Oltre un anno fa, la sera del 31 agosto, si era reso protagonista di uno scippo ai danni di una quattordicenne che stava aspettando il bus in stazione. Poi gli avevano addebitato anche un secondo episodio avvenuto la stessa giornata, vittima una pensionata di 72 anni che rincasava dopo aver fatto la spesa in un supermercato in viale Giulio Cesare a Novara. Il modus operandi lo stesso in entrambi i casi: il rapinatore arrivava improvvisamente alle spalle delle vittime, poi strappava loro la collana o la catenina dal collo. Infine fuggiva prima dell’arrivo delle forze dell’ordine.
In tribunale R.C., ventiquattrenne di origine marocchina senza fissa dimora e senza documenti, attualmente in carcere, è stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione per furto con strappo (con l’espulsione dall’Italia a pena scontata) solo in relazione al primo episodio, quello in stazione, mentre è stato assolto per il secondo, anche perché l’anziana non l’ha riconosciuto con certezza quale autore del fatto. In aula la donna ha detto di essere rimasta in balia dello scippatore solo pochi secondi: «Dopo essere uscita dal supermercato ho sentito un colpo alle spalle, mi sono girata e ho visto un ragazzo che mi ha strappato due collane, del valore di almeno 5 mila euro oltre che quello affettivo. Ho gridato forte, ma intorno non c’era nessuno». Anche l’aggressione in stazione, verso sera, era avvenuta più o meno con le stesse modalità. Si era messo in moto il lavoro di indagine e gli investigatori della polizia erano arrivati a identificare il responsabile, grazie alle immagini della videosorveglianza e i riconoscimenti fotografici, che parlavano di un ragazzo col cappellino, vestito con abiti di colore chiaro. Il ventiquattrenne, poco dopo, era stato rintracciato vicino a una fabbrica dismessa alle spalle della stazione ferroviaria di Novara.
Il pm aveva chiesto 6 anni di carcere per entrambi gli scippi, avvenuti peraltro a un solo giorno di distanza dalla scarcerazione di R.C. dopo un arresto per resistenza a pubblico ufficiale, mentre il difensore aveva chiesto l’assoluzione per mancanza di prove certe sul riconoscimento.