelle grandi città troveranno non poche difficoltà a individuare una farmacia disponibile al ritiro dei farmaci a pochi chilometri da casa.

Ma soprattutto, guardando l’intera fotografia della sanità piemontese, si osserva che a oggi, dopo l’emergenza Covid, i tempi di attesa per una visita o esame diagnostico programmati, vanno dai due mesi in su. Una forbice di tempo paradossale se si considera che, oltre all’attesa, molto spesso l’appuntamento, a seguito delle numerose richieste, viene fissato in una struttura ospedaliera distante anche più di 100 chilometri dalla propria residenza.

Dunque, la domanda sorge spontanea: che valenza può avere, in questo contesto, il «grande impegno» – sempre parafrasando la Regione – di digitalizzare un servizio che già – ex ante – presenta impedimenti quando l’intero ingranaggio sanitario piemontese non gode certamente di ottima salute? Queste energie, non sarebbe stato meglio impiegarle per faccende più concrete e attuali? Intanto, Spid alla mano, e buona fortuna.

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Ritiro medicinali con la “sola” tessera sanitaria. L’intoppo del nuovo servizio digitale

La novità regionale non è priva di difficoltà. Non sarebbe stato meglio lavorare sui tempi di attesa? La riflessione

Dallo scorso 25 gennaio in Piemonte è possibile ritirare in farmacia i medicinali prescritti dal medico, senza dover più consegnare la ricetta: basta “solo” la tessera sanitaria. Il nuovo servizio rientra nel macro progetto di digitalizzare i servizi sanitari e la medicina territoriale. E fin qui tutto bene.

Occorre tuttavia prendere in considerazione diversi aspetti di questa manovra – parafrasando l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi – «per avvicinare sempre più la Sanità ai cittadini piemontesi». Fermo restando che, ben venga la digitalizzazione, il servizio non è scevro da difficoltà e potenziali intoppi: sì, perché – a parte la grossa fetta di utenti appartenenti a una generazione non del tutto tecnologica – usufruire del ritiro agile dei medicinali non è così automatico considerando che – oltre alla registrazione e adesione sul sito Piemonte salute per certi versi poco “intuitivo” – non tutte le farmacie aderiscono all’iniziativa. Questo cosa significa? Che i pazienti che non vivono nelle grandi città troveranno non poche difficoltà a individuare una farmacia disponibile al ritiro dei farmaci a pochi chilometri da casa.

Ma soprattutto, guardando l’intera fotografia della sanità piemontese, si osserva che a oggi, dopo l’emergenza Covid, i tempi di attesa per una visita o esame diagnostico programmati, vanno dai due mesi in su. Una forbice di tempo paradossale se si considera che, oltre all’attesa, molto spesso l’appuntamento, a seguito delle numerose richieste, viene fissato in una struttura ospedaliera distante anche più di 100 chilometri dalla propria residenza.

Dunque, la domanda sorge spontanea: che valenza può avere, in questo contesto, il «grande impegno» – sempre parafrasando la Regione – di digitalizzare un servizio che già – ex ante – presenta impedimenti quando l’intero ingranaggio sanitario piemontese non gode certamente di ottima salute? Queste energie, non sarebbe stato meglio impiegarle per faccende più concrete e attuali? Intanto, Spid alla mano, e buona fortuna.

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