«Scaraventata contro il muro, ho coperto il buco con un poster». Compagno violento condannato a 18 mesi

Una donna novarese confessa: ««Non ho mai voluto denunciarlo prima perché avevo paura che potesse farmi del male»

«Non ho mai voluto denunciarlo prima perché avevo paura che potesse farmi del male. All’inizio erano solo insulti, ma col passare del tempo c’erano state anche aggressioni fisiche. Una volta mi ha preso la testa e me l’ha sbattuta contro il muro: ho dovuto coprire il buco con dei poster per non farlo vedere al mio nuovo compagno». Anni di sofferenze quelle raccontate nelle aule del tribunale da una trentenne novarese al processo contro l’ex compagno, L.S., 34 anni, che proprio per l’ultima aggressione alla donna, il 15 luglio 2017, era stato arrestato.

Accusato di maltrattamenti in famiglia e lesioni, è stato condannato a 1 anno e 6 mesi di reclusione. La pena è stata sospesa a condizione che svolga lavori utili per quattro mesi. La vittima, costituitasi a giudizio per chiedere i danni, sarà risarcita in sede civile. Aveva invece chiesto l’assoluzione il legale dell’imputato, che presenterà appello. Il suo assistito, infatti, ha sempre negato gli addebiti parlando di discussione normali, come capitano spesso all’interno di una coppia.

Diverso il quadro dipinto dalla ex: «Ha cominciato ad alzare le mani nel 2011, 2012. Prima erano insulti, anche pesanti». Il clima teso fra le mura domestiche è stato confermato anche da un collega di lavoro della donna: «Ha iniziato a confidarsi con me nel 2016. Diceva che il compagno la picchiava. Nella cucina della sua casa c’è un buco. L’aveva coperto. Mi ha spiegato che durante una discussione lui l’aveva scaraventata così forte contro il muro e lei aveva picchiato la testa. Non era l’unico buco coperto con quadri o poste». In un’altra occasione «l’ho vista con un evidente ematoma all’occhio. Diceva che lui era andato a parlarle di questioni interenti il figlio e che in preda a un raptus aveva anche scaraventato per terra la televisione e la macchina del caffè».

L’escalation di violenze era terminato cinque anni fa quando lei aveva chiamato le forze dell’ordine per denunciare i maltrattamenti: quel giorno lui l’aveva presa a calci e pugni provocandole un trauma facciale che aveva reso necessario il ricorso alle cure mediche.

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Una donna novarese confessa: ««Non ho mai voluto denunciarlo prima perché avevo paura che potesse farmi del male»

«Non ho mai voluto denunciarlo prima perché avevo paura che potesse farmi del male. All’inizio erano solo insulti, ma col passare del tempo c’erano state anche aggressioni fisiche. Una volta mi ha preso la testa e me l’ha sbattuta contro il muro: ho dovuto coprire il buco con dei poster per non farlo vedere al mio nuovo compagno». Anni di sofferenze quelle raccontate nelle aule del tribunale da una trentenne novarese al processo contro l’ex compagno, L.S., 34 anni, che proprio per l’ultima aggressione alla donna, il 15 luglio 2017, era stato arrestato.

Accusato di maltrattamenti in famiglia e lesioni, è stato condannato a 1 anno e 6 mesi di reclusione. La pena è stata sospesa a condizione che svolga lavori utili per quattro mesi. La vittima, costituitasi a giudizio per chiedere i danni, sarà risarcita in sede civile. Aveva invece chiesto l’assoluzione il legale dell’imputato, che presenterà appello. Il suo assistito, infatti, ha sempre negato gli addebiti parlando di discussione normali, come capitano spesso all’interno di una coppia.

Diverso il quadro dipinto dalla ex: «Ha cominciato ad alzare le mani nel 2011, 2012. Prima erano insulti, anche pesanti». Il clima teso fra le mura domestiche è stato confermato anche da un collega di lavoro della donna: «Ha iniziato a confidarsi con me nel 2016. Diceva che il compagno la picchiava. Nella cucina della sua casa c’è un buco. L’aveva coperto. Mi ha spiegato che durante una discussione lui l’aveva scaraventata così forte contro il muro e lei aveva picchiato la testa. Non era l’unico buco coperto con quadri o poste». In un’altra occasione «l’ho vista con un evidente ematoma all’occhio. Diceva che lui era andato a parlarle di questioni interenti il figlio e che in preda a un raptus aveva anche scaraventato per terra la televisione e la macchina del caffè».

L’escalation di violenze era terminato cinque anni fa quando lei aveva chiamato le forze dell’ordine per denunciare i maltrattamenti: quel giorno lui l’aveva presa a calci e pugni provocandole un trauma facciale che aveva reso necessario il ricorso alle cure mediche.

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